Archeologia di Werner Johannowsky
Da "Avella, appunti e note. Archeologia" (a cura dell’Associazione Turistica Pro Loco Abella e del Gruppo Archeologico Avellano), Avella, 13 ottobre 1979, pp. 17-30.
L’antica Abella, il cui abitato coincideva, almeno in età sannitica e romana, in parte con il più orientale dei due nuclei dell’attuate centro storico, era, anche se superata in importanza e grandezza dalla vicina Nola, fra i centri medio-piccoli della Campania, uno dei non meno ragguardevoli.
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L’unico avvenimento storico di un certo rilievo di cui sappiamo dalle fonti scritte è la fedeltà a Roma durante la guerra sociale (91-89 a.C.) che fu punita nell’87 a.C. con la distruzione da parte dei sanniti che ancora occupavano Noia. Mentre le testimonianze di epoca preistorica -- nella fattispecie si tratta di vasi e frammenti del periodo di transizione fra l'età del rame (encolitico) e l’eta del bronzo, intorno al 2000 a.C. -- poco contribuiscono, data la loro scarsità e il costume casuale della loro scoperta, alla ricostruzione di tale periodo storico, si può avere un quadro più organico, anche se tutt'ora assai lacunoso, dal periodo intorno al 700 a.C. Siamo all'epoca iniziale della colonizzazione greca lungo le coste della Campania. che ha portato già a vivaci scambi con gli etruschi insediatisi già prima a Capua e forse a Nola, e con le popolazioni italiche -- nella fattispecie gli Oschi -- in parte in via dl etruschizzazione. ma in gran parte anche gelose delle loro tradizioni culturali.
Di tutta la prima metà dcl VII secolo a,C conosciamo solo oggetti sporadici, che provengono da un settore della necropoli in cui non è stata ancora possibile un’indagine scientifica, ma di cui alcuni non importanti come testimonianza di rapporti esterni. Una oinochoe con decorazione geometrica data bile verso il 700 a.C. Imita modelli corinzi ed è stata importata evidentemente da Cuma, ed un askòs della stessa epoca, in uno stile geometrico di carattere assai diverso proviene dalla Daunia come altri vasi analoghi da Caudium (Montesarchio). Suessula (Cancello) e Pitecusa (Ischia).
Relativamente ben conosciuto è invece il periodo orientalizzante recente (650-545 a.C. circa), del quale è stato scavato un notevole numero di tombe sia nella necropoli NE. (località S. Paolino e zone attigue) sia ad Ow. della città antica (località S. Nazzaro), mentre non conosciamo ancora nulla delle aree abitate, anche se ritrovamenti fortuiti in località Campopiano potrebbero far pensare a nuclei scarsi. Le tombe finora note sono ad inumazione a fossa semplice e contenevano spesso ricchi corredi con ceramica locale e vasi importati.
Contrariamente a quanto avviene nella vicina Nola, dove le ceramiche di gran lunga prevalenti sono in tale periodo il bucchero e le imitazioni di vasi corinzi, con le stesse forme che si sono trovate anche a Capua il che sembra confermare ‘I carattere etrusco della città, ad Avella prevalgono i vasi d’impasto a superficie nerastre. Mentre le olle a bombarda. di solito con quattro prese spesso unite da un cordoncino, sono come in gran parte dell’italia centro-meridionale la forma più frequente della ceramica comune; fra i vasi da tavola sono particolarmente caratteristiche le coppe a due anse, le coppe su alto piede a trafori circolari, le tazze con ansa cornuta. gli askòi, le anfore con collo a clessidra ed abbastanza frequenti le brocche, in parte con bocca trilobata. Il motivo decorativo più tipico, che ricorre soprattutto sulle coppe e sulle anfore, e una lambda a rilievo, mentre in altre forme la decorazione è incisa o impressa con la rotella dentata; tra gli oggetti di ornamento personale in bronzo o in ferro le fibule sono dei tipi più diffusi in Campania e mentre nelle tombe maschili prevale quella ad arco insellato con ghiande sul lati, in quelle femminili è comune l’arco semplice. talvolta a navicella. con staffa allungata. Fra gli oggetti importati troviamo innanzitutto vasi d bucchero. dì forme diffuse a Capua e Noia, dei vasi, soprattutto coppe in impasto a superficie bruna-rossastra molto curata con decorazione impressa a rotella. anch'essi comuni nei centri etruschi della Campania. dei balsamarì (arvballoi e hombylioi che imitano tipi corinzi nella forma e nella decorazione. ed un aryballos globulare corinzio dcl 1° IV dcl VI sec.
