Lo scriba, l'archĭtectus, l'ideatore di uno tra i primi e più originali anfiteatri dell'antichità.28/9/2020
Una cosa era il disegno dell'ellisse in piccola scala, utilizzando il metodo che gli aveva insegnato suo padre, un'altra cosa la sua costruzione in scala reale utilizzando quel sistema di costruzione empirico. 213 piedi di lunghezza e 110 di larghezza, erano misure considerevoli per un'area da perimetrare, intorno alla quale costruire l'anfiteatro che il Magistrato romano voleva regalare alla città di Abella, a seguito della suo nomina; sperando che arrivasse anche quella di Cavaliere per suo figlio, e altri successi personali nella scalata sociale e di potere, così da poterli festeggiare con sorprendenti e spettacolari eventi gladiatori che la stessa Roma ancora non conosceva.
Farlo con i tradizionali strumenti topografici per misurare distanze e angoli (regolo, squadro, groma, compasso, livella), applicando le formule trigonometriche, che pure bene conosceva, era un procedimento lungo e laborioso, a maggior ragione se si trattava di realizzare quella curva perfetta alla quale aspirava. Farlo in modo pratico, ma preciso, come in quella notte tormentata, fredda e luminosa, con ancora negli occhi la presenza di suo padre apparso in sogno, era molto più complicato in dimensione reale.
Il problema non era trovare la corda, che comunque doveva avere una lunghezza di ben 213 piedi, ma come poterla manovrare agevolmente, una volta legate le sue estremità ai due picchetti indicanti i fuochi sull'asse maggiore della futura arena, per determinare i punti nei quali conficcare i picchetti per la delimitazione e costruzione del muro intorno all'arena, dal quale sarebbe poi scaturita tutta la costruzione geometrica dell'anfiteatro.
Stava fissando ancora quel solco ellittico, con stretti nelle mani il laccio di cuoio sottratto al suo sandalo e i tre bastoncini che aveva usato nel disegnare quella forma ancora ben marcata nel suolo, quando gli balenò l'idea che avrebbe potuto utilizzare un anello di ferro, nel quale far scorrere la lunga corda. Un anello agganciato a un altro anello, più grande e tale da contenere il picchetto di legno ben appuntito, a sua volta unito a un anello più piccolo legato a un'altra corda, da utilizzare per mettere in trazione quel sistema che avrebbe consentito di picchettare tutta l'arena in modo semplice, veloce ed efficace. Convinto, sicuro e fiducioso, si precipitò in cantiere per ordinare al fabbro di costruirgli quell'arnese fatto di tre semplici anelli.
Il sole si era appena levato, ma non c'era tempo da perdere. Aveva fretta il Magistrato di Abella, ancor di più fremeva lui, lo scriba, l'archĭtectus, l'ideatore di uno tra i primi e più originali anfiteatri dell'antichità.
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Il restauro dell'anfiteatro di Avella rientrava nel progetto per la realizzazione di un parco archeologico che valorizzasse la zona degli scavi, sfruttando la possibilità di utilizzare l’anfiteatro per spettacoli, principalmente estivi visto il clima, nella sua ampia arena.
Per il parco archeologico, il progetto ipotizzava la realizzazione di un tracciato viario pedonale ricalcando in parte quello della città romana, individuando così nell'area delle "insulae" da sottoporre a scavi archeologici. Questo tracciato viario doveva essere accompagnato da una alberatura alquanto atipica per la zona, quali pioppi, cipressini e cipressi, prevedendo anche la formazione di piccole aree di sosta ubicate agli incroci di queste vie pedonali. All'interno delle insule era prevista anche la possibilità di realizzare campetti da gioco e sport all'aperto. Per le parti da costruire, come una biglietteria e relativo deposito, era prevista la possibilità di sfruttare il dislivello del terreno esistente in maniera da collocarli in posizione parzialmente interrata per non disturbare il contesto. Per le restanti parti del perimetro a maggior pendenza, il dislivello sarebbe stato trattato con una scarpata a verde, permettendo una delimitazione verso il parcheggio e la prevista nuova strada comunale. Per quanto riguarda il restauro dell'anfiteatro si comprende, dalla pianta in figura ricavata da quella del progetto, come esso mirasse in primis al restauro conservativo delle strutture emergenti, in previsione anche di un suo utilizzo per spettacoli che richiamassero pubblico, ma non certo da grandi numeri, data l'importanza archeologica perciò l’interesse culturale del sito. Infatti, l'intervento si preoccupa principalmente di mettere in vista il complesso monumentale, evidenziandone strutture, forme geometriche e tutto l'insieme compositivo dello spazio che lo contiene, integrato in percorsi pedonali, verde e ruderi. Il fulcro resta, come sempre, l'arena che può accogliere lo spettacolo, con i suoi protagonisti, e parte di pubblico, mentre una restante parte può essere accolta sulle gradinate ricostruite, in ambi i lati, su una metà della media cavea, lasciando libera e a vista l'altra metà, tutto il podio e l'ima cavea, come libere e a vista sono le basi delle arcate dell'alta cavea. A queste gradinate il pubblico può accedervi comodamente attraverso percorsi esterni o dalla stessa cavea, tramite apposite rampe e gradini. È evidente come in questo progetto, redatto dagli architetti Siola e Rabitti per il Comune di Avella nel lontano 1986, il protagonista di ogni spettacolo sia, oltre agli artisti che vi si esibiscono, il monumento che diventa esso stesso contenuto dello spettacolo, mentre anche lo stesso pubblico è partecipe e messo ben in condizione di godere ampiamente dell'uno e dell'altro. Ma questo, oggi, lo possiamo soltanto raccontare, perché le cose sono andate un po’ diversamente, sperando in una "nuova primavera" per il nostro caro e amato Anfiteatro Avellano, visto anche l’ “entusiasmo” di cui è tanto circondato. |
A cura di Armando Sodano
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