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  • Compianto su Cristo morto - Giotto
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COMPIANTO SU CRISTO MORTO

Qui vi è rappresentata tutta la disperazione dell'umano dolore. Ma il dolore non è solo in terra, rimbalza anche in cielo da un angelo all'altro.
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Il "Compianto su Cristo morto", affresco di Giotto, Cappella degli Scrovegni a Padova.
Autore: Giotto
Collocazione: Cappella degli Scrovegni, Padova
Analisi dell'opera
Il genio e l'artista
La produzione e la tecnica
L'uomo e il suo tempo
L'eredità dell'artista
Il suo percorso formativo
Documenti, testimonianze.
La vita di Giotto in breve.
Dove vedere altre opere di Giotto.

Cielo e terra accomunati nel dolore. Di Armando Sodano.

Il dipinto di Giotto rappresenta l'episodio, tratto dal Vangelo, che descrive il momento quando il corpo di Gesù, dopo essere stato deposto dalla croce, viene avvolto in un lenzuolo bianco, non prima, però, di essere stato cosparso di unguenti profumati, per poi sistemarlo nel sepolcro. Tutto avviene sullo sfondo di un desolante paesaggio, dove un albero spoglio fa da richiamo alla morte di Cristo e testimonia il dolore universale conseguente al suo sacrificio. C'è una altissima sensazione di drammaticità, in questo dipinto, che Giotto realizza   attraverso una sapiente composizione e distribuzione degli elementi rappresentati, convergenti tutti verso la Madonna che abbraccia Cristo, suo figlio. Le linee, le figure, ogni gesto e sguardo convogliano l’osservatore verso quell'ultimo, interminabile, abbraccio.
Lo sguardo dell’osservatore è guidato dalla linea obliqua della collina, dove in cima al pendio giace l'albero spoglio, giù verso l’abbraccio disperata della mamma. Ma è anche una linea che invita il mondo mortale verso il cielo, dove è riposta la speranze della vita eterna indicata dalle piccole gemme che spuntano tra quei rami spogli dell’albero.
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Al  di là del pendio un cielo azzurro, aperto, infinito, al di qua un mondo finito,  caduco e di dolore.
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Ma i due mondi sono legati da un unico tema, quello del dolore che diventa, così, universale. Il dolore umano delle donne e degli apostoli è unito al dolore divino che si manifesta, attraverso gli angeli, in modo altrettanto forte e, forse, anche più disperato per quella gestualità accentuata degli angeli che, impazziti, sembrano contorcersi sotto la spinta di un dolore eccessivo che, trasalendo da quell'umanità sofferente fino al cielo, vi rimbalza da un punto all'altro.
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Il dolore umano si esplica in diverse interpretazioni. Da quello misto a pietà della Madonna che abbraccia Cristo come a non volerlo più lasciare, a quello sconsolato della Maddalena che umilmente e delicatamente ne sostiene i piedi segnati dai chiodi. Dalla donna, Maria di Cleofa, che sostiene per le mani Gesù, in un tentativo di risveglio, come a non voler credere che sia morto, a quello rassegnato e muto delle figure immobili rappresentate di spalle.
Emblematica è la figura di Giovanni che, allargando le braccia in segno di profonda disperazione, piangendo, grida il suo dolore. Con il suo gesto compone, rispetto al pendio obliquo della collina, il simbolo della croce. La posa al centro della scena drammatica, viene quindi a saldare il dolore umano a quello celeste e al tempo stesso a confortare l'umana speranza di salvezza, che è rappresentata proprio dalla croce quale simbolo del sacrificio supremo.
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Anche il dolore degli angeli, che come nuvole punteggiano il cielo,  è indagato da Giotto come quello umano, facendoli compartecipi dell'evento: c'è un piccolo angelo colpito da un dolore  così insopportabile da inarcarsi all'indietro; c'è chi congiunge le mani ai lati del volto in un atteggiamento di meraviglia e di incredulità, come se non possa credere alla morte di Cristo; c'è chi per la disperazione porta le mani tra i capelli e chi, infine, come gli uomini, prorompe in un pianto liberatorio del dolore.

Dolore e speranza.

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In tanto dolore, Giotto non fa mancare elementi positivi e di speranza.
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 A parte la gamma chiara degli splenditi colori dei vestiti, rosa, verde, lilla, giallo, arancione, delicati e luminosi, che lasciano pensare a una luce interiore che dà speranza al dramma, in verticale all'albero spoglio,  ma con piccole gemme affioranti, soggiacciono, in piedi e in silenzio due personaggi, come in disparte e in attesa.
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 Sono, forse, Pietro e Paolo - o più probabilmente Nicodemo e Giuseppe di Arimatea che, secondo il racconto evangelico, deposero Gesù dalla Croce dopo averne chiesto il corpo a Pilato. L'uno con espressione desolata e dolente, l'altro, seppur rassegnato, in posa calma e rilassata attende alla volontà di Dio. Cristo è morto, come è stata la Sua volontà, ma non ha promesso anche  la sua resurrezione? 