Come si vede, quindi Abella rientra fra quei centri, ad economia sostanzialmente agricola in cui sopravvive la cultura locale, la quale, per le forme più tipiche della ceramica d’impasto strettamente affine a quella che troviamo contemporaneamente subito a Nord ‘a Caudium (Montesarchio). il che potrebbe far pensare a rapporti molto stretti e anche di parentela etnica fra le popolazioni dell’alta valle del Clanis, in cui si trovava Abella, e della valle Caudina,
Molto meno informati siamo invece per il periodo successivo fino agli inizi dcl V secolo, per il quale solo alcuni oggetti d’importazione greca, tra i quali delle tazze ioniche prodotti a Velia dopo il 540 a.C.. o etrusca dimostrano che la vita continuata.
Un corredo purtroppo isolato della prima metà del V secolo comprende esclusivamente vasi d’argilla figulina. in parte con decorazione a figure nere, che non si distingue in niente da quanto è attestato contemporaneamente a Noia, a Capua e in altri centri ormai etruschizzati della Campania. Viceversa conosciamo alquanto di più del periodo successivo in cui Abella era, come il resto della regione. sotto l’egemonia sannitica e in cui, al più tardi, assunse carattere di Città, come dimostra i resti di abitazioni trovati a N. dell'anfiteatro.
L'area urbana, di circa 25 ettari di estensione (la metà circa di Pompei), occupava una zona leggermente sopraeleva a S. della fuoriuscita del fiume dalle montagne e abbastanza portata dalle alluvioni, che hanno esercitato anche nell’antichità. effetti devastanti tutt'intorno, e l’impianto urbanistico ortogonale che ci è in parte pervenuto sembra essere stato almeno regolarizzato dopo la distruzione dell’87 a.C.
Delle mura conosciamo abbastanza bene il tracciato ad andamento regolare di tutta la metà orientale e la sola parte ben conservata, incorporata nell'anfiteatro, è in opera cementizia con parametro in a opus incertum con blocchetti irregolari di varie dimensioni, per cui può essere datata dopo la seconda guerra punica, che interessò più direttamente la vicina Nola, e quindi al Il secolo a.C.
Di un santuario che si trovava fuori della città ad occidente, nella zona di S. Candida, è testimonianza un deposito votivo con statuette d terracotta e ceramica a vernice nera, solo in parte esplorato.
Come le fondazioni delle case, anche le tombe del periodo sannitico finora messe in luce sono per lo più in grandi blocchi di tufo uniti senza malta e generalmente del tipo a cassa.
Quelle del IV secolo inoltrato a.C. hanno dato in parte ricchi corredi con vasi a vernice nera ed altri a figure rosse.
Di questi si sono voluti attribuire alcuni, del gruppo del «pittore delle Danaidi» ad officine avellane, ma non è per il momento possibile confermare tale ipotesi, sia perché provengono da scavi eseguiti nel secolo scorso senza controllo scientifico, sia perché ad Avella e a Noia quel che conosciamo è ancora troppo poco per attribuire alluno o all'altro centro tale produzione.
Significative sono però le importazioni da Cuma. da Capua e, caso raro nella Campania vera e propria, da Paestum, mentre i vasi di officine attiche sono pervenuti così come anche in altre città della Campania e del Sannio, evidentemente tramite Neapolis. Di un certo interesse sono anche delle coppe biansate di bronzo di un tipo non ancora noto in altri centri Campani. Altri oggetti di bronzo, quali le fibule ed i cinturoni con ganci ornati da palmette fanno parte del costume femminile e maschile Sannitico. Nella necropoli di S. Nazzaro è stato trovato un gruppo di tombe a camera di famiglie delle classi agiate a più deposizioni, i cui corredi si differenziano da quelli delle sepolture precedenti per la prevalenza di balsamari fusiformi per lo più in terracotta, ma in qualche caso anche di alabastro e di provenienza egiziana, e per la presenza di strigili, che sono testimonianza della sostituzione dell’ideologia del banchetto prevalente prima nel rito funebre con gli ideali efebici in un periodo in cui di passo con l’affermazione dell’egemonia di Roma in Campania e le oligarchie locali coinvolte anche nelle attività commerciali derivanti dall'espansione romana in oriente tengono ad aggiornarsi nell'adorazione delle concezioni e mode di provenienza greca. Ad una comunque assai discutibile introduzione di terminologie romane anche nelle istituzioni, che in una «civitas federata» come Abella rimasero fino al termine della guerra sociale quelle osco-sannitiche, si è potuto pensare a proposito del «senatus» menzionato nel famoso cippo Abellano, un trattato fra Avella e Nola relativo ad un santuario di Ercole di proprietà comune, che è uno dei più importanti documenti in lingua osca a noi pervenuti.
