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"Le Lancement du Filet" di Suzanne Valadon
l suo nome di battesimo era Marie- Clémentine. A Montmartre la conoscevano come Maria. Ma è il nome d'arte (suggerito ironicamente da Toulouse-Lautrec) il dato più vero di una biografia che lei cercò, fin da bambina, di abbellire e mistificare. Suzanne come Susanna, la bellezza biblica che i Vecchioni spiano nuda. Susanna era ignara di essere guardata; Suzanne invece dai quindici anni aveva fatto del corpo uno strumento di lavoro. Occhi blu, pelle luminosa, viso d'angelo e forme procaci, benché tascabili (era alta un metro e cinquan-taquattro), Valadon divenne la modella prediletta dell'aristocratico Puvis de Chavannes (che la notò quando lei, figlia di una lavandaia, gli consegnò una cesta di biancheria pulita), di Auguste Renoir, di Zandomenghi, De Nittis e molti altri. Per quindici anni posò negli atelier dei pittori, diventando ninfa, bagnante, bevitrice ubriaca, perfino efebo. Li osservava miscelare pigmenti e maneggiare pennelli, sfogliava i loro libri (folgorata dai disegni di Dürer). Fu la scuola che non aveva mai frequentato: cacciata dalle suore per cattiva condotta, a nove anni disegnava sul marciapiede col carbone rubato alle caldaie. Aveva già deciso che il suo futuro era dall'altra parte del quadro.
Inno al corpo maschile
All'inizio, si limitò a disegnare. La sua prima modella fu lei stessa: nel primo autoritratto a pastello, a mezzo busto a 18 anni nel 1883, ostenta bocca imbronciata e sguardo serio e indagatore. Valadon continuò a ritrarsi per tutta la vita, e con audacia si raffigurò, a seno nudo, anche nel declino fisico della senilità. Ma il modello preferito divenne il figlio Maurice, che era nato - come lei all'arte - nel 1883. (Senza padre, come lei). Bambino, lo faceva posare nudo in camera e sul letto. Faceva posare anche la madre Madeleine. Rugosa, deturpata da una vita avara: vedova di un falsario condannato ai lavori forzati, madre sola di una bastarda, aveva cresciuto con pena la figlia - prima nel Limousin, dal 1870 a Parigi. Valadon era una ragazzina di strada - precoce, insolente, maliziosa. Avida di lusso e di piacere, si era votata all'allegria, rifiutando la miseria cui sembrava predestinata. I suoi disegni non somigliavano al personaggio frivolo, leggero ed erotico che interpretava nei caffè di Montmartre, sperperando amore e denaro. Il suo tratto era duro, realistico, impietoso. In seguito dissero, per farle un complimento: virile. I pittori per cui posava non presero sul serio le sue ambizioni artistiche. Il bisbetico Degas, per cui mai posò, trovò invece i suoi disegni "terribili". Cioè potenti, disturbanti, geniali. Ne appese uno in sala da pranzo. Ne acquistò altri 16, le insegnò ciò che sapeva, la incoraggiò con la sua stima e le regalò la sua sorprendente amicizia. Così lei si convinse a insistere. Espose i primi disegni nel 1894. Volubile nella vita, nel lavoro dimostrò fedeltà e una volontà feroce. Sono una bugiarda, ammise, solo nella pittura dico la verità.
