Estratto da: ANNALI DI ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA DIPARTIMENTO DI STUDI DEL MONDO CLASSICO E DEL MEDITERRANEO ANTICO.
Nuova Serie N. 7 2000 Napoli
" ...l'insigne monumento era stato ridotto a servir di soglia da porton d'una casa; ed in sessant'anni ch'eravi stato così vilmente esposto agli occhi di coloro che passavan per quella strada, e di quelli eziandio, che colà portavasi a far compere di vasi etruschi e di ogni altro genere delle più inestimabili antichità, che in copia vi si cavano alla giornata, niun fuvvi che pensato avesse a sottrarlo da quell'infamia .. " (G. Remondini, Dissertazioni ... Genova 1760, p. 2)
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Inclusa da Strabone (V,4,11) insieme a Suessula, Atella, Nola, Nuceria ed Acerrae tra le città della Campania e ricordata nella tradizione letteraria, piuttosto esigua, soprattutto per la produzione della nux abellana 2) (la cui coltivazione rappresenta ancora oggi la principale attività del territorio), l'antica Abella è localizzata sulla sinistra del fiume Clanis nel punto in cui il corso d'acqua, dopo aver attraversato la gola montana dei valloni Serroncello e Fontanelle, si immette nel paesaggio collinare che delimita ad est la pianura campana (fig. 1). Il sito è protetto a nord dai Monti di Avella - oltre i quali si estende la Valle Caudina - e controlla un corridoio naturale che dalla piana, risalendo il passo di Monteforte, conduce nella valle del Sabato e nell'entroterra irpino. La nascita dell'insediamento si inserisce nell'ambito di un fenomeno di riorganizzazione del popolamento indigeno determinatosi nel momento in cui, con l' apoikia di Cuma, si producono nuovi equilibri nel controllo della pianura campana per effetto di una ridefinizione degli ambiti territoriali afferenti alla fondazione euboica e all'insediamento villanoviano di Capua. Il mondo indigeno - cui è stato precluso, con l'eliminazione del villaggio pre-ellenico di Cuma, lo sbocco al mare - subisce un processo di marginalizzazione che conduce a nuove forme di aggregazione insediativa; tale processo, che segnerà per lungo tempo la geografia
1) Ringrazio la dott.ssa G. Tocco, Soprintendente per le province di Salerno, Avellino e Benevento, per avermi dato, nell'affidarmi la responsabilità della tutela dell'antica Abella, quest'opportunità di studio e per averne permesso la pubblicazione;
la dott.ssa G. Pescatori e il prof. Johannowsky, per le informazioni relative alle indagini condotte ad Avella negli anni '70-'80; il personale dell'Ufficio Archeologico di Avella per la collaborazione. Un sentito grazie va a Bruno d'Agostino per la costante attenzione e i consigli critici e a Patrizia Gastaldi. Le figure nn. 1, 2 e 8 sono state realizzate dalla scrivente; l'elaborazione delle figg. 9 e 1 O, con l'inquadramento topografico delle emergenze archeologiche, è a cura dell' arch. Ida Calcagno; le fotografie delle figg. 4 e 5 sono di B. d'Agostino, quella della fig. 3 di Eugenio Lupoli. L'abbreviazione A.S.B.A. utilizzata nel testo è da sciogliere: Archivio della Soprintendenza per i Beni archeologici di Salerno. 2) Per la raccolta delle fonti letterarie cfr. Colucci Pescatori 1984,p. 339. |
politica della Campania antica, configura in seno al mondo indigeno trasformazioni politiche e sociali di notevole portata di cui, pur cogliendo alla fine dell'VIII sec. a.C. l'esito finale, si stenta a ricostruire le tappe, oltre che per la carenza documentaria, anche per la mancanza di edizioni sistematiche di quanto finora portato alla luce 3).
Effetto di tali dinamiche è il consolidarsi di insediamenti di tipo accentrato in posizione periferica rispetto alla pianura, allo sbocco di itinerari naturali che conducono verso l'interno: la distribuzione nel territorio evidenzia il ruolo di intermediazione che essi svolgono all'interno di un articolato sistema di redazioni che vede implicate, sul versante tirrenico, l'area pitecusana-cumana e, sul versante adriatico, la Daunia 4).
Gli insediamenti di Suessula - che affonda le sue radici nella prima età del Ferro - e di Calatia si situano all'uscita del corridoio naturale delle Forche Caudine, attraverso le quali si raggiunge il territorio che sarà storicamente il Sannio caudino, con i centri
di Saticula e Caudium 5).
Sul margine sud-orientale della piana e a circa Km 10 di distanza da Abella si localizza invece il centro di Nola, attestato in un'area di intersezione tra la pianura
3) d'Agostino 1987, pp. 27 ss.; idem, 'Le Genti della Campania antica', in Italia omnium terrarum alumna, Milano 1988, pp. 531 ss.; Cerchiai 1995, pp. 26 ss.
4) Sulle relazioni tra area tirrenica e adriatica cfr. B. d'Agostino 1984; idem, 'La Daunia arcaica e i suoi rapporti con la Campania', in Profili della Daunia Antica, Foggia 1991 , pp. 33 ss.; T. Cinquantaquattro, M. Cuozzo, 'Relazioni tra l'area daunia e medio-ofantina e la Campania', in L. Pietropaolo (a cura di), Sformate immagini di bronzo. Il carrello di Lucera tra VIII e VII sec. a. C., Foggia 2002, pp. 127 ss. 5) Sui diversi centri della mesogaia campana cfr. Cerchiai 1995, pp. 26 ss., con bibliografia; per ulteriori aggiornamenti su Suessula cfr. E. Laforgia, F. Basile, B. Grassi, G. Ronga, 'S. Felice a Cancello. Loc. Piazza Vecchia. Scavo nella necropoli di Suessula', in Bollettino di Archeologia, 37-38, 1996, pp. I 03 ss. ; su Caudium, in sintesi, cfr. Tagliamonte 1997, pp. 39 ss.; M. Fariello, 'Il territorio caudino', in Sanniti, pp. 56 ss.; G. D'Henry, 'Caudium: un centro sannitico aperto verso molteplici esperienze culturali', in Orizzonti, II, 2001 , pp. 11 ss. |
Per questi centri indigeni che conosciamo quasi esclusivamente attraverso l'evidenza delle necropoli, l'affermarsi di elementi di pianificazione topografica, che traspare nella distinzione, destinata a rimanere invariata, tra aree funerarie utilizzate in modo intensivo nel corso dei secoli e aree residenziali, testimonia l'emergere di un modello insediativo di tipo accentrato come specchio di un' organizzazione sociale e politica complessa. Nel salto qualitativo delle forme insediative si coglie la portata dell'impatto che ha il confronto con la realtà greca e villanoviana sul mondo indigeno della pianura campana e del versante occidentale del Sannio caudino rispetto ad altre facies della Cultura delle Tombe a Fossa, come per esempio quella della Valle
del Sarno, in cui perdura un tipo di popolamento sparso, distribuito per piccoli villaggi 7).
Se per le fasi più antiche del periodo Orientalizzante è possibile, dal punto di vista del rituale funerario e della cultura materiale, individuare un' area omogenea piuttosto ampia, che comprende oltre ai centri della pianura campana, anche quelli dell'area caudina e, dopo le recenti scoperte di Benevento 8), la fascia più occidentale dell'Irpinia, è difficile allo stato attuale della ricerca delineare i processi di differenziazione che si innestano all'interno della facies settentrionele della Fossakultur campana e che porteranno alla definizione di distinte identità tribali.
La più antica documentazione proveniente dalle necropoli di Avella, come su accennato, si colloca tra la fine dell'VIII e gli inizi del VII sec. a. C. È a partire da quest'orizzonte cronologico che si apprezza, infatti, l'occupazione delle due aree funerarie poste ad un chilometro di distanza ad ovest (località S. Nazzaro) e ad est (località S. Paolino-Molinello) dell'area urbana antica, che coincide in parte con l'attuale centro di Avella (fìg. 2).
Lo studio complessivo dell'evidenza funeraria, avviato di recente, rivela una sostanziale contemporaneità tra le due necropoli, che occupano superfici piuttosto ampie e mostrano una continuità d'uso tra il periodo Orientalizzante antico e l'età tardo-antica 9).
Nella necropoli orientale, oggetto di interventi condotti negli anni '70 e proseguiti in maniera discontinua, sono state individuate un centinaio di sepolture; nella necropoli occidentale di S. Nazzaro, interessata da interventi più sistematici, sono state invece identificate oltre novecento tombe 10).
A fronte del numero apparentemente cospicuo, il campione di cui in realtà si dispone è limitato poiché una notevole percentuale delle tombe è risultata del tutto o parzialmente sottoposta a depredamento 11).
Nelle tombe più antiche, a fossa, i corredi funerari sono costituiti per lo più da ceramica d'impasto: si distinguono al suo interno una produzione caratterizzata da un impasto grossolano di colore bruno o rossastro, utilizzato per lo più per la realizzazione delle olle con bugne plastiche 12) o per i grandi contenitori e una
6) Per la documentazione più antica cfr. W Johannowsky, Materiali di età' arcaica dalla Campania, Napoli 1983, pp. 304-305, n. 114; alcuni corredi del periodo Orientalizzanti, inediti, sono ora in esposizione presso il Museo Storico-Archeologico di Nola.
