"La stiratrice", Degas
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L'epoca conta, diceva. Se fosse vissuto nel '600, avrebbe dipinto opulente Susanne al bagno; all'inizio dell'800, odalische, come il venerato Ingres: corpi sognati, senza rapporto con la vita, solo con l'arte stessa. Ma Degas era nato nel 1834 e quando pose fine al suo apprendistato i pittori uscivano dai musei e piantavano il cavalletto sotto il cielo. Cercavano la verità feriale. L'aspra realtà. E i naturalisti scrivevano tetre storie di operai, prostitute e lavandaie: l'arte non doveva più escludere i lavoratori. La modernità imponeva una nuova forma di bellezza, e talvolta esibiva la bruttezza, l'energia grezza della vita. Degas era un borghese ricco e di ottimi studi: "nato per disegnare", si era formato copiando e assimilando i capolavori del Rinascimento, perfezionando la fermezza della linea, il modellato, la figura; rivendicava la continuità della tradizione e in politica divenne prudente. Eppure si ritrovò, senza esitare, dalla parte dell'innovazione. La sua arte non tendeva all'eloquenza né alla poesia, disse Valéry: non cercava che la verità nello stile e lo stile nella verità.
In disparte, protetto dagli occhiali con le lenti blu, libero da scuole e gruppi (benché sodale con gli impressionisti), influenzò la pittura (europea e non solo) fino a '900 inoltrato. Credeva solo alla disciplina, al rigore, al mestiere: lavorò anche quando la malattia agli occhi lo costrinse ad abbandonare i pennelli e i colori a olio per dedicarsi al pastello. Poiché "l'arte non si espande ma si riassume", la sua opera si concentra su pochi soggetti: corse di cavalli; ballerine (sul palco dell'Opéra, a lezione o esauste dietro le quinte, in un'infinità di scorci e variazioni); teatri, caffè, uffici, modiste; stiratrici e infine solo donne senza attributi o identità: nude con tinozza. Le stiratrici occupano la sua fantasia per una quindicina d'anni. Nel 1874, a Edmond de Goncourt che visita il suo studio ingombro di Stiratrici (5 le esporrà nella II Mostra Impressionista del 1876), infligge la spiegazione sulla differenza fra il "colpo di ferro appoggiato" e quello "circolare": lo affascina la dura vita di quelle donne. Degas le studia al lavoro: lo interessa la loro manualità e la materia luminosa delle biancherie. Ma col passare del tempo l'osservazione partecipe si muta in entomologico distacco: le stiratrici diventano plebee sbadiglianti, sfatte dalla fatica, condannate all'alcolismo. La stiratrice di Monaco è la prima, e più grande, della serie. La raffigurazione è frontale: in seguito Degas sceglierà punti di vista più ricercati, col soggetto di tre quarti o di spalle. È una sinfonia in bianco, orchestrata su pochi altri colori: le sfumature del rosa e del bruno - quasi un dagherrotipo. La nota dominante allude anche al vapore che satura l'ambiente. Pennellate larghe e dense coprono la superficie della tela. La ragazza del popolo, giovanissima, paffuta, polposa, stira un lenzuolo: la stoffa, lucida, lascia intravedere un ricamo vegetale. Forse il lenzuolo di un corredo nuziale, ma non il suo: non potrebbe permetterselo. Degas, nevrotico dromomane, esplorava volentieri i quartieri operai, curiosava in modesti appartamenti bui. Si documentava con scrupolo. Ma qui - come in altri suoi ritratti - l'ambiente resta sommario e indefinito: la biancheria, appesa sui fili ad asciugare, forma la parete di fondo che serve a far spiccare più netta la figura della stiratrice. Bocca rossa, capelli neri, pelle lunare, indossa una gonna scura e un corpetto bianco scollato. Gli occhi neri assonnati rivolti verso di noi. Ha l'espressione intimidita e però fiera di chi s'è scoperta degna di posare per un artista. Degas, che a van Gogh sembrava un notaio e a Goncourt un ipocrita con lo sguardo obliquo da assassino, era brutale con le sue modelle: le rimproverava di mutare posizione senza permesso e spesso imprecava, insultava. Nella fase tarda, semi-cieco, aveva bisogno di toccarle, di averle sempre sotto mano. Qui, invece, si è sistemato davanti al tavolo da lavoro: alla giusta distanza. La ragazza si sforza di restare immobile. Ma non può. Così Degas non riesce a stabilire la posizione delle sue braccia e della mano destra sul ferro da stiro. E forse nemmeno vuole. È la dinamica del gesto che lo interessa. Lascia visibili sulla tela i pentimenti - l'ombra irreale del braccio nella postura scartata. E la mano sul ferro (sdoppiata) sembra in movimento, come se due fotogrammi fossero stati sovrapposti. La ragazza si muove, il pittore si muove: si guardano. La