Dopo il 1892 passò a dipingere a olio: ritratti di familiari, amici, amanti, gatti, paesaggi, nudi. Fu ammessa, unica donna, alla Societé Nationale des Beaux-Arts. All'inizio del '900 espose in qualche collettiva e al Salon d'Automne; Berthe Weill le offrì la sua galleria, qualche amatore la elogiò, ma vendeva un disegno per 3 franchi e le sue tele non avevano mercato. Estranea alle mode e alle teorie (fra i contemporanei ammetteva solo l'influenza di Gauguin), non cercava di sedurre né di piacere. Le rimproveravano il realismo crudo e aggressivo (che ricordava Degas e Toulouse-Lautrec), i colori aspri, il tocco violento, la brutalità delle forme. O forse altro. I collezionisti ritenevano disonorevole acquistare i quadri di una donna. Il lanciatore della rete è del 1914. Per Valadon, il nudo era la pittura stessa. La maggior parte dei suoi dipinti raffigurano nudi. Quasi tutti femminili: scontrose bambine del quartiere, grevi prostitute, cameriere sfasciate, mulatte disinibite. Nudi mai sensuali - anzi, quasi respingenti. È stato detto che "cantano con voce roca". Questo invece è un cantico, una coreografia danzata e sognante, un inno al corpo maschile. La composizione - monumentale - misura due metri per tre. Le tre figure, atletiche, vigorose e solenni, voluttuosamente circondate da una linea nera, sono in realtà una sola, colta da vari punti di vista e in diversi momenti della stessa azione: il lancio della rete nel mare, di un blu vetrificato e minerale come una pietra preziosa. Il soggetto è infatti un pescatore: osservato durante una vacanza in Corsica nel 1913, quando Valadon disegnò gli schizzi preparatori. Ma la natura è sintetizzata in un paesaggio astratto di rocce dominato da una montagna rosa, e il mestiere umile e il gesto plebeo sono raffigurati con la ieraticità di un rito classico. Ciò le aveva insegnato il suo maestro Puvis de Chavannes (il cui Povero Pescatore aveva suscitato la riprovazione accademica nel 1881). Anche l'assenza di profondità e la ripetizione ritmica e musicale della figura riecheggiano Puvis de Chavannes (che aveva fatto la stessa cosa nelle Fanciulle sulla riva del mare, 1879). Valadon però compie un'appropriazione più significativa. Nel Lanciatore per la prima volta nella storia della pittura la modella- musa è diventata il pittore e il modello l'oggetto del suo desiderio. La vecchiona adesso è lei (ha 49 anni), e la Susanna della cui radiosa carne l'artista si bea è André Utter, il suo amante - 21 anni più giovane di lei e 3 di suo figlio. Oggi è noto solo per la turbolenta relazione con lei: ma l'avvenente Utter, aspirante pittore che la ammirava, le aveva restituito il desiderio di dipingere, spento dall'indifferenza del pubblico. Posava per lei dal 1909. Valadon lo aveva perfino esaltato come Adamo nell'Eden. Il lanciatore è il suo ultimo nudo maschile: dovette considerarlo definitivo e perfetto, perché non ne dipinse mai più. Può considerarsi anche la sua dote di nozze: suscitando scherno e scandalo, Valadon sposò Utter in quello stesso 1914, quando fu mobilitato per la guerra. Non sapeva ancora che il suo etilico figlio, Maurice Utrillo, sarebbe presto diventato uno dei pittori più pagati del mondo (nel 1926 un Utrillo poteva spuntare 50.000 franchi), rendendo la bastarda della lavandaia talmente ricca da poter comprare un castello del XIII secolo e far dormire l'amato cane sulla sua pelliccia. Il lanciatore, presentato al Salon des Indépendents, non trovò invece acquirenti. Negli anni '20 Valadon aveva un agente ed esponeva regolarmente, ormai rispettata dai critici: ma non vendeva e molti la consideravano solo "la madre di Utrillo". Non fu mai gelosa del successo del figlio, di cui era stata maestra. Smise di dipingere, limitandosi a quadretti di fiori che regalava alle amiche. Visse abbastanza da vedere nel 1937 il Lanciatore acquistato da un museo pubblico (con Adamo ed Eva e Nonna e nipote). Soddisfazione tardiva. Le pittrici si apprezzano meglio da morte, e Valadon lo capì: si spense l'anno dopo. Il nudo nella pittura inizio '900
Dall'archivio di Repubblica, un articolo di Corrado Augias che svela il mondo in cui la Valadon ha posato e ha dipinto
Nella seconda metà dell'Ottocento sono sempre meno le persone disposte a credere che intitolando a Venere o a Dalila il dipinto d' una donna nuda si possa privare il quadro della sua forza di richiamo sessuale. La pittura non deve più nascondersi dietro una dea pagana, un personaggio della mitologia, un'allegoria della Lussuria scesa sulla terra a tentare i santi e gli asceti, per svelare una bellezza che ormai si spiega da sola. Come ha scritto Mario Praz ne La carne, la morte e il diavolo: "In nessun altro periodo della letteratura... il sesso è stato in modo altrettanto scoperto il cuore delle opere di creazione fantastica". Appena una decina d' anni dopo l'Olympia di Manet, Degas disegna le sue celebri e sfacciate scene di vita nei bordelli. Se Manet aveva dato alla sua cortigiana Olympia una gelida compostezza per compensare l'audacia della nudità e la sfida dello sguardo, Degas raffigura le sue puttane da pochi franchi nelle pose più sguaiate: nude a gambe aperte, con il sesso esposto, il folto pelame arruffato, creature animalesche prima ancora che sfrontate.