7) Sui modelli insediativi del mondo indigeno cfr. d'Agostino 1987, pp. 27 ss.; per quanto riguarda la Valle del Sarno nessun nuovo elemento riguardo ali' organizzazione degli insediamenti emerge nell'edizione delle più recenti indagini: M. de Spagnolis, Pompei e la Valle del Sarno in epoca preromana: la cultura delle tombe a Fossa, Roma 2001. 8) Su Benevento, dove sono state scavate alcune tombe databili tra la fine dell'VIII e la metà del VII sec. a.C., cfr. D. Giampaola, 'Benevento: dal centro indigeno alla colonia latina', in Sanniti, pp. 36 ss. 9) Grazie alla disponibilità della dott.ssa G. Pescatori e del prof. W Johannowsky, che ne hanno consentito lo studio, alcuni settori delle necropoli sono stati di recente oggetto di tesi di laurea condotte da M. Larocca ('Avella: la necropoli preromana in prop. Curia', Università degli Studi di Salerno, a.a. 1999-2000), F. De Maio ('Tombe di età Orientalizzante da Avella', Università degli Studi di Firenze, a.a. 2000-2001), P. De Simone ('Un gruppo di tombe dalla necropoli di Avella', Università degli Studi di Salerno, a.a. 2000-2001), relatori rispettivamente i professori L. Cerchiai, G. Camporeale, A. Pontrandolfo. 10) Per la necropoli di loc. S. Paolino cfr. Colucci Pescatori 1984, p. 341; Scatozza 1994, pp. 453 ss.; L. A. Scatozza Horicht, M.E. Landi, N. Muralo, 'Per uno studio delle necropoli di Avella. Alcuni corredi ', in Bollettino di Archeologia, 41-42, in corso di stampa; della necropoli di S. Nazzaro, praticamente inedita, sono stati pubblicati solo alcuni singoli contesti: cfr. G. Prisco, 'Considerazioni suuna tomba femminile di Avella', in AIONArchStAnt 7, 1985, pp. 137-154; Scatozza 1994, pp. 455-458; Cerchiai-Colucci Pescatori-D'Henry 1997, pp. 28 s. 11) Da calcoli preliminari la percentuale delle sepolture saccheggiate sembra superare il 50 % del totale. 12) Si tratta della forma più ricorrente all'interno dei corredi funerari nel periodo orientalizzante ed arcaico, diffusa oltre che nei centri della pianura campana, anche a Capua e nella Valle del Sarno; nel medesimo impasto sono realizzati i coperchi con ansa eretta ad anello e gli askoi. |
Caratterizzata nel corso del tempo da un accentuato conservatorismo, la produzione locale trova confronti stringenti dal punto di vista tipologico e del repertorio decorativo con i centri della Fossakultur settentrionale della Campania e, in particolare, con Caudium e Nola 14).
Nella fase più antica delle necropoli sono presenti, anche se in percentuale limitata, materiali provenenti dall'area pitecusana-cumana, in particolare ceramica di tipo protocorinzio (oinochoai; coppe con ornati a sigma o con fascia risparmiata) e ceramica italo-geometrica (lekanai e coppe carenate); ad Avella, come in altri centri della mesogaia campana, sono attestati inoltre alcuni vasi di tipo daunio, la cui distribuzione individua gli itinerari attraverso i quali si svilupparono le relazioni tra il mondo tirrenico e l'area adriatica. Oltre all' askos (Daunio I) già noto alle letteratura archeologica e proveniente non dalle necropoli urbane ma dalla località Forestelle, su cui si ritornerà in seguito, si segnalano due olle biansate (Daunio I-II), entrambe rinvenute nella necropoli di S. Paolino 15).
Nelle sepolture maschili sono attestate le armi (cuspidi di lancia o di giavellotto), mentre in quelle femminili ricorrono frequentemente utensili fittili (rocchetti). Per quanto concerne il repertorio degli oggetti di ornamento e delle fibule si registra la presenza di tipi ampiamente diffusi nei contesti campani coevi 16).
È ancora prematuro tentare una lettura dell' organizzazione topografica dei due sepolcreti nel periodo orientalizzante e arcaico, anche se da una preliminare riconsiderazione dell'evidenza funeraria emerge la suggestione che ci sia una distribuzione delle sepolture in lotti utilizzati con continuità diacronica.
D'altro canto, l'uso contemporaneo delle due aree funerarie pone di fronte al quesito delle forme di organizzazione degli spazi residenziali. Sulla scia di una problematica piuttosto complessa che riguarda, in ambiti culturali diversi dell'area tirrenica, il processo di formazione degli insediamenti di tipo protourbano, si possono a tale proposito richiamare due linee interpretative: secondo una teoria monocentrica l'articolazione delle necropoli per nuclei distinti - il cui significato va indagato all'interno dei contesti specifici - può essere riferita a un insediamento abitativo unitario in cui, soprattutto per le prime fasi di occupazione, è congetturabile una trama non troppo fitta di abitazioni e l'inclusione di aree destinate alle attività produttive. Ad essa si oppone una teoria policentrica, che scorge nella frammentazione delle necropoli il rispecchiarsi di una segmentazione dell'insediamento in villaggi distinti, poi integratisi per processi sinecistici in un'unica area urbana 17).
Nel caso di Avella la documentazione non consente di avallare una delle due ipotesi; tuttavia, appare verosimile che l'abitato o i nuclei abitativi siano da ricercare nella zona sulla quale si svilupperà l'insediamento urbano, compresa tra i due sepolcreti.
Da quest'area infatti provengono tracce di frequentazione coeve alle più antiche attestazioni delle necropoli, mentre non è mai emersa finora evidenza riconducibile alla sfera funeraria; questi due elementi inducono ad ipotizzare l'esistenza di una
13) Tra di essi ricorrono tazze, kylikes e skyphoi, piatti e scodelle apodi o su alto piede traforato.
14) G. D'Henry, in 'Atti del XII Convegno di Studi sulla Magna Grecia' (Taranto 1972), Napoli 1973, pp. 293 ss.; B. d'Agostino, in Popoli e Civiltà dell'JtaliaAntica, II, 1974, p. 34; Johannowsky 1979, pp. 17 ss.; G. Bailo Modesti, 'Avella e il retroterra campano', in Storia illustrata di Avellino e dell'Jrpinia, voi. I, 1996, pp. 47-48. Per un'esemplificazione del repertorio cfr. M. Fariello, 'Un gruppo di ceramiche della Cultura delle tombe a fossa', in StEtr 48, 1980, pp. 3 ss. 15) Per l'askos da località Forestelle cfr d'Agostino 1984, p. 253, tav. XLII, b; le olle della necropoli orientale provengono la prima dallo scavo in prop. Curia (T ){X\//1970 ?), la seconda, sporadica, è stata recuperata in un'area funeraria completamente sconvolta, indagata nel 2000 a nord di via Vicinale S. Paolino (prop. Maiena). Per i vasi di tipo daunio si fa riferimento alla classificazione di E. De Juliis, La ceramica geometrica della Daunia, Firenze 1977. 16) Tra le fibule sono attestati il tipo a drago con o senza molla di raccordo con l'ardiglione, il tipo a navicella e ad arco romboidale tra apofisi, il tipo ad arco rivestito e, nei contesti del periodo Orientalizzante Recente, la fibula a ghiande e del tipo Grottazzolina. Tra gli oggetti d'ornamento si citano bracciali di bronzo in lamina o a sezione piena, anelli ad ovuli, collane di ambra, pendenti costituiti da gruppi di saltaleoni di bronzo; sono attestati inoltre diversi scarabei. 17) Su queste problematiche e sul concetto di centro protourbano cfr. B. d'Agostino, 'Considerazioni sulla formazione della città in Etruria', in L'incidenza dell'antico, Studi in onore di E. Lepore, I, Napoli 1995, pp. 315 ss; R. Peroni, 'Formazione e sviluppi dei centri proto urbani medio-tirrenici', in A. Carandini - R. Cappelli (a cura di), Roma. Romolo, Remo e la fondazione della città, Milano 2000, pp. 26-30; M. Pacciarelli, 'Dal villaggio alla città. La svolta protourbana del I 000 a. C. nell'Italia tirrenica, Firenze 2001, pp. 115 ss. |
precisa pianificazione degli spazi fin dalle prime fasi di occupazione e di conseguenza restituiscono l'immagine di una realtà insediativa unitaria, dotata di un notevole grado di coesione politica.
Le prime attestazioni dall'abitato antico sono rappresentate da materiale residuo di età orientalizzante ed arcaica recuperato nei livelli di occupazione più recenti; le evidenze si distribuiscono su un'area piuttosto ampia, interessando l'estremità occidentale (fig. 2, n. 4) e meridionale dell'insediamento (fig. 2, nn. 34, 35, 38, 51) e l'area ubicata immediatamente a sud dell'alveo del fiume Clanis (fig. 2, n. 22) 18). Tra i reperti più significativi è da citare una testa fittile di ariete alto-arcaica rinvenuta nei pressi dell'attuale via Cancelli (fig. 2 n. 34); per le caratteristiche tecniche e per le dimensioni (fig. 3) la protome, piuttosto che come elemento della decorazione architettonica di un edificio, sembra da interpretare come terminazione di un alare fittile, di un tipo attestato ad esempio a Capua 19).
Accanto al tema dell'organizzazione degli spazi abitativi, che solo nuove ricerche potranno contribuire a chiarire, per le più antiche fasi di occupazione la presenza di nuclei insediativi nel territorio limitrofo ad Avella propone una riflessione sulla capacità di proiezione territoriale dell'insediamento.
Una prima attestazione riguarda la località Forestelle-Fiego (fig. 1, n. 4), un'area collinare ubicata sulla destra del Clanis 20); il sito controlla, verso nordest, l'uscita del fiume dalle gole montane e, verso sud, l'insediamento di Abella attestato, sull'opposta sponda del corso d'acqua, ad una quota inferiore. In un punto non più precisabile di questa località, nel 1968 (fig. 7) fu intercettata nel corso di lavori agricoli un'area sepolcrale, nella quale furono recuperati oggetti d'ornamento (anelli con decora-
zione a ovuli) e utensili di bronzo (grattugia), armi (cuspide di lancia) e spiedi di ferro, ceramica d'impasto (anfore, olle, brocche, coperchi), ceramica di tipo protocorinzio (oinochoe, coppa con ornati a sigma) e italo-geometrica (tra cui un frammento di oinochoe con decorazione a pesci sulla spalla); da questa località proviene anche l' askos daunio già citato in precedenza 21).
La contemporaneità tra questa evidenza e le più antiche attestazioni delle necropoli di Avella suggerisce che ci si trovi di fronte ad un sistema insediativo articolato ma organico, che ha il suo centro geografico nell'alta valle del Clanis e in cui è probabile che emergano già, fin dall'inizio, elementi di gerarchia insediativa 22).
L'esistenza, sempre sulla destra del fiume, di un'area funeraria in località Bosco, alle pendici della collina che ospita il Castello di Avella (fig. 1, n. 2; fig. 5), da cui proviene materiale decontestualizzato, riproporrebbe, se verificata 23), il persistere nel periodo tardo orientalizzante di nuclei di popolamento a poca distanza da Avella in cui, contemporaneamente, l'emergere di sepolture di eccezionale livello per la ricorrenza di importazioni (anfore etrusche, ceramica corinzia ed etrusco-corinzia, vasellame metallico 24) o per l'esibizione funeraria di particolari segni di status, come il carro, fa intravedere un'articolazione del corpo sociale in senso aristocratico 25).
18) Cfr. le schede relative in appendice. Nel corso di indagini condotte nel 1995 lungo via S. Paolino ( poco a sud del n. 41) sul piano naturale di breccia (prof m 1,80 circa) sono stati individuati alcuni buchi di palo disposti in senso ellittico, che potrebbero far pensare ai resti di una struttura abitativa (capanna?); lo scavo non ha però permesso di recuperare elementi cronologici certi.
