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Manaö Tupapaü ("Lo spirito dei morti veglia", 1892, Buffalo, Albright-Knox Art Gallery).
"Manaö Tupapaü" di Gouguin
"Per me è semplicemente un nudo oceanico", scrive Gauguin. C'è una ragazza bocconi sul letto, sopra un lenzuolo di foglie di palma e un pareo blu, pronta a fare l'amore. Ma sul suo volto si legge la paura. Di cosa? Una polinesiana non si vergogna, come la biblica Susanna, di essere vista nuda.

Gauguin considera questo dipinto, emblematico per la semplificazione delle forme e l'appiattimento delle superfici, il più importante del suo primo soggiorno tahitiano (non vuole venderlo per meno di 2.000 franchi). Ne spiega più voltela genesi  -  in lettere e racconti di viaggio. Ritiene che il significato di un quadro risieda nell'armonia delle forme, delle linee e delle tinte, e non nel suo soggetto, perciò motiva ogni particolare e scelta cromatica: il giallo del lenzuolo perché il chiarore che emana gli evita di dover escogitare una fonte di luce; il porpora violetto dello sfondo perché adatto a trasmettere inquietudine; i fiori perché necessari come elementi decorativi. Svela così la sua tecnica di composizione, basata sugli accordi musicali del colore.
Sinfonia dei colori per un nudo inquieto
Non dipinge mai dal vero, ma racconta di essere stato ispirato in questo caso da un episodio reale. Una sera, tornando nella sua casa di Mataiea, 45 chilometri a sud di Papeete, lo colpisce la visione di Teha'amana nuda sul letto, nell'oscurità. È la tahitiana di 14 anni, silenziosa, malinconica e beffarda, con cui convive. La sua vahiné. Ma si proibisce di dipingerla come gli appare. Quel nudo "sarebbe indecente". Perché?

La donna nuda è un soggetto glorioso dell'arte europea. Le Veneri di Giorgione e Tiziano, Rubens e Velázquez sono sempre sembrate erotiche, ma non indecenti, anche se si titillavano il sesso. Però Gauguin ha in mente Olympia. La nuda di Manet lo ossessiona. Ne ha eseguito una copia e appeso una riproduzione sulla parete: Teha'amana crede sia la sua donna. Nel 1892 nemmeno la giovane età della modella susciterebbe troppo scandalo. Nelle colonie i bianchi si considerano proprietari dei corpi delle indigene, e Gauguin è partito con l'illusione di diventare un selvaggio e di sottrarsi alla schiavitù del denaro, ma anche per inseguire il mito edenico dell'Eva primitiva, non ancora inibita dalla colpa della caduta. Almeno in questo non è rimasto deluso. Le ragazze di Tahiti, pelle ambrata e morbida, spalle larghe e fianchi stretti, occhi infantili e ingenui, conservano la "bellezza animale del primo giorno" ma hanno sviluppato un'intelligenza acuta e sono capaci di tradire.

Gauguin  -  che secondo van Gogh anteponeva all'ambizione sangue e sesso  -  ne ingraviderà parecchie e ne avrà sempre una accanto, almeno finché la sifilide e l'eczema che lo deturpa non lo renderanno ripugnante anche alla più docile.
Nei primi mesi del suo soggiorno, Gauguin  -  che crede di essersi sbarazzato spensieratamente di famiglia, figli e obblighi della società europea  -  si entusiasma del folclore locale e dà alle sue tele titoli tahitiani. Ma le indigene che ha scelto come guide ai misteri del luogo restano un enigma. Così, sente di dover assegnare al nudo della sua
vahiné un significato simbolico. Forse è proprio in questa confusa necessità che la sua fuga a Tahiti trascende la ricerca di facile esotismo e sregolata libertà.
Se dipingerà la ragazza nuda, sarà per fare "qualcosa di casto": far vivere, attraverso il suo bruno corpo androgino, il suo mondo, i suoi miti, le sue tradizioni.