Non molto dopo la distruzione viene dedotta ad Abella, così come a Nola ed a Pompei, una colonia da parte di Silla. Ne è testimonianza la spartizione dei terreni da attribuire ai coloni (centuriazione) nella parte in pianura del territorio che non è altro che la coltivazione di quella del territorio nolano di cui si sono conservate alcune delle vie principali e tracce di altro. Sono infatti riconoscibili ed in parte ricostruibili tre «decumani» in direzione E.O. e otto «Cardines» in direzione N.S. che delimitavano quei quadrati di m. 715 per lato (centuriae) costituiti da cento particelle da due iugeri, anche se quote singole erano in quest’epoca alquanto superiori a tale misura, mentre le vie principali della città ed anche quelle d. collegamento con altri centri conservavano un orientamento diverso. Nella città sorsero fin dall'età tardo-repubblicana edifici pubblici e furono ricostruiti quelli privati, anche se in qualche area periferica quale quella attigua all'anfiteatro subentrarono: degli orti al posto di abitazioni, il che è da mettere in rapporto con l’accentrazione sempre maggiore della popolazione. specie in un centro senza grandi attività economiche oltre l’agricoltura e l’allevamento, nelle ville rustiche del territorio che erano i centri di latifondi gestiti con schiavi. Tra questi edifici - meglio noto è l’anfiteatro eretto a giudicare dalle strutture in «opus reticulatum» di tufo non molto dopo la deduzione della colonia, come quella di Pompei. di cui ricalca all'incirca le dimensioni.
Esso fu appoggiato all'angolo SE. delle mura ed in parte al pendio naturale, e solo la parte S. poggia su grosse costruzioni a volta, mentre l’arena si trova sotto il livello circostante; sono ben conservati i due vomitorii principali nell'asse maggiore dell’ellisse (itinera magna) con degli ambienti laterali, e il podio che divideva la curva dall'arena, e dei sedili in tufo dell’ima cavea interrotti in corrispondenza dell’asse minore da podii (tribunali); è rimasto abbastanza per permettere la ricostruzione.
Un’immagine schematica, ma viva dell’edificio, ci è pervenuta sul fianco di una base onoraria di età imperiale. Nel tardo impero fu iniziata la costruzione di stalle per bestie nel podio, poi rimasta interrotta dagli eventi che precipitarono con la dissoluzione dell’impero romano di Occidente. Nella zona del Santissime » sono conservate imponenti costruzioni a volta di un edificio probabilmente pubblico che era forse in rapporto con la piazza del foro che vari indirizzi fanno supporre nelle vicinanze della chiesa di S. Pietro.
Nel territorio la cui produzione più importante era quella delle nocciole sono in parte in rapporto con ville rustiche in collina ed in parte lungo le strade che uscivano dalla città e con quelle della «centuriazione», vari monumenti funerari di età tardo-repubblicana e del I sec. dell’impero, evidentemente di famiglie dell' «Ordo» (notabilato) e di altre che possedevano terreno.
La loro tipologia trova riscontro in quella che troviamo contemporaneamente nelle necropoli di altre città campane, qua l Pozzuoli, Cuma, Capua, Pompei e prevale lo schema di un corpo quadrato con o senza camera sepolcrale e sormontato da una edicola o da un piano superiore circolare o poligonale terminato da una cuspide, mentre il tipo circolare con camera circolare e una eccezione relativamente antica. Nel monumento con edicola nel recinto del campo sportivo è stata trovata anche la testa -- ritratto del defunto, in calcare locale, dell’inizio di età imperiale. Nel tardo impero, Abella sembra essersi gradualmente dissolta come città in seguito alle invasioni, quali quella di Alarico, il quale distrusse Noia.
Abbiamo testimonianze di un edificio di culto cristiano di carattere cimiteriale in località S. Paolino, forse costruito o restaurato quando costui era vescovo di Noia ed anche la chiesa di S. Pietro attorno alla quale si creò uno dei nuclei dell’abitato medioevale, risalente forse come origine ad epoca tardo-antica.
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