Ci si è chiesti spesso se queste scene siano state ritratte dal vero o siano uscite dalla fantasia dell'artista. La questione interessa solo critici e filologi. Vere o inventate, quelle rappresentazioni di femmine oscene riproducono un aspetto della realtà, del costume e dell'immaginario maschile. Quelle opere ardite pongono semmai anche a chi critico non è e cioè a chiunque sappia guardare un quadro, un altro problema seducente: quale sia il rapporto tra pittore e modella. Uno dei primi ad occuparsene era stato Balzac nel suo romanzo breve Le chef-d' oeuvre inconnu (Il capolavoro sconosciuto) dove scrive: "La poésie et les femmes ne se livrent nues qù a' leurs amants" (La poesia e le donne si concedono nude solo ai loro amanti). Il redattore del Grand Larousse du XIX siècle dà giustamente molta importanza al ruolo della modella che, sostiene, deve avere notevoli qualità: "Far prova d' intelligenza e sentimento, capire il pensiero dell'artista, diventare attrice". Ma ritrarre qualcuno, scrutarlo cioè per ore in ogni più riposto angolo del suo corpo magari dopo averlo fatto atteggiare in una posa che i comuni canoni definirebbero "indecente", significa possederlo. Poco o niente distingue il possesso carnale da quello esercitato da ogni pittore sulla sua modella. Infatti era norma consueta che le sedute di posa (così come molto spesso avviene oggi con le pose fotografiche) si concludessero con un amplesso. Suzanne Valadon madre di Utrillo che prima di diventare pittrice in proprio era stata modella, si era concessa (con slancio nel suo caso) ad ogni pittore per il quale aveva, anche solo occasionalmente, posato. Rovesciando le parti, Amedeo Modigliani che a Parigi per la sua bellezza avevano ribattezzato Le cygne de Livourne (Il cigno di Livorno) finiva regolarmente a letto con tutte le commesse, le sartine, le grisettes alle quali chiedeva di posare per lui. Da alcune riusciva perfino a farsi cucinare un po' di cena, una richiesta molto più ardita della prima. A proposito di Modigliani uno dei biografi, lo scrittore André Salmon, riferisce che durante un soggiorno sulla Costa Azzurra, l'artista era venuto a sapere che a poca distanza da dove risiedeva si trovava, sepolta tra gli ulivi, la bella proprietà di Auguste Renoir che a 77 anni era al culmine della sua gloria. Un giorno l'italiano va a trovare il vecchio maestro. Renoir molto malandato entra nella stanza su una sedia a rotelle e i due si trovano di fronte. Il francese è ricco e famoso, l'italiano è senza un soldo e senza fama, sono però tutti e due pittori di nudi. Lei dipinge con gioia? chiede Renoir e poi, senza aspettare la risposta, continua: "Dipinga con gioia giovanotto, la stessa gioia che prova quando abbraccia una donna. Bisogna carezzare a lungo le proprie tele, sì carezzarle, a lungo. Io palpeggio le natiche dei miei dipinti per giorni interi prima di considerare terminata una tela". La conclusione di questo dialogo va riportata in francese perché sembra che Modigliani davanti all'insistenza con la quale il vecchio Renoir inuzzolito continuava a parlare di fesses, cioè di natiche, abbia risposto seccamente: "Moi, monsieur, je n' aime pas les fesses!" A me, signore, le natiche non piacciono. A parte ogni intenzione polemica da parte sua, la cosa dev' essere vera dal momento che tra i tantissimi nudi da lui dipinti solo due sono ritratti in modo da mostrare le fesses mentre tutti gli altri si presentano frontalmente con il pube ora scoperto ora seminascosto dalla mano della modella. I nudi di Modigliani a cominciare da uno dei più celebri (Nudo sdraiato a braccia aperte, 1917) vivono della straordinaria singolarità di essere nello stesso tempo molto stilizzati e molto sensuali, di unire cioè il massimo di compostezza formale e il massimo di languore. In quei quadri non compaiono né ornamenti né ambientazioni né accessori. C' è solo un corpo nudo di donna contro lo sfondo di un colore, il massimo