"Madonna dei pellegrini" di Caravaggio
È l'unico quadro di Caravaggio, ammiratissimo dai collezionisti più raffinati e dai colleghi più giovani, di cui sappiamo che piacque anche ai romani qualunque. Lo testimonia un contemporaneo: Baglione, non certo favorevole al pittore - di cui anzi era fiero nemico e che aveva mandato in carcere per diffamazione. Quando fu mostrato in pubblico, i "popolani" del rione Campo Marzio - racconta - fecero "estremo schiamazzo". Schiamazzo: scomposto, sguaiato strepito di approvazione.
Bruna, scalza, italianissima Maria
Nell'autunno del 1603, gli eredi del bolognese Ermete Cavalletti acquistarono dai frati agostiniani una cappella, già consacrata a Maria Maddalena e appartenuta a una cortigiana amante di Cesare Borgia, per dedicarla alla Vergine di Loreto. Ma quando, intorno al 1604, commissionarono la pala d'altare a Merisi non si aspettavano che raffigurasse il miracolo della casa di Maria a Nazareth, traslata sulle ali degli angeli a Loreto e divenuta da allora mèta di pellegrinaggio, luogo di guarigioni e redenzioni. I suoi quadri sacri troppo profani erano già considerati stravaganti e pericolosi: la sua avventura romana stava per concludersi. Caravaggio dipinse la Madonna dei Pellegrini servendosi, come sua abitudine, di modelli dal vero, nel buio studio di vicolo san Biagio, a poca distanza dalla chiesa - nella casa cielo-terra che aveva affittato per 40 ducati annui. Doveva averla già ultimata nel luglio del 1605, quando al Corso aggredì il notaio Pasqualone di Accumoli, "per causa di una donna chiamata Lena". Per scampare l'ennesimo arresto, dovette fuggire a Genova.
Non so se Caravaggio credesse nei miracoli. È rischioso attribuire a pittori vissuti secoli fa i nostri dubbi e la nostra incredulità. Certo è che il miracolo di Loreto non lo dipinse. La casa di Maria a Loreto per lui è un palazzo romano, con lo stipite di travertino e l'intonaco sfogliato dall'umidità a denudare i mattoni della fabbrica. Sulla soglia di uno di quei palazzi, secondo le parole del notaio, "in piedi a piazza Navona" se ne stava, evidentemente a battere, la donna per causa della quale il pittore l'aveva aggredito. Eppure la casa di Maria è proprio quella. Lì sono giunti, stremati, due pellegrini. La pregano, e lei appare, col figlio in braccio. La Madonna, bruna, scalza, le gambe incrociate in un gesto di suprema naturalezza (il pupone che regge tra le braccia pesa, e lei deve tenersi in equilibrio), la testa reclina, la gola e il volto sbiancati dalla luce lunare che da sinistra taglia la tenebra e la rivela, non somiglia a nessuna delle Madonne dipinte fino ad allora nelle chiese di Roma. E nemmeno nei quadri di devozione privata nascosti nei palazzi. Benché nella posa classica di una statua, sull'alto gradino come su un palcoscenico, l'aureola diafana della luce arcana alle sue spalle, è una donna - non idealizzata, vera in ogni suo tratto. Il suo corpo proietta un'ombra nera sul portale - che la rende quasi tangibile. Ha un volto comune, italianissimo. Potreste ancora vederla a passeggio fra le strade di Roma. Anche Gesù benedicente non ha nulla di divino. Nudo e paffuto, è un bambino qualunque. La gente di Campo Marzio, nel 1605, conosceva l'uno e l'altra. Secondo la tradizione (o la leggenda), lei era Lena Antognetti, aveva 23 anni, faceva la vita. Già amante di cardinali, viveva col notaio Pasqualoni. Ma era ancora "la donna di Michelangelo". Il notaio cornuto si vendicava bastonandola e poi - forse geloso anche del quadro - la sfregiò. Il giorno dopo, Caravaggio lo aggredì al Corso. Lui invece si chiamava Paolo, aveva due anni e mezzo, era figlio di Lena e di un vagabondo condannato al remo. Anche sorvolando sulla novità dell'inquadratura, sulla mancanza di decoro dei protagonisti (forse i committenti stessi, trasformati in viandanti pezzenti), coi piedi "fangosi" in primo piano, l'identità e la riconoscibilità