Perché  -  come Gauguin ha scoperto amaramente  -  essi stanno morendo. Dopo la conversione e l'annessione alla Francia, la società polinesiana è crollata. La cosmologia cancellata, i mara'e abbattuti, i culti annientati. Il cristianesimo ha capovolto valori, soppresso usanze, tradizioni e riti millenari. Ha separato l'uomo dalla natura, insegnato il peccato, represso la musica e la danza  -  principali forme artistiche di un popolo che affidava all'oralità la sua memoria. Malattie sconosciute hanno spopolato le isole, il lavoro coatto e la malinconia falciano i superstiti. Teha'amana non conosce più la storia della sua gente né i suoi dèi. Solo gli spiriti malvagi, che brulicano ovunque e possono manifestarsi in ogni istante.

Così questo "nudo oceanico" comunica la paura della ragazza  -  e un inquietante senso di pericolo. Alle spalle di lei, in un arcano alone di luce, circondata da enormi, fosforescenti fiori di anona (segno della presenza del divino), incombe una figuretta nera. È un fantasma, cui i polinesiani assegnano sempre le fattezze di un morto.

Manaö Tupapaü, spiega Gauguin, ha un duplice significato: "Pensiero. Credenza fantasma. O lei pensa al fantasma, o il fantasma pensa a lei". Anche l'immagine è ambigua e non svela chi sta immaginando chi. Lo spirito fa paura perché è insieme familiare e barbarico. Ricorda la strega delle nostre fiabe, una vecchia bretone dall'inespressivo volto di sasso, col fazzoletto sul capo. Ma anche gli idoli incas, cambogiani e giavanesi di cui Gauguin si era via via invaghito, e gli enigmatici ti'ki polinesiani scolpiti nel legno e nella pietra, esseri sessualmente indeterminati, insieme protettori e geni del luogo, distrutti dai missionari ma sopravvissuti sulle montagne e nelle foreste. Uccisi, gli antenati vegliano sui discendenti che li hanno rinnegati, proiettando su di loro l'ombra della morte. Ma vegliano anche su Gauguin: sono la materializzazione del suo disagio, l'ombra del disinganno che sgretola il sogno di trovare il Paradiso nei Mari del Sud.

Tentando di fondere culture diverse, esprimendo una doppia angoscia, la combinazione ragazza/Tupapaü sintetizza l'esperienza di Gauguin in Polinesia. Infatti il pittore replica questa "Olympia tropicale", con varianti nella posa di lei e nell'iconografia del fantasma; incide più volte il quadro e ne trae una litografia. E nell'autoritratto che esegue a Parigi dopo il ritorno, nel 1893, si raffigura con alle spalle proprio Manaö Tupapaü. Solo anni dopo  -  quando, fallito il reinserimento in Francia, si stabilisce nelle remote Isole Marchesi, in un fa're dal tetto di foglie di pandano  -  il Tupapaü gli svela il suo vero volto. Malato, emarginato, solo, Gauguin sobilla gli indigeni contro le autorità coloniali, civili e religiose, di cui denuncia lo sfruttamento e l'indottrinamento. Una delle sue ultime opere, un monotipo caricaturale, è una dissacrazione di questo quadro così amato: la ragazza ora è Thérèse, la vahiné del vescovo, e il persecutorio Tupapaü il Vescovo stesso nelle sembianze del diavolo. Lo Spirito dei Morti che spaventa le ragazze polinesiane non è indigeno. Gauguin, il vescovo, i bianchi, lo hanno
portato con sé.


Un poeta dell’esotismo visionario
Dall'archivio di Repubblica un articolo di Laura Larcan ripercorre la vita e lo stile del pittore, icona dell'artista errante. Dall'euforia con cui abbraccia l'impressionismo fino ai momenti che lo caratterizzano come il precursore del simbolismo
Tutto nacque da un disagio esistenziale. Da un disgusto verso lo scalpitio della vita moderna, il caos della città, la mondanità scatenata e decadente, la quotidiana lotta per la sopravvivenza. Tutto nacque dall'utopistica ambizione di trovare il regno "dell'estasi, della pace e dell'arte, lontano da questa europea lotta per il denaro". Paradossalmente, se gli impressionisti più veraci avevano trovato nel tourbillon della belle époque la linfa vitale della loro arte, Paul Gauguin che da quell'euforia iniziale aveva preso le mosse - l'artista espose con il gruppo nel 1880 - la rifiutò.