19) La prorome (inv. 69168; h. max. cm. 12; largh. max. cm. 13,5) è realizzata con un impasto arancio-rossatro a superficie levigata. La testa è piena, mentre il collo, cavo, presenta all'interno un incasso ad angolo retro; il vello è reso con rade tacche impresse. Per i confronti da Capua cfr. M. Bonghi ]ovino 'La decorazione architettonica di Capua. Peculiarità, itinerari e modelli', in E. Rystedt, Ch. Wikander, O. Wikander (a cura di), Deliciae Fictiles I, Stockholm 1993, pp. 49-50, fìg. 15. 20) Il rinvenimento (A.S.B.A.) fu effettuato da B. d'Agostino; gli oggetti erano pertinenti a diverse sepolture. 21) Cfr. nota 15. 22) In mancanza di notizie sicure sulla consistenza e sul periodo d'uso della necropoli di Forestelle, è impossibile addentrarsi in questa problematica. È in ogni caso possibile ipotizzare per Avella un ruolo politico di rilievo nel controllo di questo settore territoriale. 23) Da questa località provengono alcuni materiali consegnati nel 1977 alla Soprintendenza dalla Pro Loco di Avella e riferiti a sepolture: due coppette su piede di bucchero, un aryballos e un alabastron di tipo etrusco-corinzio (fìg. 5). È evidente che la veridicità di tale provenienza andrebbe comprovata attraverso esplorazioni scientifiche . 24 Per la presenza di anfore etrusche ad Avella cfr. C. Albore Livadie, 'La situazione in Campania', in IL commercio etrusco arcaico, Roma 1985, pp. 127 ss. Tra le sepolture eminenti da citare una tomba femminile della necropoli di S. Nazzaro (T.1/1995, prop. Falconieri), databile nella prima metà del VI sec. a.C., il cui corredo comprendeva, oltre a un ricco apparato di oggetti d'ornamento (collane d'ambra, fibule) e a vasi d'impasto del repertorio locale, vasi di bucchero, un gruppo di oggetti di bronzo (bacile a orlo perlinato, un'oinochoe (?) con ansa a terminazioni superiori zoomorfe e inferiore a palmetta, un infundibulum) oltre a ceramica corinzia, etrusco- corinzia e attica. 25 Sulla sepoltura con carro cfr. Cerchiai - Colucci Pescarori - D'Henry 1997. |
Sulla base di tali attestazioni si apre una prospettiva di ricerca finora affatto trascurata, ovvero l'individuazione del territorio controllato dalla comunità avellana e, di rimando, la definizione, in una prospettiva diacronica, dell'ambito di pertinenza della comunità del Clanis in rapporto al limitrofo insediamento di Nola. La vicinanza tra i due centri, la cui storia si intreccia più volte nel corso dei secoli, dovette sicuramente riproporre nel tempo il problema della demarcazione dei rispettivi territori; anche se per epoche molto più recenti, tale questione rimane al centro dell'eccezionale testimonianza del Cippo Abellano, che riferisce di un trattato
stipulato tra Nola e Abella per la gestione comune di un santuario dedicato ad Ercole 26).
Tralasciando le diverse ipotesi avanzate sull' esatta ubicazione del santuario, situato secondo alcuni in un'area posta nella fascia di contatto tra le sfere di influenza dei due insediamenti, secondo altri nell' eschatiá, ovvero in un'area marginale, alle estremità dei rispettivi territori, si ricorda che finora nella zona limitrofa ad Avella sono state individuate due aree sacre, alle quali sono riferibili alcuni insiemi di materiali votivi purtroppo decontestualizzati 27).
La maggior parte dell'evidenza, in entrambi i casi, si attesta lungo un arco cronologico piuttosto ampio, tra il V e il II-I sec. a.C. La prima area sacra si localizza in loc. Seminario, una collina posta sulla destra del fiume Clanis e rivolta verso la pianura campana (fig. 1, n. 1); i materiali documenterebbero l'esistenza di un culto femminile legato alla sfera della fecondità e della sanatio e dal punto divista tipologico trovano ampi confronti nell'ambito delle stipi medio-italiche.
Una seconda area sacra sarebbe invece da localizzare in località Campopiano, situata alle falde dei monti d'Avella (fig. 1, n. 5); in questo caso i materiali, rappresentati soprattutto dalla piccola plastica, sembrano alludere ad una varietà di culti, tra i quali emerge anche quello di Ercole. La possibilità che l'area cultuale di loc. Campopiano possa identificarsi con il santuario citato nel cippo Abellano, per quanto suggestiva, non sembra supportato in maniera sufficiente dalla documentazione archeologica finora nota 28).
Il quadro delle attestazioni relative alla presenza di culti nel territorio va completato con l'evidenza proveniente da località S. Candida, nelle immediate vicinanze dell'insediamento di Avella (fig. 2, H).
All'area sacra, ubicata in una fascia sub-urbana a contatto con il fiume Clanis e immediatamente a nord della necropoli di S. Nazzaro, è da attribuire una discreta quantità di vasetti miniaturistici e statuette fittili di cui si ignora il contesto di rinvenimento (fig. 4). La maggior parte della documentazione copre un arco cronologico compreso
26) Sul Cippo abeliano cfr. A. Franchi De Bellis, Il Cippo Abeliano, Urbino 1988; eadem, 'Il cippo abeliano: il santuario di Ercole', in M. Tagliente (a cura di), Italici in Magna Grecia. Lingua, insediamenti e strutture, Venosa 1990, pp. 111 ss.; A. La Regina, 'Il trattato tra Abella e Nola per l'uso comune del santuario di Ercole e di un fondo adiacente', in Sanniti, pp. 214-222; Antonini 2001.
27) L. A. Scatozza, 'Materiali votivi da Avella', in I culti della Campania antica, Roma 1998, pp. 191 ss.; Scatozza 2001. Le indicazioni relative al luogo e alle modalità di reperimento del!' evidenza sono piuttosto vaghe; nel caso della località Seminario i rinvenimenti farebbero parte di uno scarico individuato sul versante nord-orientale della collina; nel caso di !oc. Campo piano invece, i materiali sarebbero stati originariamente conservati all'interno di pozzetti votivi. 28) Per tale ipotesi cfr. Scatozza 2001, pp. 54-55. |
tra l'età arcaica e il IV-III sec. a.C., mentre molto limitati sono i reperti riconducibili ad un periodo più recente 29).
Il ritrovamento di un ex-voto anatomico - un piede fittile su alto soccus - (fig. 6) lungo l'attuale via Carmignano (fig. 2, I), che probabilmente ripercorre un tracciato antico, potrebbe indicare l'esistenza di un'altra area sacra sub-urbana 30).
Gli indizi archeologici della presenza di culti nell'area dell'abitato sono pochi ed ambigui; si tratta essenzialmente del rinvenimento sporadico di vasetti miniaturistici (fig. 2, nn. 2, 8, 22, 38, 53) che però non si esclude possano riferirsi a forme di culto domestico 31).
Ci si soffermerà ora sulla documentazione proveniente dall'abitato antico, la cui esplorazione, ancora molto limitata, è legata ad interventi occasionali determinati dall'espansione urbana.
Gran parte dei resti dell'abitato - in particolare il settore occidentale - giace al di sotto della città moderna che ne ha ereditato il nome, circostanza che reca con sé tutte le problematiche derivanti dalla necessità di contemperare le esigenze della tutela archeologica con le incessanti trasformazioni urbane; a causa di una politica spesso irrazionale l'attività edilizia che, come per molti comuni dell'Irpinia, ha segnato un picco all'indomani del sisma del 1980, ha finito per compromettere in questa zona non solo la possibilità della conoscenza archeologica, ma anche l'aspetto e la coerenza urbanistica del centro storico.
Tuttavia, un'area considerevole corrispondente al settore orientale dell'abitato antico, abbandonata già nel periodo tardo-antico e - grazie all'opera di tutela svolta dalla Soprintendenza - rimasta finora libera da edificazioni, offre in prospettiva notevoli potenzialità per la ricerca archeologica 32).
La ricostruzione topografica dell'abitato trova un limite evidente nella mancanza di studi che definiscano l'assetto geomorfologico del territorio nell'antichità.
Se la zona occupata dalle emergenze archeologiche mostra attualmente una duplice pendenza, graduale da nord-est a sud-ovest, più accentuata da nord-ovest a sud-est, occorrerebbe valutare quali trasformazioni siano derivate al territorio dal concorso di due fattori: da un lato, gli episodi alluvionali legati alla frequente tracimazione del Clanis, che hanno riguardato in particolar modo il settore settentrionale della città a contatto con l'alveo fluviale; in secondo luogo, l'azione di deposizione dovuta agli eventi vulcanici che hanno investito la zona 33).
Il perimetro dell'abitato antico (fig. 8) è ricostruibile essenzialmente in base a due fattori: la distribuzione delle emergenze archeologiche e l'attestazione di alcuni tratti delle fortificazioni, oggi non più visibili. Si ricorda che le mura di Avella sono menzionate da Virgilio (Aen., VII, 740) come riferimento topografico per indicare il limite verso l'entroterra del regno di Ebalo, figlio del mitico Telon e della ninfa Sebeto 34).
Purtroppo i dati relativi alle fortificazioni, in cui è possibile distinguere due fasi costruttive, derivano da notizie frammentarie desunte da relazioni di scavo carenti dal punto di vista documentario;
29) I materiali furono rinvenuti anteriormente al 1971, in circostanze non note. Nel!' ambito della coroplastica sono attestate statuette femminili stanti riproducenti il tipo del]' offerente con porcellino, riconducibili a modelli pestani (ringrazio M. Cipriani per le indicazioni a riguardo) e tipi più generici ampiamente diffusi in ambito magno greco e campano (la e.cl. tanagrina) . Tra la ceramica vasetti miniaturistici d'argilla grezza (tra cui attingitoi, brocchette, ollette, coperchi), d'argilla depurata (tra cui brocchette, ollette) e a fasce (una kotyle, brocchette); ceramica a vernice nera (fine VI/IV-III a.C.); gli elementi più recenti sono rappresentati da unguentari fusiformi.