della donna che aveva prestato volto, corpo, veste di velluto rosso e gonna di seta blu cenerealla Vergine, rendeva la tela scandalosa e contraria a tutti i precetti. Motivo sufficiente a farla rimuovere dalla chiesa. Eppure non fu così. Come si è detto, il popolo vi si riconobbe. Ma la ragione di questa permanenza deve essere cercata altrove. Cioè nell'opera stessa. Essa non ha nulla di blasfemo, o provocatorio. È anzi pervasa da un profondo sentimento religioso. Se quella donna qualunque, nemmeno perbene, è stata scelta da Dio per fargli da madre, essa sarà la madre di tutti. Nessuno sarà abbandonato. Lei saprà ascoltare, accogliere e perdonare. Così i due pellegrini cadono in ginocchio ad adorare la Madonna e il Bambino. Ci ignorano, offrendoci le spalle, i piedi e il deretano: nella gerarchia controriformistica dell'anatomia, le membra più ignobili del corpo umano. I bastoni, gli abiti rattoppati, i piedi zozzi dell'uomo e la cuffia sdrucita della vecchia raccontano la strada percorsa, la fatica e la tenacia della loro fede. Noi vediamo la loro visione: la luce che investe Maria, si riverbera su di loro. I loro visi brutti e rugosi sono illuminati dalla grazia. Essi vedono la Vergine e il Bambino. Il miracolo non è una casa in volo sulle ali degli angeli. È la presenza del divino tra le cose, i gesti e i corpi di tutti i giorni. Caravaggio abolisce la retorica dell'iconografia sacra. Niente angeli né trombe. Riconduce il pellegrinaggio a un'esperienza interiore, immerge la trascendenza nel quotidiano, nel "vero" che lo ossessionava come pittore e che gli sembrava discrimine di autenticità e valore di ogni artista. Eppure nessuna pala seicentesca riesce a comunicare altrettanta spiritualità. A ognuno: col linguaggio del realismo e la grammatica della luce. Per questo la Madonna dei Pellegrini è sempre stata la Madonna di tutti - i devoti e i peccatori, i cristiani e i miscredenti - ed è ancora lì. Il fascino di un genio irregolare
Dall'archivio di "Repubblica", un articolo di Corrado Augias su Caravaggio, le sue opere esposte nelle chiese romane, la sua vita avventurosa.
IL FASCINO di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, sta nella qualità delle pitture, nella sregolatezza della vita, nell'alone di leggenda che ne circonda la morte. Non avendo responsabilità di storico né di critico posso tagliare grosso: Caravaggio è uno dei pittori più potenti della nostra storia. In che cosa risieda questa ''potenza" lo si può vedere in alcune (...) tele rimaste in situ e cioè in alcune chiese romane. A Santa Maria del Popolo ci sono la conversione di Paolo e il martirio di Pietro. Nel quadro di Paolo la luce piomba dritta sull'apostolo atterrato e sul fianco poderoso del cavallo. Nella chiesa di sant' Agostino si trova la celebre "Madonna dei pellegrini" per la quale posò un'amante del pittore. Il primo piano è occupato dell'ingombrante deretano e dai piedi sporchi dell'uomo inginocchiato davanti alla Vergine. A San Luigi dei Francesi si trova, tra le altre, la commovente "Vocazione di Matteo" tagliata trasversalmente dalla luce con la figura di Gesù quasi in ombra nel lato destro. In tutti questi quadri la connotazione realistica parve, nel clima della Controriforma, poco meno che ingiuriosa. In un'epoca in cui la chiesa cattolica, sgomenta per il dilagare del protestantesimo, cerca d' imporre un'arte edificante e ideologica, Caravaggio dipinge le crude verità della vita: i suoi santi non fissano rapiti il cielo, non congiungono le mani nella preghiera. Nella gloria o nel martirio restano esseri umani, i loro corpi mostrano la fatica, la vecchiaia, la miseria, il peso della carne. Anche la vita dell'artista è di pari fascino. Irregolare, geniale, rissoso fino all'omicidio, frequentatore di prostitute e di giovanetti, pronto a gesti sfrontati come quando getta un piatto di carciofi in facciaa un povero cameriere che