dell'astrazione e nello stesso tempo dell'offerta. "Ah, la donna nuda", scriveva Huysmans nel suo saggio L'arte moderna, "chi l'ha dipinta superba e vera, senza artifici, senza falsificazioni né di tratti né di carni? Chi ha mostrato in una donna spogliata la nazionalità e l'epoca alla quale appartiene, il suo status, l'età, la condizione intatta e deflorata del suo corpo? Chi l'ha gettata su una tela così viva e vera da indurci a sognare sulla sua vita possibile, da spingerci a cercare sui suoi fianchi i segni impressi dai parti... Ormai non è più questione di raggiungere la bellezza secondo il rito greco o veneziano, olandese o fiammingo, ma di tentare di liberarla dalla vita contemporanea". Naturalmente una visione così realistica semplifica parecchio la vita dell'artista. I pittori antichi per dar vita a simboli ed allegorie dovevano sapere di filosofia e retorica, di testi sacri e di letteratura profana. L'affermarsi del nudo in sé, la mera rappresentazione dell'oggetto, spoglia il lavoro dell'artista non meno di quanto egli faccia con il corpo della sua modella. In questa sconfinata libertà, anche i canoni della bellezza decadono o si confondono. In un quadro di Gustave Caillebotte (pittore rivalutato dopo una recente grande esposizione parigina), si vede una ragazza sdraiata su un divano ricoperto da una stoffa a fiori. Infatti Nu au divan (Nudo sul divano, 1880) è il suo titolo. E' un vero nudo "moderno": il corpo è magro, angoloso, privo di grazia o di fascino particolari, i peli delle ascelle e del pube sono abbondanti ma fanno pensare più alla fisiologia che all'eros. Nel quadro non c' è altro: soltanto il corpo bianco, non bello, della ragazza e i fiori del divano sul quale riposa. Nemmeno gli stivaletti slacciati in primo piano e la biancheria gettata con negligenza su un cuscino aggiungono un qualche richiamo alla rappresentazione di questa nudità. Siamo lontani dalla Venere di Urbino di Tiziano che ammantava di perfezione formale e di smaglianti colori la raffigurazione di una donna spogliata. Il nudo ha perso ogni possibile implicazione esterna e insomma già alla fine dell'Ottocento sono presenti tutte le tendenze che si svilupperanno nel nostro secolo. Nel 1899, Pierre Bonnard dipinge il suo L'indolente nel quale si vede una donna sdraiata nuda su un letto. La mano destra è dietro il capo, la sinistra è abbandonata sul seno. Non si tratta di pudore, le gambe infatti sono aperte e il sesso si offre in primo piano alla vista. Anni più tardi (1972) Lucien Freud dipingerà un Nu a' la palette du peintre (Nudo con tavolozza del pittore) che tocca una forza di provocazione ancora oggi, un quarto di secolo dopo, quasi insopportabile. La rappresentazione del nudo è arrivata, per ora, al suo ultimo limite. |
L'Opera n. 44
"... La composizione - monumentale - misura due metri per tre. Le tre figure, atletiche, vigorose e solenni, voluttuosamente circondate da una linea nera, sono in realtà una sola, colta da vari punti di vista e in diversi momenti della stessa azione: il lancio della rete nel mare, di un blu vetrificato e minerale come una pietra preziosa. Il soggetto è infatti un pescatore: osservato durante una vacanza in Corsica nel 1913, quando Valadon disegnò gli schizzi preparatori. Ma la natura è sintetizzata in un paesaggio astratto di rocce dominato da una montagna rosa, e il mestiere umile e il gesto plebeo sono raffigurati con la ieraticità di un rito classico...". (Di Melania Mazzucco)
L'Autore
SusaSnne valadon
Susanne Valadon
BiografiaFiglia naturale di una lavandaia, ancora bambina andò a
vivere a Montmartre con la madre. Prima di lavorare per il circo Mollier come
cavallerizza iniziò una lunga serie di mestieri, fra i quali pasticciera,
sarta, fiorista. A causa di una caduta nel corso di un'esibizione circense,
dovette abbandonare anche quest'attività. Nel frattempo, però, già si cimentava
nel disegno ritraendo vari soggetti, come gatti, cani e cavalli.