Cappella degli Scrovegni, qui, nel 1303, ebbe inizio, con la novità dell'arte di Giotto, la grandiosa rivoluzione della pittura occidentale. Finalmente la pittura, staccandosi dalla sacralità e astrazione dell'arte bizantina, penetra nella vita di ogni giorno, incominciando a raccontare il "profano" che acquisisce, così, dignità e serietà. Grazie alla sua arte, Giotto riduce il distacco tra sacro e profano.
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Cappella degli Scrovegni, Padova.
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Interno della Cappella
Nel ciclo degli affreschi della Cappella degli Scrovegni di Padova Giotto sviluppa tre temi principali: gli episodi della vita di Gioacchino e Anna (riquadri 1-6), gli episodi della vita di Maria (riquadri 7-15) e gli episodi della vita e morte di Cristo (16-39).
In basso a questi affreschi, una serie di riquadri illustra le allegorie delle Virtù (41) e dei Vizi (42).

 La storia. Nel 1300 il terreno venne acquistato da Enrico Scrovegni ricchissimo banchiere padovano.
Nel 1302 il vescovo di Padova approva la costruzione della Cappella intitolata a Santa Maria della Carità, che sarà conosciuta come Cappella degli Scrovegni, ma pure come Cappella Arena, perché è stata costruita sul sito di un anfiteatro romano.
1303 - I documenti suggeriscono che in un momento non ben precisato dell'anno Giotto inizia a dipingere gli affreschi. Si noti, che nessun documento cita mai per nome Giotto.
Nel marzo del 1304 Papa Benedetto XI, rilascia la concessione di indulgenze ai visitatori.
Le persone intanto affollano la cappella non solo per le indulgenze promesse dal papa, ma per vedere gli affreschi, che erano a buon punto. 
1305 - Sorgono invidie e rivalità: gli altri monaci padovani si lamentano perché la cappella è troppo lussuosa e le enormi campane suonano troppo forte per una chiesa di famiglia. 
Giotto termina gli affreschi nella sala principale.
1317-1320 Anche la zona dietro l'altare è finita. I dipinti e gli affreschi sono realizzati da un mediocre pittore padovano nello stile di Giotto.Quest'area ospita la tomba di Enrico e sua moglie.

Rinasce la pittura

Padova 1303-1305, Cappella degli Scrovegni, Storie di Cristo (affresco, cm 200x185). Il Compianto su Cristo morto è una delle Scene della vita di Cristo, dipinte lungo le pareti della Cappella degli Scrovegni. Queste fanno parte del ciclo di affreschi comprendenti anche il Giudizio Universale, le Storie di Gioacchino e della Vergine, cui la cappella interamente dipinta è dedicata, e le Allegorie dei Vizi capitali e delle Virtù. La decorazione dell'intero ciclo pittorico fu affidata da Enrico Scrovegni a Giotto, maestro fiorentino di chiara fama, già noto a Padova per aver lavorato alla perduta decorazione a fresco della basilica francescana di Sant'Antonio. I lavori si protrassero per circa tre anni, a partire dal 1303. L'ampiezza della cappella, la quantità di affreschi eseguiti e la relativa rapidità con cui si conclusero i lavori di decorazione, legittimano la supposizione della presenza di collaboratori alla colossale impresa. Ma la personalità di Giotto è talmente dominante da rendere difficile l'individuazione e la precisazione d'intervento delle diverse mani. A definire la situazione drammatica del Compianto su Cristo morto è l'insieme della composizione più ancora che l'atteggiamento dei personaggi, resi monumentali dalla pienezza dei volumi. A questa fa riscontro una garbata delicatezza, un'abile cura del dettaglio, rimarcate dall'uso di un colore molto sottile. La potenza del racconto giottesco sta nella concretezza della realtà rappresentata e nello stesso tempo nella proiezione al di fuori della temporalità storica dell'evento, che assume un significato evangelico eterno.

Nella Cappella degli Scrovegni

La cappella è costituita da un ambiente rettangolare coperto a botte, con pareti nude, prive cioè di partizioni architettoniche. Un fregio piatto e monocromo con piccoli inserimenti di medaglioni colorati corre intorno alle figurazioni che ricoprono integralmente le pareti, la contro facciata e l'arco trionfale. Alcuni medaglioni con raffigurazioni di santi decorano la volta. Entrando nella cappella, sulle pareti laterali in basso si vedono le Allegorie dei vizi capitali, a sinistra, e le Allegorie delle Virtù, a destra; sopra, sui tre registri superiori corrono le Storie di Cristo e le Storie di Gioacchino e della Vergine. Già dal1300 Enrico Scrovegni aveva comprato il terreno intorno all'Arena per edificarvi il suo palazzo e la cappella privata, per la quale ben presto ottenne un permesso dal vescovo Ottobono dei Razzi e la sua dedicazione alla Madonna. In realtà non si trattava solo della cappella gentilizia della famiglia, ma della cappella dell'ordine dei Cavalieri gaudenti cui Enrico Scrovegni apparteneva.  La cappella fu consacrata il 25 marzo del 1305. Per Quella data il ciclo pittorico, iniziato nel 1303, era probabilmente terminato: un Antifonario della Biblioteca capitolare di Padova del 1306 mostra di conoscere molto bene gli affreschi di Giotto.

Cappella degli Scrovegni: schema ed elenco degli affreschi.

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Breve descrizione degli affreschi

GIUDIZIO UNIVERSALE
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Nella parete di contro-facciata, che non compare nello schema qui sopra, in un spazio sacrificato da ben due apertura, Giotto ha dipinto uno straordinario Giudizio universale, disposto anch'esso, come gli affreschi, su quattro registri.

Decorazioni.
Oltre alle storie a fresco sulle pareti, la decorazione presenta sulla volta dieci medaglioni con Gesù, Maria e e Profeti.

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