lo ha contraddetto. Ma a dispetto di questo sulla sua figura resta sospesa un'ombra d' isolamento. Come ha scritto Giulio Mancini conoscitore d' arte: "Non si può negare che non fusse stravagantissimo". Quella '"stravaganza" possiamo decifrarla come un'inquietudine dovuta a chissà quale torsione dell'animo o forse alla consapevolezza orgogliosa di essere il più dotato tra quanti a Roma dipingevano tele e pale d' altare. Con un termine abusato possiamo dire che i suoi ultimi giorni, e la morte, sono un giallo. Il poco che sappiamo lo dicono i suoi approssimativi biografi. Sappiamo che sbarca a Port' Ercole e che lì, secondo il medico senese Giulio Mancini, appassionato di pittura: "Preso da febbre maligna, in colmo di sua gloria, che era d' età di 35 in 40 anni, morse di stento e senza cura et in un luogo ivi vicino fu seppellito". Altro su di lui non c' è. A parte la gloria. |
L'Opera n. 36
Caravaggio è sconvolgente perché tanto vicino a noi, pittore popolare e umano. Alvaro 06-02-2014 Da 408 anni se ne sta nella penombra, sulla soglia di casa, col figlio in braccio. Paziente, indisturbata perfino quando la città che la circonda diventa una spiaggia per turisti assetati. Le chiese di Roma ospitano quadri che nei musei attirerebbero le folle. Forse li proteggono da una curiosità effimera e sciatta: per vedere un quadro in chiesa, devi cercarlo.
La Madonna dei Pellegrini di Caravaggio ti aspetta nella prima cappella a sinistra della chiesa di sant'Agostino, a due passi da piazza Navona. Molte pitture sacre di Caravaggio destinate a essere esposte in pubblico furono respinte o rimosse con clamore, precipitandolo nella disperazione (il San Matteo Contarelli, La morte della Vergine, la Madonna dei Palafrenieri, la Madonna del Rosario). Non questa.Di Melania Mazzucco L'Autore
Biografia in breveUna vita movimentata come poche, vissuta intensamente e senza sosta.
Ottenne gloria ed onori, si guadagnò l’affetto e la protezione dei potenti e dovunque andava la fama di un talento non comune lo precedeva. Ma affondò spesso, e volontariamente, tra la gente più semplice. Conobbe la fuga, la paura, il disonore, il disprezzo. Cercò la rissa, la violenza e lo scontro. E la sua morte sembra uno scherzo della storia. Michelangelo Merisi nacque nel 1571. Non è certo se il luogo di nascita sia stato Milano o Caravaggio, un paese in provincia di Bergamo, dove la famiglia si era trasferita per sfuggire alla peste. E’ sicuro comunque che egli si firmò sempre Michelangelo Merisi da Caravaggio, per questo meglio conosciuto semplicemente come Caravaggio. Perse il padre prestissimo e la madre quand’era ancora un giovane ventenne. Dopo essersi liberato dei beni di famiglia e dopo i primi contatti con la pittura, nel 1592 lasciò definitivamente la Lombardia e si trasferì a Roma. Qui trascorse qualche tempo come apprendista, presso la bottega di Lorenzo il Siciliano e poi in quella del pittore Antiveduto Grammatica. Entrambe si rivelarono esperienze economicamente poco redditizie e soprattutto poco stimolanti: Caravaggio imparò solo a dipingere velocemente ed in serie. A questi primi anni, risale una delle sue opere più famose:il Bacchino Malato (1593). A 23 anni entrò nella bottega del Cavalier d’Arpino: un pittore molto apprezzato nella Roma del tempo. Qui Caravaggio dipinse una grande quantità di nature morte con fiori e frutta. Ma l’apprendistato presso il Cavalier d’Arpino non durò a lungo: i due pittori si scontrarono presto a causa del carattere irrequieto di Caravaggio. Il 1595 è l’anno della svolta. La vita di Caravaggio cambiò quando conobbe il Cardinale Francesco Maria del Monte, il primo a comprendere il grande talento del pittore. Sotto la sua protezione, Caravaggio otterrà numerose committenze e la sua fama si diffonderà per tutta la capitale. Il Cardinale non solo gli commissionò un gran numero di opere private, per sé e per gli amici, ma gli fece