La sua bellezza attirò diversi artisti di cui divenne modella e, osservandoli lavorare durante le pose, riuscì ad apprendere le loro tecniche. Fu la modella di Edgar Degas, Henri de Toulouse-Lautrec, Pierre-Auguste Renoir e Pierre Puvis de Chavannes, diventando anche l'amante di alcuni di loro. Nel 1883, a 18 anni, divenne madre di quello che poi sarà noto come Maurice Utrillo (la vera paternità rimase incerta finché, nel 1891, Miquel Utrillo riconobbe il bambino). Nel 1893 iniziò una relazione con l'eccentrico musicista Erik Satie. Nel 1894 Suzanne Valadon fu la prima donna ad essere ammessa alla Société Nationale des Beaux-Arts. Fu sempre una perfezionista: poteva infatti lavorare anche parecchi anni su una tela prima di esporla. Degas fu il primo a riconoscere il talento pittorico della Valadon, la quale partecipò anche al Salon des Indépendants nel 1912 e sette anni dopo al Salon d'Automne. Fu la principale maestra del suo unico figlio, cui trasmise l'entusiasmo per la pittura e a cui suggerì di lavorare en plein air (all'aria aperta). Nel 1896 sposò Paul Moussis, un agente di cambio, ma il matrimonio finì tredici anni dopo, nel 1909, quando, all'età di 44 anni, lasciò il marito per un pittore di 23 anni, André Utter, che poi sposò nel 1914. Quest'unione durò quasi 30 anni, e la si può verificare in una delle sue tele più famose, Adamo ed Eva, nella quale André è Adamo mentre Suzanne è Eva. Nel 1935 suo figlio Maurice sposò Lucie Valore, che si dedicò con profitto alla gestione dell'attività pittorica del marito. Suzanne morì il 7 aprile del '38; fu sepolta nel cimitero parigino di Saint-Ouen. Vita maledetta di Suzanne Valadon, musa, amante e pittrice
Suzanne era bella, bellissima. Ovale perfetto, occhi blu come
la porcellana di Se' vres, pelle madreperlata, statura media, proporzioni
invidiabili. Sprigionava un fascino autentico, misto di giovinezza e
sensualita' popolana che non poteva lasciare insensibili i parigini di quell'
ultimo scatto di secolo. Provocante e anticonformista, avvolgeva la propria
origine nel mistero: non si sapeva da dove fosse sbucata, cosa avesse fatto,
funambola o cavallerizza al Circo Fernando, fioraia sul mercato di Pigalle. A
15 anni intraprese il ruolo "passivo" che l' uomo ha sempre di buon
grado consentito alla donna nell' universo dell' arte: musa ideale, modella
abituale, compagna di letto. Suzanne ebbe successo e fu contesa dagli artisti.
