"Le tentazioni di Sant'Antonio"
Il santo prediletto dai demoni è Antonio. Sant'Atanasio e la Legenda Aurea narrano che, dopo aver fondato eremi e monasteri, Antonio si ritira in preghiera nel deserto. Lì i demoni lo tormentano. Lo malmenano, lo lusingano, lo abusano. Lui non cede. Le percosse che subisce sono reali. Ma i demoni (che gli offrono, come a Faust, tutto: denaro, sesso, potere) sono fantasmi della sua mente, frutto della sua immaginazione. Di più: del suo stesso desiderio. La tentazione è interiore: liberarsi, rinnegare ciò che si è creduto e creato, commettere il Male. Il santo la condivide con ogni essere umano.
Sant'Antonio e il tormento dei desideri
Bosch ha dedicato vari quadri alle Tentazioni di Antonio. Il suo capolavoro è il trittico di Lisbona. Firmato in caratteri gotici, risale alla piena maturità, quando già le sue "fantasie prodigiose e strane" sono ricercate da principesse e sovrani. Di incerta destinazione (forse era la pala d'altare di una confraternita), fu subito imitato e copiato (se ne conoscono almeno 20 repliche). È uno dei quadri più enigmatici della storia dell'arte. Nella sua interpretazione si sono esercitate menti eccelse. Gli esiti sono stati antitetici. Opera di un moralista cristiano ortodosso, volta alla repressione del vizio; di polemica proto-protestante contro la corruzione della Chiesa; apologia della magia ermetica; manifesto eretico (dei Catari, o degli Adamiti), perfino illustrazione della farmacopea ospedaliera. È stata decifrata come un geroglifico. Ogni immagine letta come un simbolo, la fonte scovata nel folclore, nei tarocchi, nella negromanzia, nell'alchimia, nella kabbalah, nella Bibbia, nel Malleus Maleficarum.
Ogni figura, lungi dall'esser frutto di delirio, allucinazione da mandragora o dell'inconscio del pittore, tradurrebbe visivamente le atroci maledizioni del Deuteronomio, dei Profeti e dell'Apocalisse, le usanze grottesche del Carnevale, o le credenze che Bosch condivideva coi contemporanei. L'infinità di dettagli - lettere di una lingua di cui ignoriamo l'alfabeto - fanno delle Tentazioni di Lisbona un labirinto iniziatico in cui è inevitabile smarrirsi. Il messaggio appare però chiaro. I pannelli esterni formano due sentieri che convergono. In quello di sinistra, Antonio viene rapito in cielo e poi, esanime, trascinato dai fratelli oltre il ponticello che sormonta lo stagno. In quello di destra, Antonio legge mentre una strega e una rana consumano un'orgia e la Lussuria (Lilith) fiorisce nell'utero di un salice. Un rito pagano - officiato per un idolo a forma di rana, in presenza di una sacerdotessa negra e religiosi deformi - si compie anche nel pannello centrale. Forse lo evoca il mago amputato col cappello a cilindro seduto sul proscenio. Ma al centro esatto di questo pannello (e dunque dell'opera) c'è il volto del santo, inginocchiato sul palcoscenico del teatro del mondo. Ci guarda, indicando il Crocifisso, esiliato nella cappellina del rudere. E il Redentore si incarna ai suoi occhi (e ai nostri), e lo rassicura, benedicendo lui - e noi. Il trittico di Lisbona illustra la vittoria della volontà. E però, nella Vita di Antonio, a questa segue un dialogo fra il Santo e Cristo. Dov'eri mentre il Male sconvolgeva il mondo? gli chiede Antonio. Ero vicino a te, e ti guardavo lottare, risponde Gesù. Così il significato del quadro trascende la tentazione e diventa una meditazione cosmica sul senso della vita di ognuno. L'universo è un incubo, il caos domina i 4 elementi: aria, acqua, terra e fuoco sono infestati dai demoni. Anche le architetture spettrali e fantasmagoriche sembrano alludere a un mondo onirico. È invece reale: nel paesaggio si riconosce la campagna olandese - fattorie, mulini, contadini, soldati. Antonio non è mai tentato, ha scelto di non partecipare, ma il Male si genera lo stesso, ovunque: può essere punito, non vinto. Antonio deve solo ignorare e resistere. Bosch non era un innovatore né nelle forme né nei contenuti. Vissuto in una cittadina di provincia ('s-Hertengenbosch, da cui il nome d'arte), rimase estraneo alle conquiste plastiche e spaziali dei suoi contemporanei, fedele a uno stile arcaizzante, piatto e bi-dimensionale, quasi grafico. Derivava i suoi "mostri" dalle miniature dei Bestiari medievali, dalla scultura gotica, dai repertori delle visioni dei monaci. Ma, trasponendoli in pittura, dà loro una forza inedita. Contamina con inesauribile inventiva mondo organico e inorganico, vegetale, animale, minerale, artificiale. Le Tentazioni pullulano di cani corazzati, uccelli dal corpo a zampogna o il becco a piffero, brocche e ratti giganti divenuti cavalcature, pesci come macchine da guerra e vascelli volanti, caverne umanoidi, castrati come cariatidi, uomini