anche ottenere le prime committenze pubbliche. Il rapporto di Caravaggio con le committenze pubbliche e con i soggetti sacri fu però sempre controverso: moltissime pale d’altare e opere a tema sacro che gli erano state commissionate furono poi rifiutate. Il modo in cui egli dipingeva affascinava i suoi contemporanei ma ciò che egli dipingeva, la vividezza e la schiettezza con cui lo faceva era troppo “umana” per essere accettata come oggetto di devozione e venerazione. Così accadde anche per le prime committenze pubbliche con La Conversione e il Martirio di San Matteo. La sua attività artistica fu sempre ostacolata dal carattere del pittore. Assiduo frequentatore di taverne e luoghi poco raccomandabili, era spesso al centro di risse e schiamazzi. La sicurezza con cui ostentava un talento non comune e la facilità con cui scivolava nella violenza gli procurarono non pochi problemi. Molti erano i suoi nemici anche tra i colleghi. In molti casi, riuscì a venir fuori da situazioni difficili solo grazie all’intervento dei suoi potenti amici ed ammiratori. Ma nel 1606, durante una rissa in cui anch’egli rimase ferito, Caravaggio uccise Ranuccio Tommasoni, con cui aveva già avuto altre discussioni precedenti. L’omicidio gli procurò la condanna alla decapitazione. L’unica cosa che potè fare fu fuggire immediatamente da Roma. Tra il 1606 e il 1607 Caravaggio è a Napoli. Qui venne accolto con tutti gli onori che accompagnavano la sua grande fama di pittore. Molti furono i committenti e gli ammiratori, notevole la sua influenza sulla pittura napoletana. Tra le tante opere di questo periodo, vale la pena di ricordare i Sette Atti di Misericordia e il Davide con la Testa di Golia. Nel 1607 Caravaggio parte per Malta. Qui conosce il Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri, che gli fece anche da modello per alcune tele. Nel luglio del 1608 riesce ad entrare anch’egli nell’ordine. Si trattò però soltanto di una breve parentesi. Il 1 dicembre dello stesso anno ne fu allontanato: probabilmente giunse a Malta la notizia della condanna a morte che pendeva sulla sua testa. L’espulsione fu motivata definendo Caravaggio un uomo” foetidum et putridum”( fetido e putrido). Caravaggio si spostò allora in Sicilia. Tra il 1608 e il 1609 fu a Messina, a Catania e a Palermo. Marco Minniti, un vecchio amico del periodo romano, lo aiutò a trovare delle committenze. In Sicilia Caravaggio lavorò molto e molto velocemente. E’ probabile che egli non si sentisse sicuro. La condanna a morte infatti diceva che chiunque avrebbe potuto decapitarlo in qualsiasi momento: sull’isola egli temeva per la sua vita. In questo periodo dipinse il Seppellimento di Santa Lucia e la Resurrezione di Lazzaro. Lasciata la Sicilia, ritornò a Napoli, ospitato dalla Marchesa Costanza Colonna. L’ultimo periodo della vita di Caravaggio è alquanto rocambolesco, in linea, del resto, con tutta la sua vita. Caravaggio infatti venne a sapere della possibilità che la sua condanna a morte fosse revocata dal Papa Paolo V. Si imbarcò segretamente su un traghetto diretto a Porto Ercole, in Toscana: voleva arrivare a Palo, in territorio papale. Ma, per errore, venne arrestato. Rilasciato, tornò a Porto Ercole nel tentativo di recuperare i suoi beni, compresa la tela che gli era necessaria come merce di scambio per la sua libertà. Ma purtroppo la sua nave era già ripartita. In preda alla febbre e alla disperazione per veder svanire le sue speranze di salvezza, Caravaggio vagò delirante sulla spiaggia di Porto Ercole dove morì, a soli 39 anni, il 18 luglio del 1610. Pochi giorni dopo, giunse a Napoli la lettera che lo sollevava dalla condanna. |
Le opereA dispetto di una vita non lunghissima e alquanto movimentata, Caravaggio riuscì a segnare lo sviluppo della pittura seicentesca, imprimendogli un forte interesse verso il realismo e aprendo la strada ad un uso molto innovativo della luce.