corrente di empatia che passa dall'uno all'altra diventa luce accecante. Degas - che non si sposò mai, per mancanza di passione, e visse con la fedele governante Zoé Cloisier - non è ancora il cinico celibe attempato che disegna laide maîtresse nei bordelli, o donne nude mentre si lavano i piedi o escono dalla tinozza, di cui coglie la pienezza delle forme da angolazioni inedite, talvolta crudeli. La sua stiratrice dalle bianche braccia ha ancora la grazia della Lattaia di Vermeer. Ma attenzione. L'arte è artificio, diceva Degas. Richiede malizia, furbizia e inganno, come un crimine. Perché una realtà sembri vera, bisogna che sia falsa. La sua non era affatto un'arte spontanea. Catturava il vero dal vivo durante la posa, ma poi lo costruiva con l'ausilio della memoria. La Stiratrice sembra un'istantanea, ma non lo è. È una scheggia di vita quotidiana ricreata con la freschezza del pennello - con l'analisi e l'immaginazione. Degas ha dato all'anonima stiratrice parigina il volto di Emma Dobigny, dolce modella che dipinse altre volte, e che posava anche per Corot e Puvis de Chavannes. Forse il "ritocco" è una forma di esorcismo, di distanziazione. Dopo la catastrofica guerra franco-prussiana e i massacri della Comune, il pittore si attardò senza scopo apparente in Louisiana. Da lì, nel 1872 scrisse al suo amico Tissot di ritenere che "una stiratrice parigina dalle braccia nude" valga più di tutta la notevole bellezza di New Orleans. Fu la frase più gentile che questo distaccato pittore di femmine ebbe mai per una donna |
L'opera n. 20
"La stiratrice di Monaco è la prima, e più grande, della serie. La raffigurazione è frontale: in seguito Degas sceglierà punti di vista più ricercati, col soggetto di tre quarti o di spalle. E' una sinfonia in bianco, orchestrata su pochi altri colori: le sfumature del rosa e del bruno - quasi un dagherrotipo. La nota dominante allude anche al vapore che satura l'ambiente. Pennellate larghe e dense coprono la superficie della tela. La ragazza del popolo, giovanissima, paffuta, polposa, stira un lenzuolo: la stoffa, lucida, lascia intravedere un ricamo vegetale. Forse il lenzuolo di un corredo nuziale, ma non il suo: non potrebbe permetterselo".
(Melania Mazzucco) L'artista
Edgar Degas (1834-1917) tra tutti i pittori impressionisti è quello che conserva la maggiore originalità e distanza dagli altri. I suoi quadri non propongono mai immagini di evanescente luminosità ma rimangono ancorati ad una solidità formale assente negli altri pittori. Ciò fu, probabilmente, originato dalla sua formazione giovanile che lo portava ad essere un pittore più borghese degli altri. Degas era infatti figlio di un banchiere e compì, a differenza di altri suoi amici, regolari studi classici. Viaggiò molto in Italia, suggestionato dalla pittura rinascimentale di Raffaello e Botticelli.
Nel 1862 realizzò il suo primo quadro che lo rese famoso: «La famiglia Bellelli». In esso raffigura la famiglia della sorella sposata ad un fiorentino di nome Bellelli. Nel quadro compaiono il marito, la moglie e due figlie. L’inedito taglio compositivo, insieme ad una precisa introspezione psicologica dei personaggi, ne fanno un’opera di un realismo e di una modernità che addirittura anticipa alcune delle successive conquiste di Edouard Manet. Negli anni successivi iniziò ad uscire dal suo ambiente borghese per frequentare il Café Guerbois dove strinse amicizia con Manet e gli altri pittori che avrebbero formato il gruppo degli impressionisti. Fu tra i fondatori del gruppo e fu proprio egli ad organizzare la mostra presso il fotografo Nadar. E partecipò a tutte le otto successive mostre impressioniste, tranne quella del 1882. Le sue differenze con gli altri impressionisti sono legate soprattutto alla costruzione disegnata e prospettica dei suoi quadri. Le forme non si dissolvono e non si confondono con la luce. Sono invece rese plastiche con la luce tonale e non con il chiaroscuro, e in questo segue la tecnica impressionista. Ciò che contraddistingue i suoi quadri sono sempre dei tagli prospettici molto arditi. Per questi scorci si è molto parlato dell’influenza delle stampe giapponesi, anche se appare evidente che i suoi quadri hanno una inquadratura tipicamente fotografica. Tra i suoi soggetti preferiti ci sono le ballerine, (che costituiscono un tema del tutto personale), e le scene di teatro. Anche in questo, Degas coincide con l’impressionismo: la scelta poetica di dar immagine alla vita urbana, con i suoi riti e i suoi miti, a volte borghesi, a volte bohemiène.
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