dal grugno di maiale o la testa di cardo, ridotti a piedi, ventri, orecchie, sederi. Ogni materia è in balia della metamorfosi. Gli umani sono oggetti o bestie, e gli edifici e le bestie umani. Questi mostri ibridi, osceni e perversi, suscitano repulsione, spavento e riso. Ma anche attrazione e pietà. Ne scelgo tre. Nella palude infernale, alla gogna come la strega senza mammelle nel cesto, c'è un intellettuale con gli occhiali, annidato nel ventre di un'anatra nave che inalbera come vessillo lo scheletro di una razza. È prigioniero, per qual tormentato che colpa che ha commesso e che non sa, come il kafkiano Josef K. I suoi occhi intelligenti e le sue labbra invocano un perché: ma non avrà risposta. Non raggiungerà mai il foglio scritto che sventola di là delle sbarre della gabbia. Forse per Bosch era emblema di un sapere deviato. Ma la sua desolazione mi turba ancora. Dal mostro che timona l'anatra sporge uno spino: al ramo è legata una corda che traina una culla. Contiene un feto deforme: un omuncolo. Frutto mostruoso del parto alchemico, o del coito di due maschi (all'epoca, ignoranti e dotti ritenevano che essi potessero generare, e il quadro brulica di forme falliche, orifizi anali e altri indizi della diffusione della sodomia). Il nato contro natura si porta le manine alla testa, disperato. Solo un airone malefico si accorge di lui. Bosch lo abbandona alla processione dei puniti da Dio, insieme a Josef K., come un rifiuto cosmico. E poi c'è il buffo gobbo che pattina sul ghiaccio, in direzione opposta alla salvezza. Vestito da messaggero, nel becco reca una lettera. Nell'imbuto sulla sua testa sta confitto un ramo secco di salice da cui pende una bacca rossa: lo manda il Male. Qual è l'annuncio? A chi deve consegnarlo? La scritta sulla busta l'ha cancellata il tempo. Sono state proposte letture disparate. La più persuasiva: "bosco", il nome di Bosch nell'Europa del sud. È una firma. O piuttosto un modo per non dirsi innocente: le Tentazioni parlano anche di lui. La migliore interpretazione delle sue opere l'ha data nel 1605 il teologo fra Sigüenza, legato alla corte di Spagna: "tutti gli altri cercano di ritrarre l'uomo come appare all'esterno, mentre lui solo ha avuto l'ardire di dipingerlo qual è dal di dentro". Il fiammingo politicamente scorretto
Dall'archivio di Repubblica, l'estratto di un articolo di Laura Larcan, sul grande pittore delle "diavolerie"
Tormenti, tentazioni, lussuria, follia, mostri, incubi, ceffi deformi e bestiali. In una parola, satira. Una visione lucida, caustica e senza appello dell'umanità condannata all'inferno per via del peccato, che si traduce in affollate composizioni infestate di bizzarrie e inquietanti figure. Un immaginario fantastico, a tratti enigmatico, per dare sferzate di morale e per codificare la dottrina religiosa dell'epoca.
È questa la suggestione estetica del grande Hieronymus Bosch, al secolo Jeroen Anthoniszoon van Aken, il pittore delle "diavolerie", il fiammingo più intrigante e controverso della storia dell'arte, vissuto tra il 1450 e il 1516, che della pittura profana, ma sempre destinata ad una sfera privata di dotti e letterati committenti, ha fatto la sua fortuna. (...) Figlio e nipote di pittori, si formò nella bottega di famiglia per svolgere la carriera interamente nella sua città natale (s'Hertogenbosch, da cui l'appellativo di Bosch), anche grazie al matrimonio con una donna del patriziato locale che lo avvicina alla confraternita di Notre-Dame dove l'elite politica si riuniva regolarmente. Saranno le sue invenzioni mostruose a farlo conoscere un po' ovunque, intrigando tutti gli ambienti aristocratici dell'epoca. Il fascino della sua arte risiedeva tutto nelle soluzioni iconografiche dei suoi quadri, che traduceva in un'ardita scenografia sul linguaggio della miniatura dove la sua perizia grafica consentiva di mettere a fuoco ogni dettaglio e particolare degli innumerevoli episodi narrativi. I gesti, le azioni, le posizioni, le mimiche dei corpi, tutto è perfettamente congegnato con una armonia ritmica e con una forza strutturale, anche grazie alla stesura dei colori che danno peso scultoreo alle figure. (...) Il Trittico del Carro di fieno
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L'Opera n. 43
"Bosch ha dedicato vari quadri alle Tentazioni di Antonio. Il suo capolavoro è il trittico di Lisbona. Firmato in caratteri gotici, risale alla piena maturità, quando già le sue "fantasie prodigiose e strane" sono ricercate da principesse e sovrani. Di incerta destinazione (forse era la pala d'altare di una confraternita), fu subito imitato e copiato (se ne conoscono almeno 20 repliche). E' uno dei quadri più enigmatici della storia dell'arte. Nella sua interpretazione si sono esercitate menti eccelse. Gli esiti sono stati antitetici. Opera di un moralista cristiano ortodosso, volta alla repressione del vizio; di polemica proto-protestante contro la corruzione della Chiesa; apologia della magia ermetica; manifesto eretico (dei Catari, o degli Adamiti), perfino illustrazione della farmacopea ospedaliera." (Di MelaniaMazzucco)