Le prime opere compiute risalgono al 1593 e le ultime allo stesso anno della morte. In poco meno di un ventennio generò una grande varietà di soggetti, scene e immagini dalla bellezza straordinaria. NATURA MORTA – Caravaggio segna l’avvio di un nuovo genere di pittura: la natura morta. Da questo momento in poi, fiori e frutta rappresenteranno un filone significativo della pittura italiana. Il dipinto più famoso certamente è la Canestra di frutta (1597 – 1598) che il cardinale Del Monte regalò a Federico Borromeo e che oggi è conservata alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Per la prima volta elevata a soggetto principale di un’opera, neanche la frutta sfugge al realismo di Caravaggio: le foglie sono rovinate e i frutti sono corrosi dai parassiti. Ma proprio perchè assolutamente veri, essi lasciano lo spettatore senza parole. Molto interessante è anche il vaso di fiori che Caravaggio ha inserito nel Ragazzo morso dal ramarro ( 1595 – 1596). La trasparenza del vaso svela i gambi dei fiori in uno splendido gioco di luci e trasparenze. SOGGETTI MITOLOGICI E POPOLARI – Uno dei più conosciuti dipinti di Caravaggio è certamente il Bacchino malato (1593 – 1594), conservato alla Galleria Borghese di Roma. C’è poi la Medusa (1598), commissionata dal Cardinale Del Monte per Ferdinando dei Medici ed oggi conservata agli Uffizi. Molto interessante l’Amor vincit omnia (1602 – 1603) dove l’amorino è ritratto in una posa alquanto insolita. Questo, come molti altri soggetti effeminati di Caravaggio, hanno a lungo fatto discutere circa una possibile omosessualità del pittore, che tuttavia non trova riscontri storici. Moltissimi sono poi i dipinti che raccontano di un mondo spesso ignorato: di vicoli, di gente del popolo, di garzoni, venditori ambulanti e prostitute. E’ un mondo scomodo ma vivo e presente, dal quale Caravaggio era affascinato. Basti ricordare, ad esempio, il Cavadenti (1608 – 1609). RITRATTI E AUTORITRATTI – Caravaggio dipinse il Ritratto di un Cavaliere di Malta (1608) nello stesso anno in cui fu ammesso e poi escluso dall’Ordine dei Cavalieri di Malta. L’occhio cade inevitabilmente sulla casacca del cavaliere e sulla quella grande croce bianca che emerge prepotentemente dal buio. Il suo modello fu Alof de Wignocount, Gran Maestro dei Cavalieri di Malta, per il quale dipinse anche un Ritratto ( 1607-1608). In esso, appare anche un paggio: elemento piuttosto insolito nel genere. In moltissimi dipinti inoltre Caravaggio inserisce se stesso. In Davide con la testa di Golia, dipinto nell’anno della morte, un Davide dal volto triste porta in primo piano una testa da cui gocciola sangue: è la testa di Caravaggio. SCENE SACRE - Moltissimi sono i dipinti che ritraggono Santi, Madonne con Bambino e scene del vecchio e nuovo testamento. La loro rappresentazione è tuttavia sempre atipica e anticonvenzionale, come tutta l’opera e la vita di Caravaggio. Nuova è, ad esempio, è l’ambientazione della Conversione di San Paolo (1600 – 1601), folgorato dalla luce divina nella penombra di una scuderia. Così come appare alquanto particolare la posa in cui il Santo viene immortalato in San Matteo e l’Angelo ( 1602). Le vesti, segnate da uno splendido chiaro-scuro, lasciano scoperto un piede che, secondo i committenti, non dovrebbe invece essere visto. Ma finché si tratta di questi particolari, non c’è nulla di serio. Molto più ardita è la Madonna dei Palafrenieri (1605 – 1606) con quel Gesù che sembra un bambino ai suoi primi passi e con la Madonna che, sporgendosi in avanti, mostra una seducente scollatura. Per non parlare della Morte della Vergine (1605 – 1606): rifiutando il concetto dell’Ascensione in cielo, Caravaggio dipinge una Madonna priva di vita. E ne mostra, senza pudore, le caviglie e il volto gonfio. |
La sua arteLontana dalla sublimazione del sacro a cui i suoi contemporanei erano abituati, la pittura di Caravaggio sconvolse committenti, pubblico, critici e colleghi con immagini di un realismo tale da non lasciare dubbi circa “l’umanità” delle sue figure.
