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"I due salici" di Monet (1916-1920 circa, Parigi Orangerie)
"I due salici" di Monet
Cosa fanno gli artisti quando scoppia la guerra? La evitano? La cercano? La polvere da sparo e la dinamite zittiscono l'arte o la infiammano? I pittori si arrendono alla brutalità della storia? Oppure, imperturbabili ma non indifferenti, continuano a creare, per opporre alla violenza che annienta la forza della vita?  

Nel 1914 Claude Monet ha 74 anni. E' un patriarca con la barba da profeta - bianca, lunga, folta. Padre della pittura moderna e di una famiglia sterminata, ha cresciuto due figli suoi e sei della compagna - poi moglie - Alice, che è scomparsa nel 1911, lasciandolo vedovo per la seconda volta. Meteoropatico, è d'umore malinconico, talvolta tetro. In febbraio è morto prematuramente il suo primogenito. L'epica stagione dell'impressionismo è lontana: ciò che suscitò scandalo e scherno è stato assimilato. Si sono già succedute altre avanguardie - simbolisti, nabis, puntinisti, fauves, cubisti, futuristi... Monet si è appartato dall'agone artistico. Non espone più in gruppo e dal 1888 solo in personali. Venerato dai giovani, li tiene a distanza e non vuole allievi. Parigino di nascita cresciuto a Le Havre, dal 1883 vive in campagna, a Giverny, a 70 chilometri dalla capitale. Col tempo, ha ampliato la proprietà e ridisegnato il paesaggio circostante: ha costruito ponti, scavato uno stagno, piantato fiori esotici - peonie, iris, crisantemi, giacinti, ninfee - trasformandolo in un lussureggiante giardino artificiale, vagamente giapponese. Le specie straniere hanno suscitato le (vane) proteste dei contadini: Monsieur Monet avvelena l'acqua, le mucche non potranno più abbeverarsi... I fiori di Giverny, piantati inizialmente per diletto, lo hanno sedotto. Ne segue la crescita, soffre quando l'inverno li gela, proibisce ai nipotini di giocarci vicino e a chiunque di toccarli. Essi - per gli altri - sono tabù. Ormai ha smesso di dipingere il mare, i treni, le stazioni, le città straniere. Non viaggia più per procurarsi soggetti da dipingere. Il giardino di Giverny è divenuto l'unico soggetto della sua pittura. 
IL SOGNO DI MONET
Non ha perso l'abitudine di dipingere le variazioni della luce 'en plein air'. Pianta ancora il cavalletto vicino allo stagno e trascorre ore in una poltroncina di vimini, riparandosi dal sole sotto un ombrellone bianco. Ma è anziano, malato e quasi cieco a causa di una doppia cataratta che gli è stata diagnosticata nel 1912: ora all'aperto prepara gli abbozzi, ma la parte più importante del lavoro la compie nell'atelier. Lì ritocca incessantemente le sue pitture. Sovrappone grumi di colore al pigmento già secco, vela, cancella, rinnega, a volte prende a calci le tele, le sfonda, brucia e distrugge. Monet, lento, esasperante, non sa più finire. Le sue opere restano incompiute, provvisorie, aperte. Insegue il sogno faustiano di fermare il sole. Di dipingere la perfezione dell'istante. Insomma, l'impossibile - ciò che per sua natura è invisibile: il tempo. 