30) Il piede fittile (inv. 17116; lungh. cm. 21; h. cm. 10,5) proviene dall'area della 'fabbrica Luciano'; si segnala inoltre che sempre da un'area posta lungo via Carmignano (ma con indicazione di provenienza 'albergo Tulino', da ubicare circa m 150 a nord-est della fabbrica Luciano (fig. 2, I) provengono un rocchio di colonna scanalata di tufo con base sagomata e un frammento di fregio dorico. 31) La presenza di materiali votivi in complessi abitativi non altrimenti caratterizzati è per esempio documentata a Roccagloriosa: cfr. M. Gualtieri, H. Fracchia (a cura di), Roccagloriosa I. L'abitato: scavo e ricognizione topografica, Napoli 1990, pp. 107 ss. Tra i culti attestati epigraficamente ad Avella si ricorda quello di Venus Iovia (CIL X, 1207), per il quale cfr. F. Coarelli, 'Il santuario del fondo Patrurelli a Capua', in L'incidenza dell'antico, Studi in onore di E Lepore, l, Napoli 1995, pp. 379 ss. 32) Questa vasta zona è stata stralciata nel Piano Regolatore Generale del comune di Avella come area destinata a Parco Archeologico e dunque sottratta all'accrescimento urbano. 33) La stratificazione archeologica è di solito compresa tra il deposito di pomici riconducibile all'eruzione 'di Avellino', e il livello vulcanico - non sempre conservato perché piuttosto superficiale - riferibile ali' eruzione di Pollena. I.: unica sezione geologica oggetto di pubblicazione riguarda l'area del Fusaro, a nord della necropoli di S. Paolino: cfr. C. Albore Livadie, G. Carboni, E. Esposito, 'Un insediamento pluristratificato ad Avella in località Fusaro', in L'eruzione vesuviana delle "pomici" di Avellino e la Facies di Palma Campania, Bari 1999, pp. 259 ss., fig. 4. 34) Servio, nel commento al passo virgiliano (ad Aen. VII, 740), riporta la tradizione secondo la quale la città, i cui primi abitanti sarebbero stati Greci, si chiamava Moera e sarebbe stata fondata dal mitico re Muranus. Sul significato di tale tradizione letteraria cfr. infra. |
Ad una cinta preromana in grossi blocchi di tufo sono riferite alcune strutture rinvenute sul margine orientale e meridionale dell'insediamento (fig. 8, nn. 44, 47, 48, 51); sembra che all'esterno di tale tracciato corresse un fossato. La datazione e la tecnica costruttiva di questa prima fase delle fortificazioni, in assenza di dati stratigrafici certi e di una documentazione di supporto adeguata, rimangono tuttora da stabilire 36).
In un momento che si può datare nel corso del II sec. a.C. si assiste alla costruzione di una seconda linea di fortificazione in opus incertum, all'interno, sembra, del circuito più antico, ma si ignora l'esatta relazione topografica e stratigrafica tra le due fasi 37).
Alcuni tratti di questa seconda cortina sono stati riconosciuti in prossimità dell'anfiteatro (fig. 8, nn. 47, 48, 50) che si appoggia alle fortificazioni, analogamente a quanto attestato a Pompei 38).
Ad est dell'anfiteatro il circuito murario seguiva grosso modo l'andamento dell'attuale via Libertà e il suo percorso lungo il settore nord-orientale dell' abitato potrebbe essere individuato in un'anomalia del rilievo tuttora visibile nel piano di campagna.
Per quanto concerne il lato settentrionale a ridosso del Clanis, la cinta doveva correre nella fascia caratterizzata da un salto di quota che separa il letto del fiume e l'area della città 39), mentre la distribuzione delle strutture abitative di età repubblicana sembra indicare come limite occidentale dell'insediamento la zona compresa tra l'attuale via Roma e piazza Municipio. In prossimità della piazza, la cui sistemazione definitiva avvenne nel XVI secolo nell'ambito di un programma di rinnovamento
35) Negli anni '70-'80, in occasione dello scavo dell'anfiteatro, W. Johannowsky condusse una serie di saggi lungo il margine orientale e meridionale della città antica, portando alla luce alcuni tratti delle fortificazioni.
36) All'interno del fossato individuato a sud di via del Campo (fig. 8, n. 51), in cui è stato portato alla luce un tratto della cinta muraria in crollo, sono stati rinvenuti materiali databili tra l'età arcaica e l'età romana; i materiali più antichi sono rappresentati in percentuale maggiore negli strati posti a contatto con il crollo, ma, considerate le circostanze dello scavo, ciò non costituisce un indizio attendibile per la cronologia della struttura. 37) Il riutilizzo di blocchi squadrati come fondazioni di strutture murarie in opera reticolata all'interno dell'abitato, verificato sia nello scavo di via Mulini (fìg. 8, n. 40), sia in quello del P.zo Ducale (fìg. 8, n. 5), potrebbe indicare che nel periodo tardo-repubblicano la cinta più antica sia stata progressivamente smontata per il recupero di materiali. 38) Johannowsky 1979, pp. 24 ss. 39) Lo confermano alcuni saggi negativi condotti a nord del salto di quota, in prossimità dell'alveo fluviale (cfr. fìg. 2) |
Alcuni elementi significativi per la ricostruzione di limite sud-occidentale della città antica sono emersi nel corso delle esplorazioni condotte di recente a sud di P.za Municipio, all'interno del palazzo Ducale 42).
40) Alla famiglia Spinelli si deve anche l'ultimo grande intervento di ristrutturazione del Castello di Avella alla fine del 1500.
41) Un monumento funerario è inglobato nelle strutture del p.zo Borrelli mentre un secondo monumento funerario è da ubicare a circa m 70-80, in un'area della medesima proprietà destinata a giardino; i monumenti, in opera incerta e reticolata, erano costituiti da una base quadrangolare e tamburo superiore cilindrico (A.S.B.A., 1955). 42) Gli scavi sono stati effettuati nell'ambito del lavori di restauro del P.zo Ducale fin alizzaci alla realizzazione del Museo Archeologico; le indagini sono state condotte dal dott. M. GiJìlio della soc. Apoikia. |
Nel terminare la disamina dei dati relativi alle mura, si ricorda che nel settore meridionale dell'insediamento, in cui nell'antichità doveva esistere un salto di quota naturale, un tratto delle fortificazioni in opera incerta è stato rinvenuto a sud di via Lucio Silla (fig. 8, n. 38) ed è probabile che l'attuale via Casafalcione, posta ad ovest, ne conservi l'allineamento.
All'interno del perimetro indicato, che abbraccia una superficie di circa 25 ettari, le più antiche tracce di occupazione - oltre all'evidenza sporadica di età orientalizzante e arcaica descritta in precedenza - sono state portate alla luce nell'estremo settore occidentale dell'abitato, all'interno del P.zo Ducale (fig. 8, n. 4): si tratta di una struttura muraria orientata in senso nord-est/sud-ovest, di cui rimane, al di sotto di resti di edifici di età ellenistica, la fondazione in ciottoli di fiume e resti di un battuto pavimentale; sulla base di una prima revisione dei materiali, la cronologia della struttura è da porsi tra la fine del VI e la prima metà del V sec. a.C.
Le notizie diventano più cospicue per l'età tardorepubblicana, periodo al quale - sulla base delle conoscenze attuali - sembra ascrivibile una delle tappe più significative dello sviluppo urbano di Abella, ovvero la creazione di un impianto regolare basato su assi viari ortogonali.
Il persistere del piano urbanistico antico nell' assetto del centro storico di Avella è provato essenzialmente da due elementi: la coincidenza negli orientamenti e l'aggancio, in almeno due casi certi, tra gli assi stradali antichi e quelli attuali.
La principale via di attraversamento oggi, come nell'antichità, era rappresentata da un asse orientato in senso nord-est/ sud-ovest, coincidente con le attuali Corso V. Emanuele - Via P. Vittoria - Via Anfiteatro (fig. 8, B); la strada antica, che nei pressi dell'anfiteatro (fig. 8 n. 42) è sottoposta di circa m 2 rispetto all'attuale, nell'unico tratto indagato è pavimentata con pietre di calcare (fig. 11) e presenta tracce di uso almeno fino al V sec. d.C.46).
43) Diversamente, nelle indagini condotte nell'ala destra del palazzo (fìg. 8, n. 4) , le strutture rinvenute, databili era il III e il II sec. a.C. presentano un orientamento perfettamente rispondente a quello della maglia urbana.
44) Cfr. schede relative nell'appendice. 45) Lo scavo è stato effettuato dal dote. F. Basile per conto della cooperativa Sosandra; per l'aggancio topografico delle strutture si ringrazia I. Cracas e G. Zevolino dell'Ufficio Tecnico della Soprintendenza. 46) Laforgia 1990, p. 105; Laforgial994, pp. 569-570. Recenti indagini condotte lungo l'asse stradale moderno, era il convento dell 'Annunziata e la chiesa di S. Pietro, hanno dimostrato che in questo settore centrale della città è stata realizzata nel tempo la completa asportazione dei livelli stratigrafici antichi relativi al decumano. |
47) Scatozza 1994, p. 461 s.
48) Lungo il prolungamento di quest'asse ipotetico si dispone, nei pressi del!' anfiteatro, una struttura in opera reticolata messa in luce per m 35 circa (fig. 8, n. 46). Si segnala inoltre che alla distanza di circa m 80 verso sud dal suo allineamento, in via L. Silla, è stato messo in luce un tratto di strada (fig. 8, n. 37), di cui lo scavo non ha chiarito però la cronologia, che potrebbe indiziare l'esistenza in antico di un'altra strada orientata in senso nord-est/sud-ovest. 49) Laforgia 1990, p. 105. 50) La strada risulta invasa dall 'abside della chiesa della SS. Annunziata, che fa parte di un complesso conventuale eretto nel XVI secolo. 51) Il tratto iniziale della strada, che presenta un andamento sinuoso soprattutto nel tratto finale, è inclinato verso ovest; il rinvenimento di resti di strutture con pavimentazione in cocciopesto lungo via Cancelli (fig. 8 n. 32) porrebbe confermare l'ipotesi che l'asse stradale antico fo sse lievemente slittato rispetto alla strada moderna. 52) È ipotizzabile dunque l' esistenza di una strada intermedia a circa m 115. 53) Si segnala che in un saggio condotto lungo via S. Paolino, dove, significativamente, non sono emerse strutture abitative, è stata messa in luce parte di una pavimentazione stradale di incerta cronologia: cfr. appendice, n. 41. |
La maglia urbana era poi scandita da una serie di strade disposte in senso nord-ovest/sud-est 49) , la cui ricostruzione pone qualche problema interpretativo.
A sud del decumano maggiore un interasse variabile tra m 110 e 115 intercorre tra via Cardinale D'Avanzo (fig. 8, a), via Buon Giovanni 50) (fig. 8, 6), via S. Nicola (fig. 8, c) e l'innesto sul decumano di via Cancelli (fig. 8, d) 51); rispetto a quest'ultima, l'attuale stradina di accesso all'area archeologica dell'Anfiteatro (fig. 8, e), che corrisponde tra l'altro ad un limite di proprietà, si trova ad una distanza grosso modo doppia rispetto al modulo indicato, cioè a circa m 230 52).
A nord del decumano l'interasse di circa m 115 è verificabile ancora tra Via dei Mulini (fig. 8, h) e Via S. Paolino (fig. 8, i) 53).
