"La Venere di Urbino" di Tiziano
Questa donna nuda è felice, potente e irresistibile. Erotica, disponibile, audacissima e però di una purezza perfino sublime. Il fatto che si possano - e si debbano - usare per lei questi aggettivi contraddittori spiega le reazioni incontrollate che ha scatenato fin da quando, nel 1538, il ventiquattrenne Guidobaldo della Rovere signore di Camerino - che forse l’aveva commissionata, o forse no - la vide ancora in lavorazione nello studio del pittore e voleva farsela consegnare, anche se non aveva i soldi per pagarla (dovette chiederli alla madre, fatto che, visto il soggetto del quadro, spiega la sua paura che costei glieli negasse e un altro acquirente più danaroso potesse soffiargliela). Negli spettatori suscitava desiderio, imbarazzo o scandalo. Negli artisti una cupidigia altrettanto violenta: possederla replicandola.
E’ forse il quadro più copiato della storia dell’arte. Fino a oggi i pittori si sono confrontati con lei, offrendone una versione più casta, più astratta, oppure più pornografica. Ma, nonostante i rifacimenti, la nuda di Tiziano è rimasta senza sorelle. La cosiddetta Venere di Urbino ha però una ‘madre’. Nel 1510 Giorgione aveva dipinto per un aristocratico veneziano una Venere nuda, dormiente in un paesaggio (la Venere di Dresda). Quel quadro, incompiuto, lo aveva finito Tiziano stesso. 28 anni sono un tempo lunghissimo nella vita di un uomo: da sodale di Giorgione era diventato uno dei pittori più celebri d’Europa. Nel 1538 aveva una cinquantina d’anni. Eppure, tornò al modello dell’amico scomparso: riprese la posizione della figura femminile ma - apportando delle varianti - mutò completamente il senso del quadro. Il trionfo del corpo femminile nella "scandalosa" Venere di Tiziano
La Venere di Dresda dorme. Si titilla il pube, ma in sogno forse - o in un gesto di pudore, per coprirsi. Non sa che la stiamo guardando. La nuda di Tiziano è sveglia. Di più, è consapevole della nostra presenza: ci guarda. Le labbra accennano un sorriso. Questo quadro ha generato infinite repliche, ma anche fiumi di parole e polemiche secolari. Riassumendo brutalmente, le interpretazioni si dividono in due scuole. Alcuni studiosi - forti della definizione del quadro data dal suo primo acquirente: “la donna nuda” appunto - negano ogni implicazione mitologica, e leggono l’immagine per ciò che essa è: un magnifico nudo contemporaneo. Senza messaggi e implicazioni allegoriche. La modella sarebbe una cortigiana - amica di Tiziano o del giovane della Rovere o di entrambi: la sua identità non conta. La donna reale diventa l’incarnazione della bellezza effimera e però trionfante della carne.
Altri, forti della testimonianza di Vasari (che definì il soggetto come una “Venere giovanetta”), vi decifrano implicazioni filosofiche, neoplatoniche, oppure epitalamiche: leggono gli oggetti del quadro come simboli, propedeutici alla sessualità riproduttiva del matrimonio e alla fecondità della sposa. Questo sarebbe un quadro nuziale. Ma la ragione del suo fascino risiede proprio nel fatto che l’immagine non si lascia spogliare della sua ambiguità. La nuda è distesa su un letto. La pelle lattea è il suo vestito. Unici ornamenti, un braccialetto d’oro tempestato di pietre preziose, un orecchino di perla a forma di pera e un anellino al mignolo. E i capelli biondi: sistemati in una complicata acconciatura che però s’è sciolta, le ricadono sulla spalla. Le lenzuola spiegazzate lasciano affiorare il rivestimento del materasso, un prezioso tessuto rosso a motivi floreali. Poggiata sul braccio destro, la nuda giocherella con un mazzo di rose. Un fiore caduto spicca tra i fiori finti del tessuto, come sollecitasse il paragone tra realtà e finzione artistica. Un paragone evocato in primo luogo da lei. E’ a grandezza naturale (il quadro è lungo un metro e sessantacinque). Stoffe e carnagione sono dipinti con tale maestria da sembrare vera epidermide e vero broccato. Lei è qui, davanti a te. La mano sinistra si carezza il pube, con lo scopo apparente di nascondere il pelo, ma in realtà attirando il nostro sguardo proprio su quel triangolo, scurito dall’ombra. Ai piedi di lei è acciambellato un cagnetto da compagnia - l’occhio vispo, come promessa di fedeltà e di vigilanza. Una linea verticale (il bordo di un rettangolo scuro) divide in due lo spazio, separando la nuda in primo piano dalla stanza sullo sfondo. Il letto però non poggia sul pavimento, non si trova davvero in quella stanza. La prospettiva non è rispettata, e la diminuzione in scala delle figure