LA NOTTE DEI MUSEI. Il funerale della liberta Orfia Piryne. A cura del Gruppo Archeologico Avellano
Il rito funerario dei romani << Non è facile che un giovane che ami la virtù e la gloria veda un più nobile spettacolo >> (Polibio, Storie VI, 53). Tipica della mentalità romana, profondamente legata al senso della famiglia, è la credenza di una qualche continuazione della vita nell'oltretomba, elemento che porta a ricordare e a commemorare a lungo nel tempo i propri cari defunti, mentre per i personaggi illustri vengono pubblicamente celebrate le virtù anche dopo la morte. Le leggi romane prescrivono che le necropoli sorgano fuori dai perimetri urbani, sia per motivi igienici che ideologici. Nelle zone rurali i piccoli sepolcreti vengono ricavati all'interno del fundus della villa rustica, entro spazi organizzati a parte e recintati da siepi o mattoni. Le tombe sono solitamente caratterizzate da un elemento di riconoscimento "a vista" variabile, a seconda della classe sociale e culturale di appartenenza; le sepolture comuni, completamente interrate alla cappuccina o in fossa semplice, sono segnalate da mattoni, anfore, coperture in lastre di pietra o di laterizio. Dall'età repubblicana fino al II-III secolo d.C. il rito funebre più diffuso nel mondo romano è la cremazione: il cadavere è adagiato su una barella funebre (lectus) generalmente in legno e collocato sopra una pira allestita direttamente entro una fossa-sepolcro. Diversamente il defunto può essere bruciato anche in un luogo appositamente predisposto (ustrinum), diverso da quello della sepoltura (sepulcrum). Nel corso della cerimonia al defunto vengono aperti e poi chiusi gli occhi e posto, in bocca o in mano, l'obolo di Caronte (naulum) per il trasporto dell'anima nell'aldilà; sulla pira vengono collocati alcuni oggetti personali del corredo e vasellame utilizzato per il pasto funebre, a volte frantumato intenzionalmente a scopo rituale. Di solito nel giorno delle esequie viene celebrato, accanto alla tomba, un banchetto (silicernium); dopo il nono giorno dalla sepoltura si consuma un pasto (cena novemdialis) durante il quale si offre una libagione agli dèi Mani, protettori degli avi e della famiglia. A cominciare dal II secolo d.C., in ragione dell'affermarsi di nuovi culti provenienti dall'Oriente e del Cristianesimo, si diffonde il rituale dell'inumazione, che diventerà esclusiva verso la fine del III secolo. I corredi funerari sono legati ad un concetto di sopravvivenza dell'individualità anche dopo la morte; pertanto è opportuno deporre un corredo le cui prerogative si riflettano tanto nella sfera personale quanto in quello liturgico o rituale: la lucerna (lumen); gli unguentari o balsamari; il vasellame, rappresentativo del banchetto, viene adoperato presumibilmente per le libagioni dopo la cremazione. Orfia Piryne è una liberta, ricordata dai suoi padroni con una epigrafe sepolcrale, posta sul luogo della sepoltura: ORFIA .L. / PIRYNE /... STA EST., che attualmente si trova nel cortile di Palazzo Pescione, oggi Cafaro-Luciano, al Corso Vittorio Emanuele, ivi posta, insieme ad altre, da Amerigo Pescione, sindaco di Avella dell'inizio del 900.
I libitinarii (servi del tempio di Venere Libitina), addetti al rito funebre, si sono portati a casa della defunta e con la formula ufficiale "Conclamatam est (è stata chiamata) hanno confermato che la moribonda ha esalato l'ultimo respiro. Il pollinctor (untore) ha cosparso di unguento il cadavere, che è stato, subito dopo, rivestito con una toga candita e posto su una lettiga, attorno alla quale vi sono i tibicines (suonatori di flauto) e i cornicines (suonatori di corno), mentre le prefiche (donne pagate) intonano le nenie funebri. Secondo il rito, le spoglie mortali vengono portate fuori dalle mura della città e incenerite; i resti della defunta vengono, poi, messi in un'olla per essere deposti nella camera sepolcrale del monumento funerario du famiglia, posto fuori da Abella, lungo la via che porta a Calatia. La laudatio (orazione in onore del defunto) infine conclude il rito e la cerimonia viene sciolta con queste parole "Aeternum vale! Ire Licet!" (Addio per sempre! Possiamo andare!). Con il silicernium (banchetto finale) viene dato l'addio alla defunta Orfia e, poi, la porta dell'Ade sarà chiusa per sempre. |