Il sistema stradale così descritto disegna settori urbani rettangolari disposti con il lato lungo sul decumano, nei quali è possibile riconoscere un modulo teorico di 3x2 actus; non possediamo purtroppo al momento alcun elemento utile a determinare le ripartizioni interne di questi settori urbani.
Le misure degli interassi tra le strade nord-ovest/sud-est e quelle nord-est/sud-ovest (di m 115 nel primo caso, di m 80 nel secondo) vanno naturalmente diminuite del valore corrispondente all'ampiezza delle strade, al momento non nota; solo nel caso del tratto indagato nei pressi dell' attuale via S. Paolino (fig. 8, n. 40, A) è possibile congetturare un'ampiezza complessiva di circa m 5,50/6,00, considerando che il piano stradale, di m 3,50, era definito, sicuramente a nord (ma molto verosimilmente anche a sud), da un marciapiede di circa un metro di larghezza.
Rispetto alla schema urbano proposto, si notano nella viabilità odierna una serie di discordanze: a nord del decumano, ad esempio, le attuali Via Turati (fig. 8, f) e Via del Foro Avellano (fig. 8, g), rispetto al modello ricostruito, risultano slittate verso ovest; inoltre, nella fascia urbana nord-orientale in prossimità dell'alveo fluviale, la rete viaria assume un aspetto irregolare e le strade descrivono un andamento sinuoso.
Come si vedrà, una serie di elementi inducono a localizzarvi un'area a carattere pubblico. Allo stato attuale delle conoscenze è molto difficile stabilire la cronologia del piano che ha improntato in modo definitivo la forma urbana. Indicazioni utili a tale riguardo possono venire dalla datazione degli assi viari: il decumano maggiore (fig. 8, n. 42, B), pavimentato con un lastricato di pietre calcaree nel corso del I sec. a.C., ha rivelato un battuto stradale più antico 55); l'impianto della strada parallela al decumano maggiore (fig. 8, n. 40, A), che presenta rifacimenti della prima età imperiale ed è utilizzata fino ad epoca tardo-imperiale, è datato nel II sec. a.C. Non è dunque azzardato pensare che la definizione dell'impianto urbano sia avvenuta a questo livello cronologico, in concomitanza con la realizzazione della seconda fase della cinta muraria in opera incerta; la concezione generale del piano urbano del resto risponde a modelli di pianificazione ricorrenti nella tarda età repubblicana 56).
Le indagini future dovranno verificare se tale momento coincida con l'effettiva urbanizzazione dell'area inclusa nel perimetro della cinta e se il processo di definizione urbanistica sia avvenuto su basi totalmente innovative o in continuità con un assetto urbano già disegnato nelle grandi linee in epoca precedente 57).
54) La quota attuale, di m 213,5 s. l.m. all'incrocio tra via S. Croce e via Turati, si innalza fino alla quota di circa m 231 s.l.m in corrispondenza dell' incrocio ideale era l'allineamento di via S. Croce e via S. Paolino.
55) La cronologia di questa fase più antica non è stata definita. 56) Al di là delle differenze metrologiche, la concezione generale dello schema urbano basato su moduli orientaci secondo una disposizione per scamna, trova confronto ad esempio, per rimanere in ambito campano, con l'impianto tardo-repubblicano di Alife (Sommella 1988, pp. 129 ss.; S. De Caro, F. Miele, Toccupazione romana della Campania settentrionale', in Modalità insediative, pp. 50 I ss.). Sull'urbanistica del periodo cardo-repubblicano cfr. in generale P. Gros, L'urbanizzazione dopo la guerra sociale', in Storia di Roma II, Torino 1990, pp. 831 ss. 57) A tale riguardo può essere utile quanto verificato per altri ceneri pluristratificati della Campania, in primo luogo quello di Pompei: all'interno della cinta muraria, che conserva lo stesso circuito fin dal!' età arcaica, la progressiva urbanizzazione è avvenuta attraverso un processo di integrazione e rifunzionalizzazione delle preesistenze (in particolare di alcuni assi viari, il cui andamento è legato alla morfologia del terreno), che sarebbe causa delle 'anomalie' del tessuto urbano: cfr. S. De Caro, 'Lo sviluppo urbanistico di Pompei', in AMSMG, III s., Roma 1992, pp. 67 ss.; per una sintesi recente sul problema, cfr. F. Pesando, Domus. Edilizia privata e società pompeiana fra III e II a.C., Roma 1997, pp. 12 ss., con bibliografia. |
Nel primo (Vetter 137), di cui si ignora l'esatto luogo di rinvenimento, Maio Vestirikio, designato sempre con la carica di kvaistur, è legato ad un' opera di terminatio 58) ; nel secondo, rinvenuta in loc. Santissimo (fig. 8, n. 20), il suo nome è connesso ad opere di abbellimento urbano (fig. 12), in particolare alla realizzazione di opere architettoniche a carattere pubblico 59).
Oltre a rivestire una notevole valenza sul versante della storia politica e delle istituzioni indigene della Campania nel momento della romanizzazione 60), queste
58) L'epigrafe, rinvenuta dal Remondini ad Avella, risultava già dispersa ali' epoca del Mommsen: R. Antonini, in REI, StEtr 58, 1993, pp. 355-359; non è chiaro se si tratti di una terminatio legata al territorio o ad una realizzazione stradale (come nel caso delle iscrizioni Yetter 8-1 O relativa a limitazioni stradali condotte dai due edili). Una terminatio probabilmente coeva a quella in cui è coinvolto Vestirikio riguarda probabilmente la zona tra Nola e Pompei: S. De Caro, REI, StEtr 63, 1999, pp.
459-461: in questo caso sono quattro i personaggi - privi di titolo magistratuale - connessi all'operazione di terminatio che l'editore ritiene possa riguardare il territorio. 59) Antonini 1996; nell'iscrizione sono citati signa, un peristilio e una base di tufo. Sull'identificazione dei monumenti citati cfr. inoltre l'intervento di M. Torelli, in L. Del Tutto Parma (a cura di), La tavola di Agnone nel contesto italico, Firenze 1996, p. 674. Altre testimon ianze in lingua osca si riferiscono a bolli su tegole: R. Antonini, in REI, StEtr 58, 1993, pp. 334-336; F. Scotto di Freca, in REI, StEtr 62, 1998, pp. 360-361. 60) Sulle magistrature dei centri sannitici nel periodo della romanizzazione cfr. U. Laffì, 'I senati locali nell'Italia repubblicana', in Les "Bourgeoisies" municipales Italiennes aux Ile et Ier siècles av. ].-C., Paris-Naples 1983, pp. 66 ss.; E. Campanile, 'L'assimilazione culturale del mondo italico' in G. Clemente, F. Coarelli, E. Gabba (a cura di) Storia di Roma, II, Torino 1990, pp. 308 ss.; M. Cébeillac-Gervasoni, Les magistrats des cités itafiennes de fa seconde guerre punique à Auguste. Le Latium et fa Campanie, BEFAR 299, Rome 1998, pp. 24 e 124. |
Una notazione di ordine topografico va ancora fatta in relazione all'epigrafe osca in cui si celebrano le opere architettoniche realizzate da Maio Vestirikio: l'epigrafe è stata infatti rinvenuta in condizioni di riutilizzo in strutture di età imperiale in località Santissimo (fig. 8, n. 20). Larea è posta nel settore urbano compreso tra via del Foro Avellano e via Mulini, su cui ci si è soffermati in precedenza; immediatamente a nord-est del luogo di rinvenimento dell'epigrafe, si localizza il cosiddetto 'criptoportico' (fig. 8, n. 21), perfettamente inserito, dal punto di vista dell'orientamento, nella maglia urbana; inoltre, a circa m 120 verso sud-est in linea d'aria, in un'area a contatto con il decumano
maggiore (fig. 8, n. 25) e a metà circa della sua estensione, è stata portata alla luce una struttura interpretata al momento dello scavo come basamento di un edificio monumentale in blocchi di tufo 62).
Questi elementi concorrono a localizzare nella zona indicata un'area a carattere pubblico, fornendo lo scenario idoneo ad ospitare l'edificio monumentale in cui doveva essere inserita originariamente l'epigrafe celebrativa delle opere di Maio Vescirikio 63).
Un'ulteriore tappa dello sviluppo urbano è da individuare nel periodo post-sillano in correlazione probabilmente alla deduzione di una colonia 64); la città era caduta verosimilmente sotto il controllo romano all'indomani della seconda guerra sanniti-ca 65) ed è alla temperie politica legata a tali eventi che la storiografia attuale collega la formazione della tradizione letteraria che, attraverso il riconoscimento di una comune origine greca, tende a creare una saldatura politica tra i centri dell'entroterra e Neapolis 66).
61) Scatozza 1996, in cui si pubblicano d ue tombe a camera rinvenute nella necropoli di S. Paolino.
62) Purtroppo lo scavo, condotto in condizioni di emergenza, fu interrotto senza che fosse possibi le raccogliere elementi sufficienti a definirne la cronologia. 63) Si pensa, ovviamente, alla possibilità che vi fosse localizzato il foro.Sull'origin aria collocazione dell'iscrizione cfr. Anronini 2001 , pp. 59 s., la quale - anche sulla base della raccolta delle fonti antiquarie - avanza l'ipotesi che nell'area fosse originariamenteesposto anche il Cippo Abeliano (secondo una tradizione locale riportata da L Napolitano, Memorie archeologiche e storiche di Aveffa, Castellammare di Stabia 1922, il Cippus sa rebbe stato rin venuto nel rione S. Pietro). 64) Lo statuto di colonia, in assenza di notizie tramandate dalle fonti , è attribuito ad Avella soprattutto in ragione della documentazione epigrafica; secondo E Casso la sarebbe stata fondata da Silla (insieme ad Abellinum, Nola, Pompei, Suessula, Urbana) come strumento per risollevare la città dopo l'incursione subi ta ad opera dei Sanniti di Nola: cfr. Casso la 1991, p. 113. Il Liber coloniarum (L 230, 18-28) ne parla come di un municipium: "Abella, municipium. Coloni vel jàmilia imperatoris Vespasiani iussu eius acceperunt. Postea ager eius in iugeribus militi est adsignatus". Cfr. a proposito G. Chouquer, M. Clavel-Lévèque, F. Favory, J.P. Vallat, Structures agraires en Italie centro-méridionale. Cadastres et paysages ruraux, Roma 1987, p. 219, nota 14; p. 230, nota 402; gli autori riferiscono ad età sillana la divisione agraria messa in luce tra Nola e Avella (ibidem, Nola I-Abella, pp. 209 ss.), basandosi però solo sul confronto con una delle divisioni dell'Ager Campanus (Ager Campanus II). 65) È probabile che Avella seguisse le medesime sorti di Nola, occupata nel 313 a.C. (Diodoro Siculo 19, 101, 3). 66) F. Cassala, 'Problemi di storia neapolitana', in Neapolis, 'Atti del XXV Convegno di Studi sulla Magna Grecia', Taranto (1985) 1986, p. 75; A. Mele, 'La città greca', in Napoli Antica Napoli 1985, pp. 105-106; Cerchiai 1995, p. 182. Parallelamente il rimando ad origini comuni come strumento di propaganda politica era attuato da Taranto nei confronti del mondo sannitico: Tagliamonte 1997, pp. 10, 24 ss. |
In tal senso andrebbe letta la notizia sull'origine calcidese di Abella e di Nola risalente a Pompeo Trago e riportata da Giustino (.XX, 1).