non è scientifica. La nuda e le donne non esistono nello stesso spazio, non appartengono alla stessa realtà. E’ stato ipotizzato perfino che lei sia dipinta - sul coperchio interno del cassone in cui rimesta la serva. Una specie di quadro nel quadro. Comunque nella parte destra si svolge una scena di vita quotidiana: le serve trafficano coi suoi vestiti - che nel 1538 le veneziane conservavano in cassoni dipinti o intagliati (solo in seguito si diffuse l’abitudine di lasciarli in forma sui manichini di legno). Una serva, china sul cassone, vi fruga dentro. L’altra, in piedi davanti alle tappezzerie, le tiene sollevato il coperchio col braccio nudo, mentre con noncuranza ospita sulla spalla un elegante abito blu. Sul davanzale di una finestra a bifora campeggia un cespuglio di mirto tosato da un giardiniere, mentre un alberello stormisce alla brezza del tramonto. In questo interno cittadino la natura è tenuta sotto controllo, a distanza. La natura che trionfa qui è un’altra: il corpo della donna - la bellezza della carne nuda che sigilla ogni mistero. Se gli occhi di lei ti invitano, il centro del quadro è la sua mano sul sesso. Le dita piegate suggeriscono il movimento - e muovono lo sguardo dello spettatore, che viene risucchiato là dove ha inizio ogni cosa. La combinazione degli occhi teneri e maliziosi della nuda col gesto della sua mano raggiunge una perfezione - concettuale, pittorica, emozionale - irripetibile. Tiziano ne fu consapevole. In seguito si specializzò nella raffigurazione di Venere a letto con musicista o di eroine mitologiche nude (come Danae). Ma non ripeté mai questa. Lo sguardo e il gesto sono rimasti unici. Come fosse consapevole di aver colto l’essenza della vita: nessuno può spingersi oltre.. |
L'opera n. 28
"Questa donna nuda è felice, potente e irresistibile. Erotica, disponibile, audacissima e però di una purezza perfino sublime. Il fatto che si possano - e si debbano - usare per lei questi aggettivi contraddittori spiega le reazioni incontrollate che ha scatenato fin da quando, nel 1538, il ventiquattrenne Guidobaldo della Rovere signore di Camerino - che forse l’aveva commissionata, o forse no - la vide ancora in lavorazione nello studio del pittore e voleva farsela consegnare, anche se non aveva i soldi per pagarla (dovette chiederli alla madre, fatto che, visto il soggetto del quadro, spiega la sua paura che costei glieli negasse e un altro acquirente più danaroso potesse soffiargliela). Negli spettatori suscitava desiderio, imbarazzo o scandalo. Negli artisti una cupidigia altrettanto violenta: possederla replicandola. E’ forse il quadro più copiato della storia dell’arte. Fino a oggi i pittori si sono confrontati con lei, offrendone una versione più casta, più astratta, oppure più pornografica. Ma, nonostante i rifacimenti, la nuda di Tiziano è rimasta senza sorelle". MELANIA MAZZUCCO
L'artista
"Tiziano veramente è stato il più eccellente di quanti hanno dipinto: poiché i suoi pennelli sempre partorivano espressioni di vita" (Marco Boschini, 1674).
Nato a Pieve, in provincia di Belluno, fra le montagne del Cadore, tra il 1488 e il 1490, Tiziano Vecellio appartiene ad un'antica famiglia del piccolo centro alpino. Uomo estroverso, instancabile lavoratore, Tiziano attende alle sue opere senza mai avere sosta. La sua carriera è trionfale, la vita di lunga durata, se è vero che la morte sopraggiunge quando il pittore ha già da un po' superato l'incredibile età di ottant'anni. Ancora molto giovane, egli abbandona la "magnifica comunità cadorina" per ricevere un'adeguata istruzione pittorica. Giunge così a Venezia, ove i sui primi maestri sono Gentile e Giovanni Bellini. Tra il 1508 e il 1509, è al fianco del pittore Giorgione nella realizzazione del Fondaco dei Tedeschi. Solo un anno più tardi, la sua fama è già consolidata e riceve commissioni importanti, quali la Pala di san Marco e di Santa Maria della Salute. Nel 1511 affresca la Scuola del Santo a Padova. Ottenuta dal Consiglio dei Dieci una rendita ufficiale, destinata ai pittori migliori, nel 1533 diventa pittore ufficiale della Repubblica di Venezia. La sua attività è frenetica: egli accetta molte commissioni da parte della nobiltà contemporanea, realizzando parecchie opere a soggetto profano. Nel 1516 Alfonso I d'Este richiede i suoi servigi e nel 1518 gli commissiona la decorazione del "camerino d'alabastro". Tra il 1519 e il 1526 dipinge la Pala Pesaro per i Frari, e il Polittico Averoldi per la chiesa bresciana dei Santi Nazaro e Celso. Ormai osannato come il più celebre