Invece d’innalzare lo sguardo dell’uomo verso il divino, le scene dipinte da Caravaggio portano il divino nel mondo degli umani: un mondo fatto di carne, di corpi e muscoli, di frutta bacata invece che di perfezione, di piedi sporchi e grossolani, di volti contratti in espressioni non sempre eleganti, di passioni, di dolori reali e di morti vere. Caravaggio stupisce continuamente. E non si ferma di fronte al fatto che le sue opere commissionate per gli ambienti sacri vengano rifiutate. Anche perchè per ogni committenza pubblica che le rifiutava ce n’era sempre una privata che si faceva avanti. Rispettoso ma spesso lontano dall’iconografia classica, trova sempre il modo di distinguersi, di firmare le sue opere con un’espressione del volto, con un movimento, con un tratto o un particolare che forse nessun altro pittore dell’epoca avrebbe avuto neppure il coraggio di pensare.Per questo, tra Caravaggio e il suo pubblico non ci potevano essere mezze misure. O si rimane increduli, affascinati e rapiti da immagini che possiedono una così straordinaria vividezza o, come fecero molti, si rifiutano con forza quei corpi che sembrano essere stati presi direttamente dal nostro mondo e trasportati dentro una cornice. Per questo, ebbe alleati potenti che lo difesero spesso da accuse pesanti. E per lo stesso motivo ebbe molti nemici e molti rivali invidiosi. L’umanità delle divinità - Ma come poteva non sconvolgere, non imbarazzare, non creare turbamento un pittore che per dipingere una Madonna usava come modella una donna dai costumi certamente discutibili? Eppure è meravigliosa quella Madonna di Loreto (1603 – 1606) con il piede che, leggermente sinuoso, mostra tutta la sua femminilità. E sono così realistiche le espressioni dei due pellegrini davanti l’ingresso, così naturali quei piedi sporchi, “da pellegrini” appunto, che quasi non ci si rende conto che vengono prepotentemente verso di noi, mostrati in primo piano senza alcun pudore. Ma il problema è proprio questo: che ci scordiamo quasi che sono Madonne e Santi, non semplici uomini e donne. E che dire del Martirio di San Matteo (1599 – 1600)? La luce illumina più il carnefice che il Santo, circondato da una folla in fuga: un brutale e terrificante assassinio, ma un assassinio qualunque. Si potrebbe continuare con un elenco lunghissimo. L’uso di soggetti e modelli popolari, quasi volgari, per soggetti sacri indigna per la sua blasfemia e svela un certo testardo ardire dell’autore. La luce – Il Riposo durante la fuga in Egitto ( 1595 – 1596) è uno dei pochi esempi di opere che Caravaggio ambientò all’aperto. La maggior parte delle scene che egli dipinse si svolgono invece in interni. Ciò permette a Caravaggio di giocare con la luce e con le ombre, sceglierne la fonte e illuminare questo o quel soggetto a suo piacimento. Il forte uso del chiaro scuro genera effetti teatrali di particolare intensità. Esalta la drammaticità delle scene e i dettagli dei corpi. Spesso la luce arriva in maniera quasi brutale a scoprire parti di una scena che altrimenti rimarrebbero avvolte nelle tenebre. In molti casi, non vi sono passaggi di luce graduali: la luce colpisce con potenza, rende plastiche le superfici e forti i contrasti. Svela alcuni dettagli della scena e, senza cercarne la bellezza, tuttavia la crea: le figure emergono con straordinaria forza espressiva. |
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