Nel corso delle guerre sociali Avella rimase fedele a Roma e per tale motivo nell'87 a.C. fu incendiata dai Sanniti di Nola (Granius Licinianus, XXXV, 20, 8 Flemisch).
Intervento più significativo della tarda repubblica è l'edificazione dell'anfiteatro (fig. 8 n. 49; fig. 14), in un'area precedentemente già occupata da strutture 67); l'immagine del monumento compare sul lato di una base di età antonina attualmente conservata in P.zza Municipio (fig. 13), in cui coloni et incolae celebrano L. lgnatio Invento per aver celebrato a sue spese i ludi gladiatori ( CIL X, 1, 1211).
La disposizione del monumento, il cui asse maggiore è obliquo rispetto all'orientamento urbano, è stato condizionato molto probabilmente dall' andamento delle mura di cinta, utilizzate, come a Pompei, per sorreggere la cavea; nonostante la diversità dell'orientamento, il monumento, che misura m 110 lungo l'asse maggiore e m 80 lungo quello minore, si inscrive comunque in modo organico nella maglia urbana, occupando, all'interno delle fortificazioni, l'area definita dall'incrocio tra il decumano inferiore (fig. 8, C) e il cardo ipotizzato sull'allineamento della strada attuale di accesso dell'anfiteatro (fig. 8, e).
Per la costruzione dell'anfiteatro si è sfruttato, accentuandolo artificialmente, il naturale dislivello esistente in senso nord-sud, tanto che soltanto nel settore sud-occidentale è stato necessario procedere alla realizzazione di sostruzioni destinate a reggere la media e summa cavea.
Come già rilevato da W Johannowsky, rilevante è l'analogia tra l'anfiteatro avellano, realizzato in opera reticolata, e quello lievemente più antico di Pompei 68), sia dal punto di vista dell'ubicazione (angolo sud-orientale della città), sia dal punto di vista costruttivo (rapporto con la cinta di fortificazione).
Analogie stringenti sono ancora istituibili con l'anfiteatro di Nola, come quello di Avella in opera reticolata; anche in questo caso il monumento, costruito dopo la deduzione della colonia in età sillana, si appoggia alle fortificazioni, ma è localizzato nell'angolo nord-occidentale della città 69).
L'anfiteatro rappresenta oggi l'unico monumento pubblico portato alla luce, mentre ancora da chiarire è l'ubicazione di altri edifici come il teatro (CIL X 1217), la basilica (CIL X 1208) e la piscina (CIL X 1210), noti esclusivamente attraverso le testimonianze epigrafiche.
Per quanto concerne invece l'edilizia domestica, se le indagini non hanno finora permesso di ricostruire la planimetria delle strutture abitative scavate solo per piccoli segmenti, è da evidenziare il notevole livello qualitativo testimoniato dalla documentazione sia per il periodo tardo-repubblicano, sia per la prima età imperiale 70). In via Cancelli (fig. 8, n. 36), ad esempio, nel 1966 furono portati alla luce due ambienti pertinenti a strutture abitative con pavimento in opus signinum (fig. 15) recante una complessa decorazione a tessere bianche con rete di losanghe e motivi angolari fitoformi e zoomorfi.
68) Sulla particolare valenza dell'anfiteatro pompeiano come monumento celebrativo della conciliazione dei duo genera civium cfr. F. Zevi, 'Pompei dalla città sannitica alla colonia sillana: per un'interpretazione dei dati archeologici', in Les Élites municipales de l'Italie péninsulaire des Gracques à Néron, 'Actes de la table ronde de Clermont-Ferrand (1991), Naples-Rome 1996, pp. 131 s.
69) V Sampaolo, 'Nola. Loc. Masseria d'Angerio. Anfiteatro', in Bollettino di Archeologia 11-12, 1991, pp. 165-166; S. De Caro, in 'Atti XXXVIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia', Taranto (1998) 1999, pp. 657 ss.
70) La maggior parte delle emergenze archeologiche rinvenute all'interno del perimetro urbano si riferiscono a tale periodo: resti di strutture abitative con pavimentazione in opus signinum sono emersi in vico Vinella (fìg. 8, n. 1), lungo via Turati (fìg. 8, n. 11, 12), nei pressi di Via F. Vittoria (fìg. 8, n. 30), in via Cancelli (fìg. 8, n. 36), a sud di Via Lucio Silla (fìg. 8, n. 38); nei pressi dell'incrocio tra via Mulini e Via Anfiteatro (fìg. 8, n. 26).
Numerosi anche i resti di mosaici pavimentali (fig.16) 71): da un edificio situato in prossimità del decumano maggiore (fig. 8, n. 29) nel 1921 fu recuperato un mosaico con emblema centrale raffigurante, secondo l'esegesi del Mingazzini, l'uccisione di Laio da parte di Edipo 72), ora conservato presso il Museo Nazionale di Napoli (fig. 17).
Al livello qualitativo dell'edilizia domestica fa riscontro la coeva documentazione funeraria, su cui si concentrerà un'ultima serie di riflessioni.
A partire dall'età ellenistica le necropoli urbane assumono uno sviluppo che sembra catalizzarsi lungo gli assi viari che, partendo dalle due estremità del decumano massimo, si inoltravano nel territorio. Nella necropoli di loc. San Nazzaro sono state individuate due strade che probabilmente originavano dalla porta occidentale della città.
La prima, di cui sono stati messi in luce diversi tratti (fig. 2, A, D, E, F), è rintracciabile per circa m 700 fino all'Area archeologica dei Monumenti Funerari di loc. Casale (fig. 2, A) 73). Sui due lati della strada si dispongono, nell'età tardo-ellenistica, una serie di tombe a camera ipogee (fig. 2, D, E; fig. 18) e, successivamente, monumenti funerari (fig. 2, B, C, F, G), la cui più alta esemplificazione è rappresentata dai mausolei inseriti nell'area archeologica di loc. Casale (fig. 2, A; fig. 19). Costruiti in opera incerta o reticolata con inserti architettonici (ammorsature angolari, lesene) in laterizio, in questo settore funerario i monumenti sono delimitati da recinti; la cella è ricavata all'interno di un basamento a corpo quadrangolare, sormontato da un coronamento circolare o poligonale 74).
Dal punto di vista architettonico e decorativo i mausolei - di cui finora sono stati individuati nelle necropoli di Avella venti esempi - trovano numerosi punti di confronto con analoghi monumenti campani. Probabilmente sempre dall'estremità occidentale del decumano maggiore partiva un secondo asse viaria 75), di cui è stato individuato e scavato un tratto nell'area della Scuola Materna D'Anna (fig. 2, L), e sul suo prolungamento verso sud-ovest sono noti due mausolei (fig. 2, M, N) 76) del tipo descritto in precedenza.
71) Ne sono noti alcuni esempi nella zona compresa tra via S. Croce e via Turati (fig. 8, nn. 9, 10).
72) Cfr. n. 29 dell'appendice. Alla medesima abitazione (Laforgia 1990, p. 105) sono forse riferibili i resti di mosaico messi in luce poco distante verso sud (fig. 8, n. 30).
73) Nei recenti scavi condotti in un'area di prop. comunale (fìg. 2, D) la strada, in terra battuta, aveva una larghezza di m 9-1 O; sui due lati sono state rinvenute rombe a camera con copertura a botte e monumenti funerari databili tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. (fìg. 18).
74) Laforgia, 1994, p. 570.
75) La strada è stata scavata nel 1978; è in terra battuta e sulla superficie sono visibile tracce del passaggio di carri; presenta una prima fase, precedente al IV sec. a.C., momento in cui il letto stradale è tagliato dalla T. 344/ l 978 e una fase successiva; l'area sepolcrale è occupata da ustrina databili nel I sec. d.C. ed è utilizzata anche nel periodo tardo-romano: cfr. L. Melillo, 'Avella', in Gli Eubei in Occidente, 'Atti del XVIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto (1978) 1979, pp. 308-309.
76) Il primo (fig. 2, M) è attualmente inglobato nella cantina di una casa colonica; il secondo (fig. 2, N) è ancora visibile in località Starza.
Nella parte opposta dell'insediamento, nella necropoli di S. Paolino, è stata portata alla luce per un breve tratto una stradina che correva in senso nord-sud, lungo il cui margine orientale si allineavano quattro tombe a camera con volta a botte di età ellenistica e quattro monumenti funerari, tre dei quali, realizzati in opera incerta o reticolata con ammorsature di laterizi 77), sono riconducibili per tipologia architettonica ai mausolei di loc. Casale (fig. 2, O).
Un altro settore monumentale di necropoli (fig. 2, P) si collocava a sud dell'insediamento, lungo una strada in terra battuta orientata in senso est-ovest (parallela all'attuale via Virgilio), che doveva raggiungere la città probabilmente ricollegandosi al cardo di via S. Nicola (fig. 8, c); sulla strada si affacciavano due mausolei del tipo descritto in precedenza, di cui restava soltanto il basamento.
In attesa che studi puntuali chiariscano, sia per quanto concerne le necropoli, sia per quanto riguarda l'abitato, le diverse fasi di occupazione e di sviluppo diacronico, è da segnalare che ad una prima riesamina complessiva dell'evidenza proveniente dalla città antica sembra delinearsi - a dispetto della documentazione epigrafica - un fenomeno di contrazione della documentazione a partire dalla prima età imperiale 78).
I dati a disposizione però, ancora troppo frammentari, non permettono di tradurre questa suggestione in ipotesi sull'assetto della città; è possibile, ad esempio, che anche Abella avesse risentito delle conseguenze degli eventi sismici e vulcanici precedenti e connessi all'eruzione del 79 d.C., i cui effetti negativi sulla vicina Nola sono documentati epigraficamente 79).