L'Autore
BiografiaBosch, Hieronymus
Le visioni surreali di un pittore nordico del Quattrocento Bosch è un geniale pittore fiammingo contemporaneo di Leonardo da Vinci; ma la sua cultura è assai diversa da quella del grande artista del Rinascimento italiano. Le sue opere sono piene di figure grottesche, bizzarre e mostruose, che suscitano stupore e fanno riflettere sui lati oscuri e irrazionali della vita. Un bosco di misteri e di inquietudini La vita di Bosch è avvolta nel mistero. Il suo vero nome è Hieronymus (o Jeroen) van Aken, ma l'artista, per distinguersi dal padre e dal nonno anch'essi pittori, si firma con Bosch. Tale nome deriva da 's Hertogenbosch (Boscoducale), una città del Brabante olandese dove Hieronymus nacque nel 1453. Sono poche le opere superstiti dell'artista: tutte senza data e solo alcune firmate. In questi suoi lavori il pittore racconta il male e le sue tentazioni, e raffigura proverbi che parlano della follia dell'umanità, mettendo in guardia i suoi contemporanei contro la forza del demonio e del peccato. Esseri maligni sono in agguato in ogni angolo: queste figure, che Bosch dipinge come se fossero reali, non sono solo frutto della sua straordinaria fantasia. Rappresentano episodi religiosi e credenze popolari, fanno riferimento a una cultura fatta di magia, di alchimia e contengono un insegnamento morale. Con i primi dipinti, realizzati alla fine del Quattrocento ‒ I sette peccati capitali, Le nozze di Cana e La cura della follia ‒, Bosch diventa un pittore famoso. Anche Filippo il Bello, re di Spagna, gli commissiona un'opera: il Giudizio universale. Tra il 1500 e il 1510 Bosch produce le sue opere più significative, soprattutto i cosiddetti trittici dipinti, costituiti da una tavola centrale e da due pannelli laterali con raffigurazioni sia all'esterno che all'interno, che si possono aprire e chiudere come sportelli. Tra questi è il celebre Giardino delle delizie. È un grande racconto allegorico: sui lati esterni degli sportelli è dipinto il mondo prima della creazione degli animali, poi, nel lato interno, la nascita di Eva, che simboleggia il primo peccato; la raffigurazione del giardino delle delizie, cioè dei peccati carnali; infine, il castigo dell'Inferno, raffigurato come un incubo mostruoso. Religione e stregoneria Il pittore nasce alla fine della guerra dei Cent'anni, in una fase di risveglio economico e sociale che favorisce la condizioni di prosperità per la popolazione. La ricchezza produce benessere, ma anche corruzione, e la società è combattuta tra il culto del piacere e il senso del dovere morale e religioso. La magia e la stregoneria sono molto diffuse, al punto che papa Innocenzo VIII si pronuncia ufficialmente contro di esse e di lì a pochi anni avrà inizio la caccia alle streghe. Poco si sa dei sentimenti religiosi di Bosch: benché sia membro della Confraternita di Nostra Signora, è difficile stabilire se il suo punto di vista sia quello di un eretico anticonformista o di un moralista che raffigura il male e le sue tentazioni con le conseguenti punizioni. Ma è proprio per la sua capacità di rappresentare il demonio e il peccato, che ricorda le terribili raffigurazioni della tradizione medievale, che l'inquietante pittore ottiene un grande successo. Simboli, visioni, allucinazioni Nei quadri di Bosch troviamo rappresentata una quantità di strumenti musicali, animali fantastici e oggetti capricciosi. Ciascuno di essi ha un significato particolare, diverso da ciò che rappresenta, cioè è un simbolo. Gli strumenti musicali a fiato, per esempio, rappresentano l'alito demoniaco; l'uovo allude all'isolamento spirituale; gli acrobati simboleggiano gli uomini che riescono ad alterare le leggi della natura; gli oggetti viventi sono strumenti del diavolo che li ha animati. Non è facile comprendere questi enigmi. C'è perfino chi ha pensato che fossero allucinazioni, o visioni straordinarie ottenute tramite droghe dell'epoca (come quelle contenute nell'unguento delle streghe). Certamente Bosch continua ad affascinare ancora oggi poiché la sua pittura non è solo misteriosa ma anche moderna, al punto da influenzare, quattrocento anni più tardi, movimenti artistici come l'espressionismo, che voleva svelare il lato mostruoso della società, o il surrealismo, che ha dipinto i sogni e gli incubi dell'essere umano. Le opere
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