Durante la guerra, quando il fronte tedesco minaccia Parigi e in città si sente tuonare il cannone, Monet è a Giverny a dipingere ninfee. Ha già creato (nel 1899-1900 e nel 1905-08) due serie di quadri con questo soggetto. 48 ne ha esposti nel 1909 e altrettanti ne ha distrutti. Ma quei fiori acquatici, tanto cari all'immaginario liberty, lo ossessionano. Stavolta però non realizzerà quadri tradizionali, come nelle serie precedenti. Abolirà cielo e orizzonte, disegno e descrizione. Creerà pitture murali enormi, come dovesse decorare le pareti di un palazzo immaginario (nessuno gliele ha infatti commissionate). Chi le guarderà, dovrà sentirsi circondato e consolato dalla natura. La sua decorazione avrà la funzione calmante e terapeutica di un acquario. Per realizzare il progetto, nel 1916 allestisce un atelier più spazioso. Raffigurerà solo l'acqua, gli alberi che vi affondano le radici e le ninfee che vi fluttuano, in ogni minuto del giorno e stagione. Sorprendendo con le più delicate sfumature del colore ogni vibrazione della luce, increspatura di foglia, screziatura di corteccia. Così, fermerà ogni attimo della vita che fugge - e lo metterà in salvo. Per anni, per Monet esisteranno solo i due salici del giardino, le ninfee e i riflessi nell'acqua - uno specchio ondeggiante e mobile, che cambia e respira.    
In una foto scattata allora a Giverny si vedono lo stagno, le ninfee che vi galleggiano e l'ombra di una testa. E' il vecchio Monet col cappello di paglia, che guarda ciò che dipingerà e che noi guarderemo. Di lui però resta solo l'ombra. Il pittore ha attraversato lo specchio: ora è dall'altra parte. E' l'immagine di un congedo: ma felice, quasi entusiasmante.I due salici, composizione formata da 4 pannelli lunghi ciascuno più di 4 metri, è uno dei tasselli di quest'opera che ha la trasparenza di un sogno - paragonata a una musica di Debussy o a un poema di Mallarmé. Gli alberi inquadrano lo spazio come colonne. Ma Monet rifiuta la prepotenza della linea retta: i tronchi si curvano, armoniosamente. Le foglie e le ninfee nello stagno sembrano vaporizzate, e hanno la stessa brumosa inconsistenza delle nuvole che si specchiano nell'acqua. Il riflesso instabile non è meno reale dell'oggetto. E non si sa chi rifletta cosa. La tonalità dominante è fredda, rosa-malva-blu, perché è l'ora dell'alba. L'immagine fantasmatica e sfumata si legge meglio da lontano. Da vicino la materia pittorica è così spessa e granulosa da diventare indecifrabile. Proust osservò che Monet era riuscito a dipingere il nulla. Non ciò che si vede, poiché non si vede niente, ma il fatto stesso di non vedere. L'indeterminato genera bellezza: è una vecchia regola del sublime estetico.   
Nel 1918 la Grande Guerra finisce, e alla patria vittoriosa Monet vuole offrire un monumento. Però non sarà un inno alla morte. Dona alla Francia le 19 gigantesche Ninfee che l'hanno occupato durante il massacro dell'Europa. Tuttavia non se ne priva e le trattiene nell'atelier - rilavorando quella pittura vivente, che cesserà di mutare solo nel 1926, con la sua morte. Nel 1927 lo Stato francese può installare le Ninfee all'Orangerie delle Tuileries, e farne la "Cappella Sistina dell'impressionismo". All'inaugurazione il pubblico, sconcertato, non capì il senso di quel dono. Eppure era ovvio. Monet aveva offerto al suo paese una vegetale, liquida antitesi dei bronzi funebri e retorici che stavano sbocciando in tutte le piazze del continente. La pazienza dell'acqua, il pianto degli alberi, la fuggevole esistenza delle nuvole e la bellezza ostinata dei fiori contro la distruzione, le piramidi di ossa e il veleno del sangue.