Che la città continuasse comunque a vivere fino alla tarda antichità è testimoniato dalla documentazione funeraria, numismatica 80) ed epigrafica 81); tuttavia, l'immagine che si propone per il IV sec. d.C. è quella di un centro in rovina. Un'iscrizione rinvenuta a Cimitile (CIL X. 1199) celebra infatti Barbaro Pompeiano, consolare della Campania (333 d.C.) per aver promosso e finanziato ingenti lavori di ricostruzione, estraendo il materiale da costruzione dalle cave e non dai monumenti diruti 82).
È probabile che l'occupazione della città nel periodo tardo-antico fosse ormai limitata ad alcune zone 83) e che l'insediamento si fosse disgregato in piccoli nuclei: uno di questi si sviluppò in loc. S. Paolino, intorno ad un edificio di culto cristiano a carattere cimiteriale 84) sorto sull'area precedentemente occupata dalla necropoli orientaliz-zante ed arcaica.
l definitivo abbandono dell'insediamento, che si sposterà in epoca altomedievale sulla collina del Castello, è segnalato in diversi settori dell'area urbana (per esempio fig. 8, n. 4) dal deposito di livelli vulcanici riferibili alla cd. eruzione di Pollena 85) .
77) Lo scavo è stato effettuato tra il 1991 e il 1995 (A.S.B.A.). Due delle tombe a camera sono state pubblicate di recente: Scatozza 1996. 78) In diversi punti della città infatti, le strutture abitative di tale periodo risultano coperti da livelli di obliterazione di età tardo-antica. A tale proposito è opportuno segnalare che lungo il decumano, che ha tracce di frequentazione fino al V sec. cl.e:, sono state trovate alcune fornaci di incerta cronologia, una delle quali impostata direttamente sul pavimento in cocciopesto di una struttura abitativa romana (fig. 8, nn. 12 e 24). 79) Sulle opere di ricostruzione del periodo successivo al terremoto del 62 d.C. e all'eruzione del 79 a.C. cfr. da ultimo G. Soricelli, 'La regione vesuviana tra secondo e sesto secolo d.C.', in E. Lo Cascio, A. Storchi Marino (a cura di), Modalità insediative e strutture agrarie nell1talia meridionale in età romana, Napoli 200 l, pp. 45 5 ss. 80) In località S. Nazzaro ad esempio, un settore di necropoli indagato nella sede cieli' attuale via Vittoria (scavi 1987) mostra una continuità di uso fìno al periodo tardo-antico; da quest'area è stato rinvenuto, in connessione ad una sepoltura plurima, un tesoretto di monete di Costantino: cfr. E. Laforgia, in Poseidonia Paestum, 'Atti del XXVII Convegno di Scudi sulla Magna Grecia', Taranto (1987) 1988, pp. 844-845 . 81) Avella compare tra le città beneficiarie degli alimenta elargiti da Traiano: Cassola 1991 , p. 134; per le iscrizioni di Avella cfr. anche Mika Kajava, 'A new city Patroness? ', in Tyche, 5, 1990, pp. 27-36. 82) Cassola 1991 , p. 140. Nel IV sec. d. C. Avella è celebrata per aver concesso a S. Paolino e al centro di Cimitile l'acqua delle sue sorgenti, e per aver fornito la manodopera per la costruzione cieli' acquedotto: G. Remondini, De No lana Ecclesiastica Storia, I, 1947, pp. 273-274. 83) Tracce di frequentazione del IV-V sec. d.C. sono stati rinvenuti sia in prossimità di via S. Croce (fig. 8, n. 8), sia sul decumano maggiore (fìg. 8, n. 42). In altri punti dell'abitato (fìg. 8, nn. 3, 4, 5, 6) la vita sembra interrompersi nel corso della prima età imperiale. Da segnalare che le fonti storiche tramandano delle scorrerie compiute nel territorio di Nola ad opera dei Visigoti di Alarico (410) e dei Vandali di Genserico (455) . 84) Johannowsky 1979, p. 28. 85) Nelle recenti indagini compiute dalla Soprintendenza sulla rocca del Castello di Avella (2000-2001), grazie ad un finanziamento CIPE finalizzato alla creazione di un parco archeologico, la più antica fase di occupazione finora portata alla luce risale alla fine del X-Xl sec. |
LE EMERGENZE ARCHEOLOGICHE 86) (Fig. 8)
86) Alla descrizione delle emergenze segue il rimando alla bibliografia o, in assenza, all'anno di scavo o di rinvenimento, secondo quanto documentato negli archivi della Soprintendenza (A.S.B.A.) .
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1) Vico Vinella. La presenza di strutture tardo-repubblicane è indiziata dal rinvenimento occasionale di resti di pavimento in opus signinum con rete di losanghe (invv. 17063, 17065).
A.S.B.A. ante 1971. 2) Cortile del palazzo municipale. Fondazioni di strutture murarie in blocchi di tufo e platea di battuto e conglomerato riferibili ad un edificio rimasto in vita fino al I d. C. inoltrato, disturbato da interventi medievali (XIII sec.) e moderni. Nella platea sono stati individuati pozzetti e fosse di scarico contenenti materiale edilizio (resti di pavimento in opus signinum) e intonaci (forse di III stile) . Scatozza 1994, pp. 462-464. 3) P.zo Ducale (fìg. 9). Tratto di acquedotto probabilmente di età tardo-repubblicana, orientato in senso nordest/sud-ovest; il condotto, interrato, presenta una larghezza di circa m 1,40-1 ,50 e un'altezza (le misure si riferiscono alla superficie esterna della struttura) di circa m 1,90; sia le spallette che la volta a botte sono realizzate in ciottoli fluviali e malta. A.S.B.A., scavo 2000-2001. 4) P.zo Ducale (fìg. 9). Struttura di età tardo-arcaica orientata in senso nord-est/sud-ovest, di cui si conserva la fondazione di ciottoli e resti di un battuto pavimentale; il muro è obliterato in età ellenistica (III-II sec. a.C.), periodo al quale sono ascrivibili due strutture pertinenti a fasi edilizie distinte: la prima ha una fondazione di blocchi di tufo intervallaci da nuclei di malta e frammenti laterizi; la seconda è costituita da blocchetti di tufo di piccole - medie dimensioni legati con malta. Nel corso dello scavo sono stati recuperati frammenti ceramici residui di età orientalizzante ed arcaica (impasto, bucchero e ceramica d'argilla con decorazione sub-geometrica) . A.S.B.A., scavo 2000-2001. 5) P.zo Ducale (fig. 9). Muro in opera reticolata, la cui fondazione è costituita da blocchi di tufo probabilmente di riutilizzo; la struttura, orientata in senso nord-ovest/sudest, rappresenta il limite orientale di una strada in terra battuta messa in luce per una larghezza massima di m 5 circa di larghezza e utilizzata tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. A.S.B.A., scavo 2000-2001. 6) Resti di una struttura muraria in opera reticolata orientata in senso nord-ovest/ sud-est, parallela al!' attuale via Cardinale D'Avanzo. A.S.B.A., scavo 2001. 7) Strutture abitative databili tra l'età tardo-repubblicana e la prima età imperiale; fossa granaria di età medievale. A.S.B .A., scavo 2002. 8) Resti di strutture abitative databili tra la seconda metà del IV a.C. e il IV-V d.C. (fig. 10). Alla fase più amica è ascrivibile una struttura muraria di cui rimane la fondazione in blocchi di tufo; due ambienti di età tardo repubblicana (III-II a.C.), scavati parzialmente, risultano inglobati all'interno di una domus (I sec. a.C. - I sec. d.C.) di cui sono stati messi in luce un'area scoperta con una vasca circolare, delimitata almeno su due lati da un colonnato (peristilio?) e ambienti con pavimentazione in cocciopesto; l'abbandono definitivo della domus si data nel IV-V sec. d.C. A.S.B.A., scavo 2001. 9) Vico Luciano. Resti di strutture abitative con pavimentazione a mosaico, rinvenuti a circa m 1,50 di profondità dal piano attuale. Il mosaico (m 4,20x4,05), a tessere bianche e nere, prevede una cornice perimetrale di ornati vegetali ( tralci d'edera) racchiusi tra due fasce; l'emblema centrale (m 0,86x0,77) prevede una cornice di cerchi allacciati al cui interno, decentrata, si dispone una rosetta a sei petali inscritta in un cerchio (fig. 16). A.S.B.A., scavo 1965. 10) Resti di un pavimento a mosaico in tessere bianche con fascia perimetrale nera. A.S.B .A. (1994). 11) Al di sotto delle fondazioni di strutture recenti sono stati recuperati materiali databili tra il IV sec. a.C. e l'età tardo-amica e medievale; il rinvenimento di frammenti di pavimento in opus signinum con rete di losanghe segnala la presenza nelle vicinanze di strutture abitative antiche. A.S.B.A., scavo 1986. 12) Strutture con pavimento in opus signinum con rete di losanghe, sul quale si impianta una fornace circolare di cronologia non precisabile. A.S.B.A., scavo 1988. 13) Strutture con pavimentazione in cocciopesto e pozzo. A.S.B.A., scavo 1997. 14) Strutture con pavimentazione in cocciopesto e pozzo. A.S.B.A., scavo 1997. 15) Struttura muraria, conservata a livello di fondazione e canaletta; tra i materiali sono attestati frammenti della pavimentazione in cocciopesto e ceramica databile tra l'età ellenistica e la prima età imperiale. A.S.B.A., scavo 1994. 16) Strutture abitative con pavimentazione in cocciopesto; cortile interno con fontana al centro e resti del sistema idraulico costituito da pozzi comunicanti. A.S.B.A., scavo 1998. 17) Resti di strutture con pavimentazione in cocciopesto. A.S.B.A., scavo 1987. 18) Resti di strutture con pavimento in cocciopesto. A.S.B.A., scavo 1996. 19) Resti mal conservati di strutture con pavimentazione in cocciopesto. A.S.B.A., scavo 1998. 20) Lo scavo ha messo in luce strutture di età preromana e romana (I-III sec. d.C.); dai crolli della fase più recente sono stati rinvenuti due frammenti pertinenti ad un elemento architettonico di calcare locale (parte di epistilio?) riutilizzato come soglia, recante un'iscrizione osca. L'epigrafe, datata tra la seconda metà del II e gli inizi del I sec. a.C., celebra le opere architettoniche realizzate da Maio Vestirikio (fig. 12). Antonini 1996. 21) Nel piano di campagna attuale è riconoscibile la volta a botte di un edificio orientato in senso nord-ovest/sud-est (largh. circa m 4,20), rintracciabile per una lunghezza di circa m 20 (criptoportico?). Johannowsky 1979, p. 28. 22) Tracce di occupazione antica: nello scavo per la fondazione di alcuni pilastri sono stati rinvenuti ceramica d'impasto (tra cui un frammento di olla con bugna plastica lunata), ceramica a vernice nera, sigillata, due vasetti acromi miniaturistici. A.S.B.A., scavo 1996. 