A partire da Puvis de Chavanne, il quale, 56enne, famoso, la fece posare sette
anni per le sue muse e per i suoi dei, parlando d' arte. Suzanne comincio' a
disegnare. In molti la vollero: Toulouse Lautrec che le regalo' il nome un po'
per scherno di "Susanna e i vecchioni", mentre lei si chiamava Marie
Cle' mentine Valadon. Era nata nel 1865 in un villaggetto del Limousin, da
madre guardarobiera trasferitasi a Parigi, e da padre ignoto. Lautrec ne
schizzo' il volto e le chiome ramate in case chiuse. Con Renoir fu un legame
spregiudicato: oltre che nuda nelle "Bagnanti", la immortalo' mentre
ballava con il pittore Lothe in "La danza in citta' ", fasciata in un
elegantissimo abito da sera, con la grazia d' una debuttante in societa' . I
successori non si contano: Steinlen, Zandomeneghi, De Nittis, il compositore
Eric Satie.... A 18 anni Marie Suzanne si trovo' madre d' un bimbo di padre
incerto; nel ' 91 il volonteroso Miguel Utrillo y Molius riconobbe il figlio e
gli diede un nome che diverra' celebre: Maurice Utrillo. La vita di Suzanne
sembra un romanzo di Zola mescolato a Flaubert; procede fino a 73 anni, con
entusiasmo fino all' ultimo respiro. La fondazione Gianadda di Martigny
ripropone ora (per le cure di Daniel Marchesseau, del Muse' e d' Arte Moderne
de la Ville de Paris, fino al 27 maggio) un omaggio alla Valadon, attraverso l'
avventura artistica, scoraggiata dai celebri amanti pittori, sostenuta solo dal
misogino Degas. Sono esposti 70 dipinti e 50 notevoli disegni provenienti da
musei e collezioni europee. Opere schizzate prima con timidezza, sbirciando i
contemporanei, magari con prospettive ardite alla Degas. Poi con sicurezza e
occhio feroce. Non era ancora tempo per donne pittrici; gli impressionisti,
cantori della vita moderna, avevano accettato solo la ricca Berthe Morisot e la
facoltosa, americana, Mary Cassatt. Suzanne non conobbe scuola o accademia,
"rubo' " a Ce' zanne, Manet, Van Gogh, Gauguin, Bonnard, Vuillard, i
Fauves e Matisse, rimanendo se stessa, con realismo e forza che sono sigle
personali e rarita' in una donna. Nel ' 96 sposo' il facoltoso agente di cambio
Paul Mousis, per 15 anni condusse un' esistenza borghese, dipingendo ritratti
intimisti e nature morte: l' universo d' una moglie appagata. Ma tale non
resto' a lungo. Nel 1909, a 45 anni, incontro' un amico dell' adorato figlio
Maurice, il ventitreenne pittore Andre' Utter. Scoppio' un amore struggente,
con divorzio dal marito. Suzanne trovo' allora il coraggio di affrontare le
grandi tele: i nudi femminili racchiusi in spessi contorni, talora allungati
sopra divani. Poi, lui, l' amato bene, un uomo per la prima volta dipinto da
una donna come oggetto di desiderio e seduzione nel gioioso "Adamo ed
Eva". E ancora, bellissimo, in tre pose, con i possenti muscoli nel
"Lancio della rete da pesca". Gli autoritratti, vera ossessione, sono
di un realismo vicino agli espressionisti: Suzanne scruta la bellezza che si
appanna, la figura che si ingrossa, il volto che si rinsecchisce. Per i nudi
sceglie la sua cameriera, la portiera: c' e' un' affettuosa partecipazione, una
solidarieta' con chi posa. Abitava vicino al Bateau Lavoir, dove giravano
Picasso, Braque e altri, ma non la incuriosi' la pittura "cerebrale",
lei solo istinto. Con Utter, ormai sposati, la vita si fece aspra, lui parti'
per la guerra e torno' ferito. Ricomposero il "trio infernale", con
Utter e il figlio Maurice, vittime dell' alcol. Lei espose nel ' 32 alla
Galleria Georges Petit, con modesto successo; per il figlio vennero la gloria e
il misticismo. Nel 1934, Suzanne si infiamma "d' amicizia" per il
pittore Gazi. Sono di quel momento i vasi di fiori, le nature morte
affastellate. Il capolavoro, disarmante, e' l' ultimo autoritratto: a 66 anni
si dipinge col seno nudo cascante, gli occhi blu opachi, i lineamenti sfatti.
Coraggiosa sino alla fine, lei che, come la Nana di Zola, aveva fatto impazzire
Parigi per la sua avvenenza. Muore nel ' 38 a Montmartre: con Utter vicino,
Utrillo lontano, perche' troppo sconvolto per correre da lei.
Le opere
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