Oltre l’Impressionismo
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Monet
Dall'archivio di Repubblica, l'estratto di un articolo di Fabrizio D'Amico sulla "svolta" nell'arte del grande pittore
"...Il tempo forse cruciale di Monet: quei dipinti in serie, eguali o quasi per dimensione e punto di stazione, per i quali il pittore stesso raccomandò o impose, nelle mostre che li presentavano, una visione d' insieme, al punto di superare con intera consapevolezza il dogma impressionista dell'istantaneità, e della mutevole varietà del soggetto cui tanta parte della sua fortuna di paesaggista egli aveva sino ad allora delegato. Monet sostituiva allora quel dogma con un'assoluta e opposta concentrazione su un medesimo soggetto, che ne usciva così come svenato dei suoi umori, come purificato dalle sue casuali apparenze, e così consegnato - portatore dunque d' un nuovo concetto di "durata" - allo sguardo: in un crescendo di rigore che va dai Covoni alle Cattedrali di Rouen, dai dipinti norvegesi sul Monte Kolsaas (di cui nessuno è presente alla mostra) ai rarefatti Mattini sulla Senna, dipinti, questi ultimi, antichi nel loro dichiarato amore per Corot, e modernissimi nel loro sfiorare l'astratto, nei quali la luce, una luce diafanae argentea, si erge ad unica protagonista.
Prima di quel tempo perfettamente maturo sta il decennio forse più tormentato della pittura di Monet. Aperto, nel 1880, da un duplice evento: dapprima- in maggio - il ritorno, dopo dodici anni di assenza, al Salon ufficiale, manifestazione allora annuale cui era affidata, per un pittore, la definitiva approvazione o la ripulsa del grande pubblico borghesee del collezionismo. E subito appresso, in giugno, la prima mostra personale, tenuta da Monet presso la galleria della rivista La vie moderne dell'amico editore Georges Charpentier. Alla giuria del Salon Monet sottopose un grande paesaggio, Lavacourt, oggi in mostra al Grand Palais: "una cosa più saggia, più borghese" di altre che avrebbe desiderato inviare, molto "finito" nel disegno, e persino correttamente digradante in profondità; il dipinto, certo scelto da Monet per compiacere la giuria d' ammissione e in seguito da lui stesso non amato, fu infatti accettato e riscosse un notevole successo.
Fu rifiutato invece, in quella stessa occasione, un altro dipinto recente, Les Glacons: vi è raffigurata la Senna percorsa dalle lastre di ghiaccio, ultimo retaggio del disgelo seguito alla grande gelata registrata nella regione pariginai primi di gennaio del 1880. Ancora minacciosamente aggressivi, o scivolando lenti sull'acqua del grande fiume, i ghiacci punteggiano radi tutto il dipinto, e lo saturano della loro sola presenza; come molti altri d' analogo tema eseguiti da Monet (impossibile tra l'altro immaginare che il pittore abbia potuto portarlia termine in pochissimi giorni en plein air, secondo l'antico dettato impressionista: per certo, essi furono ripresi e perfezionati a studio), essi andavano già oltre l'impressionismo: le cui solidarietà erano a quella data già incrinate, con Cézanne che non esponeva più da tempo con gli antichi compagni, Renoir che li aveva lasciati nel ' 78 per tornare anch' egli con gran successo al Salon, e Degas che tra l'altro stigmatizzò l'acquisto che la signora Charpentier fece del dipinto di Monet rifiutato al Salon definendo l'operazione una "oltraggiosa ricerca di pubblicità". Il tempo felice di una coinè di cruciale importanza per la nascita del moderno era irrevocabilmente passato. Quanto alla costruzione di quel tempo glorioso avesse contribuito Monet è ben detto dalla mostra d' oggi; meno felicemente vi sono infine narrati gli anni estremi, quelli del nuovo secolo trascorsi dal pittore, dopo tante "campagne di pittura" spese ovunque in Francia, in Italia, in Inghilterra, nella natura protetta della casa di Giverny.