pittore del tempo, Tiziano è conteso tra le corti italiane: lavora a Mantova per i Gonzaga e ad Urbino per i duchi. Nel 1542 ha inizio la sua collaborazione con papa Paolo III e con la sua famiglia; ben presto si trasferisce a Roma e qui rimane fino al 1546. Nel contempo, la sua apprezzata attività di ritrattista procede ed egli ha l'occasione di ritrarre Carlo V durante la sua incoronazione nel 1530. L'imperatore e suo figlio Filippo II, futuro re di Spagna, ne fanno il loro pittore prediletto. Tiziano lavora per anni al servizio della famiglia asburgica. Muore il 27 agosto del 1576, mentre infuria la peste, lasciando incompiuta l'opera che avrebbe desiderato venisse posta sulla sua tomba: la "Pietà". La bellezza malinconica
Dall'archivio di "Repubblica", l'estratto di un articolo di Claudio Strinati sull'importanza della figura femminile per Tiziano. A partire da un altro suo quadro celebre: La Donna allo specchio Quante ne ha dipinte di belle e malinconiche donne Tiziano nella sua fase giovanile! Quando esegue la Donna allo specchio del Louvre (e ne fece parecchie versioni, oggi se ne contano almeno altre tre), Tiziano ha probabilmente già fatto l'Allegoria delle tre età dell'Uomo, oggi a Edimburgo, capolavoro sovrano e l'Amor sacro e profano della Galleria Borghese di Roma, uno dei quadri più celebri del mondo. Lavora anche alla meravigliosa Salomé della Galleria Doria Pamphilj e alla Flora degli Uffizi, solo per citare altre due opere capitali. Ma sul tema della donna lavorerà per tutta la vita fino alle variazioni sulla Danae o sulla Venere con un musicista.
In tutti i quadri giovanili la donna sembra sempre la stessa e bisogna chiedersi: è la stessa modella o è un modello ideale di bellezza che il maestro ripete, come in una cerimonia prestabilita, da un quadro all'altro? Per rispondere bisogna osservare bene la nostra ragazza che viene dal Louvre. Quasi non guarda nello specchio, a dire il vero, ma sembra vagheggiare un punto lontano, guardandosi dentro. E' assorta e su questo tipo di stato d'animo Tiziano ha meditato per tutto il primo tempo della sua carriera artistica. Ci lavora in effetti per tutta la vita ma, a mano a mano, questa attenzione da intima diventa politica e Tiziano osserva da vicino, con occhi sempre più consapevoli e critici, l'imperatore Carlo V e suo figlio Filippo II, osserva i miti antichi quando questi parlano di morte e disfacimento, osserva i misteri della fede ma non riesce a definirne i contorni. Gran parte della sua carriera di artista consiste, anzi, nella ricerca della "definizione". Tiziano non era un sommo disegnatore ma un colorista sublime. E l'idea di rappresentare una donna che sogna e spera, diventa la sua cifra di riconoscimento. Guardano, queste donne della giovinezza di Tiziano, nel futuro che, come raccontava Enrico Ruggeri in una sua vecchia e amabile canzone, è un'ipotesi. L'arte veneta al tempo di Tiziano si muove molto sul terreno dell'ipotesi. Tiziano, agli inizi, era stato seguace del grande Giorgione e aveva visto all'opera l'anziano e ancor più grande Giovanni Bellini... Giorgione, anzi, le aveva elette a emblema supremo della sua arte. Questo si vedeva nella sublime Tempesta delle Gallerie dell'Accademia, questo si notava nei molti ritratti che fece e che sono andati per lo più smarriti. Questo insegnava. Così è l'affresco della Nuda, sempre alle Gallerie dell'Accademia, che è tutto quel che resta del ciclo di dipinti murali fatto da Giorgione per il Fondaco dei Tedeschi. E lì lo aveva aiutato il giovanissimo Tiziano. Giorgione era morto giovanissimo mentre i lavori erano in corso. Bellini, invece, era vissuto tanto e aveva dipinto l'idea stessa del mestiere dell'artista, quando è nel contempo, e con perfetto equilibrio, artigiano e filosofo. Tiziano non era né l'uno né l'altro ma molti storici sanno bene quanto sia vero quello che già gli antichi avevano detto e che cioè Giorgione e Tiziano avevano lavorato insieme in quell'incredibile capolavoro della Venere dormiente, oggi conservata a Dresda, prototipo di tutte le Veneri e di tutte le nude di questo mondo. Come artigiano Tiziano non era a quel livello e come filosofo era l'autore di un pensiero solo, quello della bellezza melanconica che resta chiusa all'interno della casa ed è tormentata dall'attesa. Poi nella maturità Tiziano diventerà il pittore "politico" per antonomasia e il supremo razionalista che scopre e svela il dolore del mito e della religione ufficiale. Chiamerà i suoi quadri tardi "poesie", ma avrebbe potuto chiamarli tutti così. |