Partito da una convinzione profonda dell'esperienza sperimentale degli amici impressionisti, Gauguin, prima cadetto di marina, poi agente di cambio, infine pittore della domenica, scelse la fuga, sentimental-emotiva, ma anche espressiva. Cercò ambienti di un primitivismo esotico e mistico, cercò calma e voluttà, luoghi di bellezze incontaminate, per esternare un'indole libera e autonoma nei confronti della società. Per collaudare una pratica artistica visceralmente fondata sul colore evocativo di sentimenti puri, e su un sintetismo formale frutto non più di un'estemporanea impressione della realtà, ma di una meditata, visionaria, fantastica e iperdecorativa figurazione. Uno stile che ne fece un pioniere del credo simbolista riconosciutogli a posteriori.

Sempre lontano da Parigi, diventerà l'icona dell'artista errante, cercando conforto e ispirazione prima in Bretagna, a Pont-Aven, poi ad Arles, nella breve e tragica, e di conseguenza mitica, stagione di convivenza con Van Gogh, bruciata dall'inquietudine interiore che tormentava la labile psiche del pittore olandese. Poi ancora in Polinesia, a Tahiti, e nelle Isole Marchesi, a più riprese, dove l'incanto per la bellezza dei luoghi e della popolazione - delle donne, nel dettaglio - lo entusiasmarono a un lavoro quasi etnologico nei confronti di questa civiltà, allo studio degli indigeni e dei costumi locali.

La vita nel paradiso ritrovato dell'Oceania non sarà comunque così incondizionatamente felice. La sua esistenza fu segnata da malattie, dall'alcolismo, dalla sifilide, da un tentativo di suicidio e - durante il suo secondo soggiorno nelle Isole Marchesi, dove si trasferisce nel 1901 - da un periodo di detenzione per aver istigato gli indigeni alla ribellione. Eppure qui, Gauguin aveva costruito e decorato la sua nuova casa in stile locale chiamandola "Casa del piacere".
La casa e il terreno circostante diventeranno di per sé un'opera d'arte, con stipiti e architravi intagliati, decorazioni scolpite in giro per la proprietà e un giardino dove pianta girasoli importati dalla Francia.

Ma la visione fantastica del Pacifico diventa sempre più simile a un incubo. Morirà a Hiva Oa nel 1903, a 55 anni. E come vuole la tradizione degli artisti borderline, anche la fine di Gauguin offrì episodi esasperati. Sembra che in pochi seguirono il feretro di Gauguin al suo funerale e la solennità dell'occasione fu guastata da una lite sul fatto che l'artista, considerato reprobo, desiderasse o meno essere sepolto in terra consacrata. Di fatto, l'unica terra adatta sarebbe stata quella dell'Arcadia.

(...) Un'arte tra mito e sogno, quella di Gauguin perché, come sottolinea Stephen F. Eisenman "nessun artista, né prima né dopo, ha così assiduamente raffigurato l'incontro tra un colonizzatore europeo e gli indigeni, né trasformato in modo così radicale tale difficile rapporto in opere altrettanto incantate ed inquietanti. Gauguin, l'artefice di miti e sogni, Gauguin il Simbolista era anche Gauguin il virgiliano ed il classicista, i cui modelli di pensiero sono strettamente legati all'arte ed alle tradizioni letterarie di Roma antica. Allo stesso tempo, Gauguin era una specie di Odisseo incerto e di maniera, che vagava per i mari vivendo una vita d'avventura ma anche di privazioni, agognando il ritorno al protettivo rifugio di amici e famiglia. A differenza di Odisseo, però, lui non fu in grado di resistere al canto delle sirene e morì esule, a seimila miglia da casa".

(...) dall'esordio di gusto impressionista, nel 1880, molto influenzato dall'amicizia con Pissarro, dopo una formazione familiare distante anni luce, un'infanzia in Perù, nella casa del nonno materno don Tristan, dove l'artista vive fino all'età di sette anni, circondato da lusso e da tenerezze (il primo paradiso perduto), e l'avventura da marinaio semplice a diciassette anni su un mercantile per il Sudamerica, fino alla partecipazione alla guerra franco-prussiana del 1870. Per poi approdare a un lavoro da agente di cambio e al matrimonio con una giovane danese, Mette Sophie Gad, dalla quale avrà cinque figli. Nel 1883, forse a seguito di un crollo finanziario della borsa, Gauguin conosce la miseria in concomitanza con la separazione dalla moglie che ritorna a Copenaghen con i bambini. E lui sceglie comunque l'arte: lascia il suo lavoro, si trasferisce a Rouen in casa di Pissarro, e comincia a vagheggiare un'idea di arte di fascinazione primitiva.