SEZIONE IN AGGIORNAMENTO
L'Opera n. 42
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la Repubblica del 20-10-2013
"... I due salici, composizione formata da 4 pannelli lunghi ciascuno più di 4 metri, è uno dei tasselli di quest'opera che ha la trasparenza di un sogno - paragonata a una musica di Debussy o a un poema di Mallarmé. Gli alberi inquadrano lo spazio come colonne. Ma Monet rifiuta la prepotenza della linea retta: i tronchi si curvano, armoniosamente. Le foglie e le ninfee nello stagno sembrano vaporizzate, e hanno la stessa brumosa inconsistenza delle nuvole che si specchiano nell'acqua. Il riflesso instabile non è meno reale dell'oggetto. E non si sa chi rifletta cosa. La tonalità dominante è fredda, rosa-malva-blu, perché è l'ora dell'alba. L'immagine fantasmatica e sfumata si legge meglio da lontano. Da vicino la materia pittorica è così spessa e granulosa da diventare indecifrabile. Proust osservò che Monet era riuscito a dipingere il nulla. Non ciò che si vede, poiché non si vede niente, ma il fatto stesso di non vedere. L'indeterminato genera bellezza: è una vecchia regola del sublime estetico...". (Mazzucco)


L'Autore
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Autoritratto

Biografia

Claude Monet nasce il 14 novembre 1840 a Parigi. Artista alle prime armi, trascorre la propria giovinezza con la famiglia a Le Havre, qui ha come primo vero maestro Boudin che gli insegna come ogni cosa dipinta sul posto abbia sempre una forza, un potere, una vivacità di tocco che non si ritrovano più all'interno dello studio; lo indirizza così alla pittura del paesaggio en plein air. Sarà proprio Boudin a consigliargli di trasferirsi a Parigi. La capitale francese era in effetti anche la capitale della cultura ed è naturale che lì il pittore avrebbe trovato adeguati stimoli per sviluppare le sue idee. 
Nel 1859 si trasferisce nella capitale qui non si dedicherà agli studi accademici ma al lavoro libero all’"Academìe Suisse"e nei sobborghi parigini dove, oltre a rimanere colpito dalla pittura di Delacroix, e Corot, incontra artisti già in conflitto con le giurie dei Salons come Pissarro e Manet.Si crea tra i pittori un forte legame umano ed artistico che spesso li porta a dipingere insieme in un prolifico scambio di tecniche ed idee. 
Nel 1861 riceve la chiamata alle armi, è arruolato nel corpo dei cacciatori d’Africa e parte per l’Algeria,dove le luce ed i colori di quel luogo contribuiscono a creare in lui la passione per la natura per le sensazioni che la sua osservazione fa scaturire. Solo l’intervento della zia Marie-Jeanne, grazie alle sue conoscenze, riesce a farlo esonerare nel 1862.
Tornato a Parigi Monet incontra il suo ultimo e vero maestro:Jongkind. Al quale egli afferma di dovere “ L’educazione definitiva del suo occhio”.Nello stesso anno è accolto nell’atelier di Gleyre ed è qui che incontra Renoir e Sisley ma lega in modo particolare con Bazille, tutti occupati nello stesso atelier.
Nel 1866 dipinse “Camille in abito verde” con la modella ,Camille appunto, avrà un figlio nel ’65 e si sposerà nel 1870, resteranno sposati fino al 1879, anno della morte di lei.
Nel decennio che va dal 1870 al 1880 sono anni di grande impegno artistico ma è anche un periodo pieno di delusioni e bocciature ad opera della critica dei salons. Egli infatti espone i suoi quadri in tre differenti edizioni’74 ’76 ’77 ma viene sempre aspramente giudicato. 
Tra il ’72 ed il ’78 abita ad Argenteuil periodo in cui dipingerà “Impressione, sole nascente” un quadro che segnerà l’inizio e conierà il nome del movimento impressionista.
Nel ’78 si trasferisce a Vetheuil ove si stabilisce grazie al sostegno economico di Manet.
Nell’81 si sposta a Giverny e sono questi gli anni che lo portano al successo dopo un lungo periodo di grande difficoltà, finalmente Monet comincia ad essere apprezzato e nel 1880 si svolge la sua prima mostra personale diretta da Renoir. Dal 1886 ha un successo sempre crescente ottenendo l’appoggio di Gustave Geffroy e Clemenceau. Grazie a quest’ultimo verranno create due stanze all’Orangerie per ospitare la serie delle ninfee.
Nel 1890 ormai divenuto un artista di successo e non avendo più problemi economici, acquista la proprietà di Giverny ed inizia i lavori per la creazione dello stagno dove seminerà le ninfee. 
Nel 1892 sposa Alice Hoschedè. Nello stesso anno inizia la serie delle cattedrali di Rouen che abbandonerà insoddisfatto nel 1893
Nel 1898 viene organizzata la galleria Petit con 61 sue opere.

Monet nel ‘900
All’inizio del secolo si trova a Londra ma si sposta in Francia per dipingere la Senna a Vetheuil, pur perdendo temporaneamente la vista ad un occhio, riesce ad esporre le sue opere nel 1902.
Nel 1903 Camille Pissarro  l’amico incontrato in gioventù, muore a Parigi. 
Tra il 1904 e il 1905 Durand-Ruel organizza due mostre: nella prima vi sono le tele londinesi mentre la seconda è una mostra generale dell’impressionismo a cui Monet partecipa con 55 opere.
Nel 1908  si ammala e la vista gli si comincia ad indebolire ma intraprende ugualmente un viaggio a Venezia e ritrae la città che lo affascina molto per i suoi effetti di luce. Conclude la serie dei paesaggi veneziani nel 1912 e la loro esposizione ottiene un enorme successo.
Nel 1911 muore la moglie Alice e le condizioni della sua vista peggiorano ulteriormente.
Gli anni della guerra sono un periodo di grande solitudine per Monet, lenita solo dalla presenza della figliastra Blanche, muore anche l’amico Degas.
Nel ’18 Monet per festeggiare l’armistizio dona due tele allo stato. Nell’ultima parte della sua produzione artistica il sentimento patriottico si fa sempre più forte in lui. Tanto da dedicarsi completamente alla donazione di dodici tele di quattro metri ciascuna. La loro creazione lo occuperà fino al 1922 anno in cui diverrà completamente cieco. Le tele saranno esposte nell’Orangerie.
Nel 1923 si sottopone finalmente ad un operazione all’occhio più colpito, traendone qualche beneficio. Dipingerà fino al 1925 in totale isolamento.
Il 6 dicembre del 1926 Monet muore per un tumore ai polmoni, il suo funerale sarà celebrato l’8 dicembre.

Le opere


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