23) Resti di pavimentazione in cocciopesto e canaletta. A.S.B.A., scavo 1993. 24) Fornace di età non precisabile. A.S.B.A., scavo 1987. 25) Struttura costituita da un filare di blocchi di tufo con estremità inferiore sagomata, orientata in senso nord-ovest/ sud-est e individuata per circa m 11 di lunghezza (basamento di un edificio monumentale?). Ad est del basamento, che si sviluppava verso ovest, sono state rinvenute strutture murarie e un pozzo di cronologia non precisabile. A.S.B.A., scavo 1998. 26) Resti di strutture indiziate dal rinvenimento di frammenti di pavimentazione in opus signinum. A.S.B.A., scavo 1986. 27) Rinvenimento dei resti di un "edificio termale romano" nel corso dei lavori di edificazione del cinematografo. A.S.B.A. (1933). 28) Rinvenimento di una colonna scanalata di tufo. A.S.B.A. (1995) . 29) P.zo Barba. Mosaico (m 5,30x4) rinvenuto nel 1921 nel giardino del palazzo alla profondità di circa cm. 70 (fig.17). Il pavimento, in tessere bianche, prevedeva lungo i margini esterni una fascia a meandro (largh. cm. 23); al centro l'emblema policromo (m 1,60xl,70) - realizzato con tessere rosse, azzurre, verdi, gialle, bianche e nere - era bordato da una fascia di viticci e motivi fitomorfi tra due fasce nere, che inquadravano una scena figurata: un personaggio su un carro assalito da una seconda figura armata di spada. In basso, un terzo personaggio disteso. La scena rappresenterebbe l'uccisione di Laio da parte di Edipo. P. Mingazzini, in NSc 1931, pp. 310-312. 30) Strutture indiziate dal rinvenimento di resti di pavimento in opus signinum con rete di losanghe e da frammenti di mosaico a tessere bianche. A.S.B.A., scavo 1986. 31) Strutture abitative indiziate dal rinvenimento di una canaletta e di resti di pavimento in cocciopesto. Tra i materiali recuperati è attestata ceramica di IV-III a.C. A.S.B.A., scavo 1988. 32) Via Cancelli. Resti di strutture murarie orientate in senso nord-est/sud-ovest con pavimentazione in cocciopesto (prof. m 0,70). A.S.B.A., scavo 1996. 33) Cisterna in opera mista con paramento in opera reticolata e ricorsi in laterizio. La struttura (m 8,50x6) è conservata fino all'innesto della volta ed è tuttora visibile. A.S.B.A., scavo 1986. 34) Tracce di occupazione antica testimoniata dal rinvenimento, nelle fondazione di edifici moderni e medievali, di materiali di cronologia compresa tra l'età orientalizzante - arcaica (trai quali una protome fittile di ariete) e l'epoca medievale. A.S.B.A., scavo 1987. 35) Resti di strutture con pavimento in cocciopesto. Tra i materiali residui si cita un rocchetto d'impasto con foro passante. A.S.B.A., scavo 1987. 36) Via Cancelli. Nel 1966 furono rinvenuti due ambienti di età tardo-repubblicana con pavimento in opus signinum (fig. 15): nel primo il tappeto prevedeva nella parte centrale un medaglione campito da una rete di losanghe disposte radialmente, delimitato da una fascia di meandro continuo; ai quattro angoli palmette e delfini; la fascia esterna è decorata da ornati a crocette; nel secondo ambiente cerchio campito a rete di losanghe e, ai quattro angoli di risulta, palmette e ornati vegetali; su uno dei lati della fascia esterna motivo a squame e, sugli angoli esterni, delfini. A.S.B.A., scavo 1966; Laforgia 1990, p. 105. 37) Via L. Silla. Resti di strada di cronologia non precisabile, con tracce del passaggio di ruote di carro. A.S.B.A., scavo 1996. 38) Scarico di materiale edilizio proveniente dalla distruzione di strutture abitative di età ellenistico-romana (resti di pavimento in opus signinum, frammenti di intonaci a fondo rosso, nero, bianco e di cornice con decorazione a foglie); a sud sono stati messi in luce, in due saggi diversi, due tratti di struttura muraria in opus incertum, dello spessore di circa m 1,00 alla base (il muro risultava rastremato verso l'alto), orientata in senso nord-est/sud-ovest; muro presentava una faccia a vista verso nord dove è stato rinvenuto un piano di calpestio (messo in luce per un' ampiezza di circa m 2), in fase con la struttura. È probabile che si tratti di un tratto della cinta muraria. Lo scavo ha permesso di individuare inoltre, sia a nord che a sud della struttura, consistenti tracce di frequentazione antica per un arco cronologico compreso tra l'età orientalizzante e l'età ellenistica. Tra le più antiche attestazioni si ricorda: ceramica d'impasto - tra cui un coperchio con ansa eretta ad anello e frammenti di olle con bugne plastiche, ceramica d'argilla grezza di età arcaica (frammenti di bacini con orlo a mandorla); ceramica a vernice nera etrusco-arcaica (scodelle con labbro ingrossato), ceramica a fasce e a vernice nera di tipo attico. A.S.B.A., scavo 1996. 39) Resti di strutture di età romana emerse alla profondità di m 1,50-2,00. A.S.B.A., scavo 1996. 40) Tratto di asse viario orientato in senso nord-est/ sud-ovest (II sec. a.C.- prima età imperiale); il piano stradale messo in luce per circa m 3,50 di larghezza e m 10 di lunghezza, era delimitato a nord da una cunetta rivestita di ciottoli e da un marciapiede (m 1 di larghezza); le strutture che bordavano il lato sud della strada risultavano asportate in età tardo-antica. A nord della strada e connessa alla fase tardo-repubblicana è una struttura con fondazione in blocchi di tufo uniti con malta e alzato in opera reticolata, che delimitava un ambiente di servizio con un pozzo e due canalette rivestite da mattoni, di cui uno recante un bollo osco. Sulla base di quanto riportato nell'edizione preliminare dello scavo sembra che in questo settore urbano sia attestata una fase di distruzione precedente alla metà del I sec. a.C., segnalata dal rinvenimento di una grande fossa di scarico contenente materiali edilizi; la fossa, scavata all'interno del letto stradale, risultava essere stata poi ricoperta da un nuovo battuto destinato a ripristinato la funzionalità dell'asse viario. La strada presentava tracce di uso ancora in epoca tardo-antica. Scatozza 1994, pp. 461- 462. 41) Via S. Paolino. Al di sotto dei livelli stradali recenti, alla profondità di circa m 1,30, è stato messo in luce un piano di grosse pietre calcaree allettate nello strato alluvionale, interpretato al momento dello scavo come possibile strada antica. A.S.B .A., scavo 1995. 42) Via Anfiteatro. Tratto della strada antica lastricata con pietre calcaree, orientata in senso nord-est/sud-ovest (lievemente inclinata rispetto all'attuale) e rinvenuta a circa m 2,00 di profondità dal piano attuale. Databile nella prima metà del I a.C., è rimasta in uso fino al V d.C.; a nord e a sud la strada era delimitata da un muretto in opera reticolata e blocchi di tufo. Al di sotto del lastricato è stato individuato un piano precedente, in terra battuta, di ampiezza maggiore. Laforgia 1990, pp. 104-105. 43) Resti di un ambiente (I a.C. - I sec. d.C.) con pareti rivestite da intonaco bianco con partizioni verticali rese con linee azzurre. A.S.B.A., scavo 2000. 44) Blocchi di tufo relativi alla cinta preromana e aggere pertinente alla cinta muraria in opera incerta. A.S.B.A. scavo 1978-1980. 45) Resti di abitazioni preromane in opera incerta. A.S.B.A. scavo 1978-1980. 46) Struttura muraria in opera reticolata (lungh. max m 35) orientata in senso nord-est/sud-ovest. A.S.B.A. scavo 1978-1980. 47) Resti della cinta muraria in opera incerta; all'esterno è stato rinvenuto un tratto dell'aggere e la traccia dell'imposta di blocchi di tufo pertinenti alla cinta preromana. A.S.B.A. scavo 1978-1980. 48) Tratto della cinta in opera incerta con aggere e tracce dell'imposta della cortina preromana in blocchi di tufo e, all' esterno, parte del fossato. A.S.B.A. scavo 1978-1980. 49) Anfiteatro (fig. 14). Il monumento, la cui costruzione comportò l'obliterazione di strutture abitative preromane, è realizzato in opera reticolata (asse maggiore m 110; asse minore m 80). La cavea a nord è costruita su un piano inclinato creato artificialmente nel terreno; sul lato est/sudest si appoggia alle mura di cinta della città, probabilmente sfruttando l'aggere interno alle fortificazioni, mentre, a sud-ovest è retta da sostruzioni. L'arena (m 63x34,5) non prevede ambienti sotterranei ed è raggiungibile attraverso tre vomitoria, di cui due posti alle estremità dell'asse maggiore, il terzo a metà del settore settentrionale della cavea. Della gradinata si conservano pochi blocchi sul lato sud-orientale. Alcune strutture rinvenute ad ovest dell'anfiteatro sono state interpretate come probabili resti della palestra. A.S.B.A. scavo 1978-1980; Johannowsky 1979, pp. 24-28; Laforgia 1994, p. 570. 50) Tratto di cinta muraria in opera incerta e aggere esterno. A.S.B.A. scavo 1978-1980. 51) Tratto di un fossato orientato in senso nord-est/sudovest, al cui interno è stato individuato un crollo di grossi blocchi di tufo squadrati pertinenti alla cinta muraria preromana. I materiali rinvenuti coprono un arco cronologico compreso tra l'età arcaica (ceramica d'impasto, bucchero, argilla grezza, ceramica a vernice nera etrusco-arcaica) e il periodo tardo-repubblicano. Rimane incerta la cronologia della struttura in blocchi di tufo; da rilevare tuttavia che i materiali più antichi sono distribuiti in modo omogeneo all'interno dell'intera area esplorata (m 20x20), anche a sud del fossato. A.S.B.A. scavo 1996. 52) Tratto di strada extra muraria con orientamento nordest/sud-ovest, con pavimentazione in ciottoli, al di sotto del quale è stato individuato un battuto con materiale di II-I sec. a.C.; la strada è sostruita a sud da un muretto di tufo e calcare. Scatozza 1994, p. 461. 53) Tratto di strada extra muraria, con orientamento nord-est/sud-ovest, che rappresenta la prosecuzione verso est dell'asse viario descritto al n. 52. Scatozza1994, p. 461. |
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