Ed ecco lo sbarco in Bretagna. "Amo la Bretagna. Qui trovo il selvaggio, il primitivo. Quando i miei zoccoli risuonano su questo suolo di granito, sento quella tonalità sorda, opaca e potente che cerco di ottenere nella pittura", scriveva ai suoi amici Gauguin.

In questa terra al tempo stesso vicina e remota, Gauguin aveva trovato qualcosa di impareggiabile, sia nei paesaggi della campagna e della costa, nelle sculture delle cappelle, nella pietà popolare, sia nei costumi tradizionali. Un soggiorno di mistico ritiro ma anche di svolta artistica. E qui, dove Gauguin animò la cosiddetta 'Scuola di Pont-Aven', cioè di un gruppo di artisti che, influenzato dalla dirompente originalità del suo linguaggio, seppe innovare gli stanchi stilemi di una tradizione pittorica ancora accademica, fortunato e proficuo, fu l'incontro tra Gauguin ed Émile Bernard, che ha condotto all'elaborazione di una tecnica, il 'sintetismo', basata sulla conoscenza delle stampe giapponesi e del 'cloisonné', antica tecnica con cui venivano realizzate le vetrate medievali.

Si proponeva, in tal modo, il superamento della lezione degli impressionisti, contrapponendo alla loro 'impressione' la traduzione in pittura della visione soggettiva-simbolista. I soggetti, non ritratti dal vero, ma recuperati da immagini mnemoniche, vengono caricati di continui rimandi simbolici, espressi con forme e colori (...)

Tutto sembra avere per l'artista una valenza antinaturalistica, i ritratti diventano icone vagamente religiose nella fissità iconica, i colori vengono distribuiti a larghe campiture piatte dall'effetto bidimensionale e puramente decorativo. Uno stile esasperato dall'esperienza di Tahiti, dove le opere sembrano evocare la semplicità esistenziale delle popolazioni primitive. I colori diventano sempre più protagonisti, stesi con la spatola e rifiniti solo col pennello su grossolane tele di iuta. Colori che diventano compatti, puri, a sostanziare le figure massicce e severe che si stagliano su uno scenario ravvicinato, senza profondità, senza prospettiva. Le forme delle sue donne sono silhouette lineari scandite per larghe zone di colore, le loro vesti, quando ci sono, cadono senza pieghe, senza il minimo gioco di chiaroscuro. I contorni tracciano i corpi in modo netto e preciso, ma è nella natura che Gauguin predilige pennellate più morbide e sfumate, per nebulose di colore.

Gauguin è il poeta naif del giallo oro della terra e del blu violaceo della pietra, del verde smeraldo dei prati e dell'arancio increspato di marrone della pelle degli indigeni. Gauguin è il poeta dell'esotismo più visionario, che restituisce luoghi incontaminati col potere assoluto dei colori.

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L'Opera n. 34
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la Repubblica del 25-08-2013
"Per me è semplicemente un nudo oceanico", scrive Gauguin. C'è una ragazza bocconi sul letto, sopra un lenzuolo di foglie di palma e un pareo blu, pronta a fare l'amore. Ma sul suo volto si legge la paura. Di cosa? Una polinesiana non si vergogna, come la biblica Susanna, di essere vista nuda.

Gauguin considera questo dipinto, emblematico per la semplificazione delle forme e l'appiattimento delle superfici, il più importante del suo primo soggiorno tahitiano (non vuole venderlo per meno di 2.000 franchi). Ne spiega più volte la genesi - in lettere e racconti di viaggio. Ritiene che il significato di un quadro risieda nell'armonia delle forme, delle linee e delle tinte, e non nel suo soggetto, perciò motiva ogni particolare e scelta cromatica: il giallo del lenzuolo perché il chiarore che emana gli evita di dover escogitare una fonte di luce; il porpora violetto dello sfondo perché adatto a trasmettere inquietudine; i fiori perché necessari come elementi decorativi. Svela così la sua tecnica di composizione, basata sugli accordi musicali del colore.  (Melania Mazzucco)


L'Autore
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Autoritratto
Paul Gauguin nasce a Parigi nel 1848 e già l’anno successivo la madre, «una vera bambina viziata» e giovane vedova, si rifugia a Lima (Perù) dal nonno materno, don Mario Tristan y Moscoso. La casa di don Tristan, dove l'artista visse fino all'età di sette anni, Due donne tahitane sulla spiaggia circondato da lusso e da tenerezze, sarà il primo paradiso perduto, rimpianto da Paul Gauguin. Nel 1855 la famiglia, si trasferisce a Orléans e Paul Gauguin frequenta con scarso rendimento, il Piccolo Seminario. Tuttavia il soggiorno in Perù resterà importante per l'artista, in quanto fonte di  conoscenza di una civiltà diversa da quella occidentale. A diciassette anni Paul Gauguin si imbarca come marinaio semplice a Le Havre e due anni dopo, nelle Indie, viene a conoscenza della morte della madre, la quale gli ha scelto come tutore Gustave Arosa, un fotografo e collezionista di quadri moderni.

Questo primo contatto con l'arte moderna ha breve durata perché il giovane deve reimbarcarsi per adempire agli obblighi militari dai quali sarà libero solo all'indomani della Comune. Nel 1873, Paul Gauguin sposa una giovane danese, Mette Sophie Gad, dalla quale avrà cinque figli. Gli affari prosperano e questa agiatezza gli consente di acquistare numerosi quadri impressionisti. Influenzata da Pissarro, la tavolozza del pittore «dilettante» diventa più chiara; nel 1879 egli partecipa alla quarta mostra impressionista e in questa occasione Joris-Karl Huysmans nota la sua opera. Nel 1883, forse a seguito di un crollo finanziario della borsa Paul Gauguin conosce la miseria, la quale giunge in concomitanza alla  Cavalieri sulla spiaggia separazione dalla moglie Mette, che ritorna a Copenaghen con i bambini. Obbligato dapprima a vendere una parte della sua collezione, Gauguin si vede in seguito costretto, durante l'inverno 1885-86, a svolgere i mestieri più umili. Sopraggiunta l'estate si stabilisce a Pont-Aven. Il bisogno di reagire alla fragilità strutturale dell'impressionismo ortodosso, reazione condivisa dai neoimpressionisti, lo allontana da questo movimento per l'interesse che Paul Gauguin rivolge più alla sostanza delle cose che alla luce. Nel 1887, Gauguin non riesce a rinunciare al fascino dei tropici: in compagnia del pittore Charles Laval, si reca a Panama e poi alla Martinica. Dolci, compatte e vellutate, le opere eseguite alla Martinica lasciano intravedere sprazzi di colore rivelatori.

Bisognerà però attendere l'anno seguente, che Paul Gauguin trascorrerà quasi interamente a Pont-Aven, per vedere il suo stile prendere consistenza. Infatti, molto presto Paul Gaugin realizza "La visione dopo il sermone" (1888, National Gallery of Scotland, Edimburgo) nella quale giunge alle estreme conseguenze della sua formula: lo spazio a due dimensioni della tela si sostituisce a quello tridimensionale ereditato dal Rinascimento. Da quel momento, tutti i quadri di Paul Gauguin dovranno essere letti (o più esattamente, tenderanno a essere letti) come elencazioni dall'alto al basso e da sinistra a destra piuttosto che suggestione di oggetti collocati gli uni dietro gli altri su piani diversi. Il rifiuto della prospettiva genera una rappresentazione a carattere irrazionale, particolarmente adatta  La donna del re all'espressione delle realtà spirituali. Su questa strada Paul Gauguin non tarderà molto ad apparire come il pittore simbolista per eccellenza, apprezzato anche da giovani poeti e critici, come Albert Aurier e Charles Morice. Inoltre egli sarà considerato da Paul Sérusier, portavoce dei Nabis, il profeta della costruzione della tela attraverso il colore steso uniformemente, cioè idealizzato (al contrario di Cézanne, per il quale il colore riveste una funzione essenzialmente materialista). Il piccolo Talismano che Sérusier esegue in quella stessa estate del 1888, su indicazioni di Paul Gauguin, non solo può essere considerato il primo quadro «fauve», ma anche il manifesto di una pittura liberata dai suoi pretesti figurativi, tutto sommato la prima pittura astratta.

I due mesi che Gauguin trascorse ad Arles, verso la fine del 1888, in compagnia di Van Gogh (e il cui epilogo sarà drammatico) stabiliscono l'incompatibilità non solo tra due temperamenti, ma tra il realismo allucinato di Van Gogh e le metafore plastiche di Paul Gauguin. All'inizio del 1889, in occasione dell'Esposizione universale, Paul Gauguin organizza al café Volpini una mostra del «gruppo impressionista e sintetista», dove le sue opere si trovano vicine a quelle di Bernard, Anqueti, Laval, Emile Schuffenecker e di qualche altro artista. L'esposizione è un fallimento, ma Gauguin assume il ruolo di capofila, e numerosi giovani pittori si stringono intorno a lui. Si è detto a volte che egli si sia lasciato sfuggire l'opportunità di «essere il grande pittore del simbolismo, colui al quale si ispiravano poeti e letterati, primo tra tutti Mallarmé». Questo perché Paul Gauguin, attratto di nuovo dal desiderio di partire, dopo aver progettato mete quali la Martinica, il Tonchino, il Madagascar, decide infine per Tahiti, seguendo così una suggestione di Van Gogh. Grazie all'intervento di Octave Mirbeau, viene organizzata una vendita all'asta deiNave nave mahana quadri di Gauguin e con i proventi, l'artista acquista un biglietto di sola andata per Tahiti, ove giungerà l'8 giugno 1891. Il soggiorno di Gauguin a Tahiti coincide con il raggiungimento di quel vigore espressivo che prorompe dalle opere esposte a Parigi nel 1893. La sua pittura è un eterno invito a sognare il quotidiano, o meglio a trasformarlo alla luce del desiderio: non è perciò concepibile che il mondo si trasformi solamente sulla tela. A Tahiti Paul Gauguin può vivere pienamente, in armonia con la sua esistenza ormai mutata, anche per quanto riguarda l'amore. Teha'amana e le altre vahiné non sono solo lontane dalla severa Mette e dallo schema repressivo della famiglia occidentale; il loro ruolo è importante sia sulla tela, sia nell'intimità dell'artista. Grazie a esse, il rifiuto della prospettiva ereditata dal Rinascimento diventa anche rifiuto della staticità, celebrazione della bellezza del momento fuggente, elogio del piacere sensuale, fontana dell'eterna giovinezza. Stabilitosi a Mataüea, sulla costa meridionale, Paul Gauguin lavora con accanimento, fino a che la sua pittura entra in sintonia con gli esseri e i paesaggi. L'annuncio di un'eredità lasciatagli da uno zio lo induce a fare ritorno in Francia: sbarca a Marsiglia il 4 agosto 1893. In novembre l'esposizione delle sue tele tahitiane da Durand-Ruel si risolve, in un fallimento. Nel 1894, dopo aver reso un'ultima visita a Mette a Copenaghen, Paul Gauguin si frattura una gamba durante una rissa con dei marinai nel porto di Concarneau. Deciso a far ritorno a Tahiti, organizza un'altra vendita delle sue tele all'hotel Drouot, con una presentazione di August Strindberg, ma l'accoglienza riservata ai suoi quadri è così negativa che la maggior parte di essi rimarrà invenduta. Gauguin si imbarca allora a Marsiglia per Tahiti, dove si stabilisce nel luglio del 1895, questa volta sulla costa occidentale, a Punaauïa. Le sue condizioni di salute si aggravano tanto da costringerlo a trascorrere lunghi periodi all'ospedale di Papeete. L'alcolismo, la sifilide, un periodo di detenzione, oltre che l'avversione di coloro che lo accusano di incoraggiare «l'anarchia indigena», amareggiano i suoi ultimi anni, ma egli è consolato dalla presenza assidua di nuove vahiné; di questo periodo sono le due versioni di "I cavalieri sulla spiaggia". Muore a Hiva Oa nel 1903. La sua esperienza artistica, influenzerà anche la ricerca dei fauves e degli espressionisti tedeschi, ma per le ragioni descritte è stato, fra tutti i grandi profeti dell'arte moderna, quello la cui gloria fu più frequentemente messa in discussione.


Gauguin, alla ricerca della bellezza primitiva


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